Rimase
affascinato dalla selvaggia bellezza e dal silenzio che circondava quelle mura.
Ma fu l'incontro sulle rive del fiume con un misterioso monaco che segn il suo
destino. Il rumore delle acque che correvano inesauste e le pietre di quel
cenobio davanti ai suoi occhi catturarono Gioacchino, gi preso dalle parole
del vecchio monaco che gli commentava ieratico la parabola dei talenti:
chi possiede
il privilegio di custodire i doni di Dio non deve celarli dentro s come tesori
suoi, ma essi saranno tesori veri solo se daranno frutti . O, come cantarono i
Nomadi: " I fiori che hai dentro non farli morire ma lascia che s'aprano
ai raggi del sole.. . La parabola colp al cuore il viandante: Gioacchino cap
che era donare il segreto che lo Spirito aveva seminato in lui sugli eremi
d'Oriente, non chiudere in s, come privilegio sterile, la sua ricchezza. E
talento si rivel anche creativit, e una creativit che non abbia come fine il
prossimo non ha senso, creativit anche arte, e Gioacchino fu poeta per come
scrisse, per come visse! Nacque dunque qui, nella valle di Corazzo, la
scintilla da cui scaturir come un fuoco l'immenso spirito gioachimita che
pervase di s i secoli e turb le coscienze. Da questi luoghi part la
predicazione che in poco tempo rec il profetico nome di Gioacchino in tutte le
diocesi di Calabria finch il vescovo di Catanzaro Giovanni lo ordin
sacerdote. Gioacchino fu allora ospitato nel monastero di Sambucina, sito a
nord di Cosenza in territorio di Luzzi, ma le visite a Corazzo furono sempre pi
intense, fino a quando, dopo la morte dell'abate Colombano, nel 1177 ne divenne
abate egli stesso. Gioacchino, nacque a Celico nel 1130 in una famiglia di
agricoltori. In et matura condusse una serie di esperienze eremitiche in terra
santa prima di accedere all'abbazia della Sambucina di Luzzi e da questa a
Corazzo. Egli apparteneva alla generazione successiva a quella del rigorismo
della prima crociata e della fondazione di Citeaux: nacque quando l'ordine
cistercense era all'apogeo, nel tempo che andava dalla fondazione di Clairvaux
(1115), alla morte di San Bernardo di Chiaravalle(1153). La sua opera di
riformatore fu per attuata nel tempo della consapevolezza della decadenza
cistercense, in una concezione dinamica del monachesimo e dell'insegnamento di
San Benedetto che si prestava ad una visione fluida e non pi statica, dove lo
Spirito non rinunciava a misurarsi col mondo. La sua posizione assolutamente
nuova nell'interpretazione vitale del monachesimo ne fa una personalit fuori
dai canoni tradizionali proiettandolo verso concezioni nuove e profetiche del
misticismo. La sua vita monacale fu un equilibrio prodigioso tra il rigorismo
eremitico di ascesi e un impegno pronto a osservare il mondo e a penetrarlo:
non bisogna pi respingere il mondo come male e abbandonarlo, bisogner
respingere il mondo come male per trasformarlo, iniziava l'era teologica della
rivoluzione. Nonostante la sua esistenza fosse attraversata dalle spade
crociate, nonostante i tempi, mai egli incit alla guerra santa: Praedicando
magis quam proeliando! Scrisse nell' Expositio in Apocalypsim. Il suo
monachesimo rurale lo spinse lontano dai movimenti del suo tempo come i Valdesi
e grazie al suo tentativo originale di superamento del monachesimo tradizionale
e al suo personalissimo eremitismo, Gioacchino divenne per i tempi a venire il
riferimento spirituale degli ordini nuovi, dai mendicanti al radicalismo dei
francescani, se non, addirittura, una sorta di padre spirituale per l'antico e
sempre vivo elemento protestatario del monachesimo.
All'importanza
religiosa che acquist Corazzo con l'elezione di Gioacchino ad abate si somm
un'espansione economica rilevante che raggiunse il massimo splendore pochi anni
prima della morte dell'abate. L'amore per Corazzo fu elemento costante
dell'animo di Gioacchino, tanto che gi nel 1178 si rec a Palermo dal re
Guglielmo II d'Altavilla per difendere i diritti territoriali del suo monastero
e per chiedere l'annessione dell'abbazia all'ordine cistercense. Guglielmo sanc
varie prerogative feudali per Corazzo che aumentarono il prestigio
dell'abbazia. Due anni dopo l'abate incaric Gualtiero di Modica di definire
con precisione i confini delle terre concesse all'abbazia dai decreti reali.
Contemporaneamente il real camerario della valle del Crati, Ugo di Belmesio,
stabil il possesso e i confini delle terre di Decollatura e nel 1180 Ruggero
di Leto regal a Gioacchino alcune terre in territorio di Strongoli, mentre
un'altra donazione dell'epoca faceva riferimento a una rendita di cinquanta bisanti
d'oro da prelevarsi a favore dell'abbazia di Corazzo presso le saline del fiume
Neto.
Tutti questi
favori per procurarono a Corazzo liti continue e spesso furono i regnanti in
persona a dovere sciogliere con interventi ex cathedra le diatribe che nascevano
non solo con altri monasteri ma spesso anche con baroni e feudatari.
E Gioacchino
soffriva di dover affrontare i problemi amministrativi dell'abbazia, preso
com'era dalla vocazione a esplicare con scritti le sacre scritture, a divulgare
i misteri divini, unico modo per essere utile a s e al mondo, fedele
all'antica parabola dei talenti. E la sua frenesia lo portava spesso a
viaggiare, a cercare, a confrontarsi. Nel 1183 era nell'abbazia di Casamari,
dove, come scrisse nell' Expositio in Apocalipsym :
...Nel pieno
del silenzio della notte...mi accadde di cogliere con gli occhi della mente
qualcosa di una cos grande chiarezza d'intelligenza.. .a proposito.. .di tutta
la concordia dell'Antico e del Nuovo Testamento... !-
E nel
'Psalterium" cosi descrisse la visione del giorno della Pentecoste: Vi fu
in me una sorta d'esitazione riguardo alla fede nella Trinit, quasi clic fosse
difficile da capire per l'intelletto.. Pregai con fervore lo Spirito
Santo...subito mi si present alla mente l'immagine di un Salterio con dieci
corde e in questa immagine mi apparve cos evidente e chiaro il simbolo della
sacra trinit che immediatamente fui indotto a esclamare: Quale Dio e' cosi
grande come il nostro Dio?
In quel
tempo a Veroli Gioacchino incontr colui che diverr il suo biografo: Luca
Campano da Casamari che subito divenne suo amanuense: gi quando a monte
Corneto, vicino al monastero di Casamari, Gioacchino inizi a dettare le prime
parole del libro dell'Apocalisse: quindi lo segui fino a Corazzo assieme ad
altri due monaci: fra Giovanni e fra Nicola che diverranno anch'essi amanuensi
dell'abate e in un secondo tempo addirittura, essi stessi, uno abate e uno
priore di Corazzo. Questo scrisse Luca Campano di lui:
Mi
meravigliai che un uomo di tanta fama, cos efficace nel parlare, indossasse
vesti tanto logore e spregevoli e in parte consumate dalle cinture.. Gli
servivo anche la Messa, ammirando tutte le sue abitudini. Infatti quando
celebrava alzava pi degli altri sacerdoti la mano per benedire l'ostia e faceva
gli altri segni e le cerimonie con pi dignit. Pur avendo il volto quasi
sempre pallido come una foglia morta, al momento della Messa lo mostrava
veramente angelico: una volta lo vidi piangere durante la lettura della
Passione di Nostro Signore. Trascorreva tutta la notte pregando e scrivendo e
tuttavia si affrettava al Mattutino insieme alla comunit cantando con umilt e
vegliando... L'ho visto talvolta in ginocchio con le mani a terra e gli occhi
rivolti al cielo in colloquio ardente col Cristo come se lo mirasse faccia a
faccia. Aveva imparato da Cristo la mitezza e l'umilt: a Corazzo spazzava
personalmente tutta l~infermeria, il soffitto prima, poi le pareti e il
pavimento e infine i ripostigli pi nascosti. Ci fatto si preoccupava di
preparare i cibi. Nella maniera pi opportuna e sollecita provvedeva alle
necessit dei malati, quasi avesse una particolare predilezione per gli infermi
e i deboli. Dal profondo del cuore compativa i suoi domestici: un giorno scese
da cavallo e costrinse il suo servo a salire mentre egli Io seguiva a piedi. Fu
sempre e ovunque generosissimo. . Nei lavori pesanti dimostrava una forza
incredibile e non si curava del freddo del caldo della fame o della sete...
Nell'abbazia
di Corazzo Gioacchino prosegu la stesura contemporanea delle tre opere
maggiori dettando giorno e notte coadiuvato dai tre alacri amanuensi. Gli anni
di Corazzo( come afferm tra l'altro padre Francesco Russo nel 1979 in
occasione del primo congresso gioachimita tenuto a San Giovanni in Fiore) furono
gli anni pi intensi per Gioacchino e per la sua speculazione filosofica e
spirituale, gli anni che videro nascere un'organizzazione di pensiero mistico
non scevro da riflessi sociali irripetibile per rigore e profetismo.
La Concordia
Novi ac Veteris testamenti, L'Expositio in Apocalipsym," e lo Psalterium
decem chordarum permisero a Gioacchino nel Maggio del 1184 di ricevere da papa
Lucio III l'incoraggiamento a procedere, cio quasi un autorizzazione
ufficiale, visto che una disposizione dell'ordine cistercense proibiva di
scrivere senza specifica licenza. Nel 1185 il Pontefice Lucio III mori e il suo
successore Urbano III riconferm all'abate coracense l'incitamento a proseguire
nei suoi scritti. Cos lasci scritto lo stesso Gioacchino, una volta completata
la stesura dei tre libri:
... E cosi
grazie all'ispirazione divina e alla mia intelligenza ho portato a compimento
il libro della Concordia (del vecchio e del nuovo testamento) in cinque volumi,
l'esposizione dell'apocalisse in otto parti e con vari titoli, il Salterio
delle dieci corde in tre volumi... Poich per brevit di tempo non ho potuto
finora presentare alla Sede Apostolica gli opuscoli per essere da essa
corretti, nel caso quegli scritti, ci che non nego anche se non ne sono
consapevole, contengano errori da correggere.. poich incerto per l'uomo il
numero dei suoi giorni... se mi accadr di partire da questo mondo prima di
presentare i miei lavori al Santo Magistero, secondo l'impegno da me preso
nell'atto di ricevere il mandato di scrivere, prego in nome di Dio Onnipotente
i miei successori che, conservati gli esemplari nella biblioteca, mandino
all'esame della sede Apostolica qualche copia...
Dopo avere
ottenuto l'affiliazione di Corazzo all'abbazia cistercense di Fossanova,
Gioacchino decise di allontanarsene.
Il legame
dell'abate con Corazzo era antico e profondo, ma gli uomini come Gioacchino non
si fermano! Nella primavera del 1189 si rifugi con Raniero di Ponza in Sila,
in un angolo sperduto tra i fiumi Neto e Arvo chiamato "Jure vetere"(antico
fiore). Raniero era un monaco cistercense di Fossanova estremamente vocato
all'eremitaggio che fu molto vicino all'abate in questo frangente cos delicato
della sua esistenza.
Una delle
ragioni di tale abbandono appare espressa in una sezione del gi citato
trattato sulla vita di San Benedetto, composta proprio negli ultimi giorni
della sua permanenza tra le mura di Corazzo. Qui vennero espresse le amarezze
per la eccessiva crescita del patrimonio e delle rendite dell'abbazia
considerati dall'abate contrari alla purezza monastica e soprattutto
l'eccessiva vicinanza degli insediamenti monastici con comunit di laici con
tutto quello che ci avrebbe comportato. L'abbandono di Corazzo non comport
una traumatica rottura con l'ordine cistercense, ma gi nel 1192 il capitolo
generale emise una sentenza che intimava a Gioacchino e Raniero di presentarsi
entro la festa di Giovanni battista dell'anno successivo, pena: essere
considerati fuggitivi! L'ostilit di alcuni settori dell'ordine cistercense
apparve per immediatamente chiara dalle polemiche condotte contro la sua
figura da Goffredo di Auxerre, gi segretario di Bernardo di Chiaravalle e
abate di Fossanova e poi abate di Hautecombe (madre di Fossanova!) preoccupato
pi delle idee politiche che della scelta eremitica di Gioacchino.
I lavori per
l'edificazione dell'archicenobio di Fiore iniziarono con il beneplacito del
vescovo di Cosenza Bonomo.
Intanto gi
nel 1191 Fiore aveva ottenuto una donazione da Tancredi. Nel 1194 anche
EnricoVI elarg Al monastero di San Giovanni in Fiore delle regalie.
In detto
cenobio Gioacchino matur e stese la regola florense, che sottopose al papa
Celestino III, il quale, nonostante il capitolo generale cistercense avesse
condannato Gioacchino come fuggitivo, l'approv il 24 Agosto 1196 dando il via
all'istituzione dell' Ordine Florense la cui "regola" a tutt' oggi
irreperibile.
Ma si pu
comunque affermare che l'impianto teologico di fondo rimanesse la Charta
Charitatis dei Cistercensi, nata nello spirito benedettino, di cui i
cistercensi erano figli. Si prevedeva un potenziamento della liturgia, una
sobriet e austerit nelle architetture, ma, soprattutto, il lavoro manuale.
L'opera complessiva di Gioacchino appare come l'immenso disegno di comprendere
la Trinit quale misura di tutte le cose, non solo nella teologia: anche nella
storia. Il concetto di Dio uno e trino scendeva nei processi umani come il
Cristo s'era fatto carne per avvicinarsi agli uomini. Cos la trinit di Dio si
manifestava come razionalit provvidenziale e ad ogni persona corrispondeva
un'epoca: al Padre il tempo dell'antico Testamento, al Figlio l'epoca sua del
nuovo Testamento, allo Spirito Santo l'epoca dello spirito, un'epoca futura in
cui finir la chiesa legata al potere temporale cos che i pontefici, liberi
finalmente da preoccupazioni mondane o di dominio politico-economico, potranno
ridare alla chiesa la vera autorit di potere morale e di autentica guida
spirituale e gli uomini si eleveranno a Dio abbandonando l'interesse alle
ricchezze materiali in nome della fraternit. Il pensiero di Gioacchino, quale
si rispecchia nei suoi scritti, cio portato in definitiva a rileggere e
riscrivere la bibbia, si rivela di straordinarie capacit esegetiche. Egli
stesso rivel che Dio non gli aveva concesso nessuna profezia o predizione per
chiarirgli il significato delle scritture, ma gli aveva donato quello che
l'abate chiam lo Spirito d'intelligenza. E quando se n'and sui colli
inaccessibili della Sila non pot che chiamare "San Giovanni" quei luoghi
diventati suoi, come colui che fu l'esempio della vita contemplativa, come
l'evangelista scrittore apocalittico e affiancargli il Fiore, simbolo della
nuova et. La sua dottrina della storia divenne lo specchio della dottrina
trinitaria poich egli parl di dogmi solo in presenza di simboli insiti e
visibili nella spiritualit umana:
Gioacchino
seppe guardare la storia dall'alto, come un falco, ne vide il cammino
inarrestabile e la infuse di Trinit.
Il IV
Concilio Lateranense nel 1215 condann la sua dottrina, ma la sua concezione
storica, seppur con le inevitabili mediazioni culturali, influenz la filosofia
storica del XIX secolo da Hegel a Schelling, da Comte a Marx. E James Joyce
nell' Ulysse cos scriveva:...Per chi leggevi le sbiadite profezie dell'abate
Gioacchino? Per la marmaglia delle chiese? egli, odiatore dei suoi simili,
fuggi lontano, nella Silua la criniera schiumante alla luna, gli occhi alle
stelle...
E il poeta
W.B. Yeats :Gioacchino riteneva che i figli dello Spirito Santo lavorassero in
ogni momento con lo sguardo rivolto alla sostanza luminosa sulla quale il tempo
ha ammucchiato i rifiuti della creazione, poich il mondo esiste per essere
raccontato alle generazioni future e il terrore, la gioia, la vita e la morte,
l'amore e l'odio, sono solo strumenti dell'arte celeste che ci strapper
all'esistenza e ci far entrare, un giorno, come colombi nella colombaia.
Ma
Gioacchino non era l'odiatore dei propri simili n cercava la verit Negli
appartati giardini di Bisanzio, la sua verit nasceva dalle rovine, dai
rifiuti, era gioia, dolore, nascita, morte, amore, odio: era nel cammino della
vita! l suo "Spirito" non era una "Colomba" , ma un falco
dagli occhi sottili e penetranti, pronti a cogliere lo scorrere del tempo fino
a vedere la Storia infusa di Trinit.
Per questo
il sommo Dante parl di lui nel XII canto del Paradiso come di colui che seppe
annunciare il definitivo rinnovamento morale della chiesa, poich il pilastro
basilare del pensiero gioachimita rappresentato dal decisivo avvento dell'et
dello spirito in cui si instaurer la vera libert in una Democrazia mistica
senza signori e senza chiese. Sar cos compiuta la profezia biblica che
annunciava:
Forgeranno
le loro spade in vomeri e le loro lance in falci!
Ma
L'Alighieri nella stesura della Commedia aveva ben presente l'opera
gioachimita: gli ultimi versi del Paradiso riecheggiano i cerchi trinitari
e diverse altre figure del libro di Gioacchino. Il Veltro, figura di
riformatore ecclesiatico e sociale, presa dall'ideologia gioachimita della
terza et. Inoltre echi gioachimiti appaiono nell'enigma del 515 (DUX) che,
come il biblico Zarobabel, liberer la chiesa dalla schiavit della nuova
Babilonia, nell'immagine dell'aquila, e, nel Paradiso, nella visione della Candida
rosa in cui si riflettono la simmetria e la gerarchia del Salterio Decacorde.
Ma la suggestione gioachimita appare chiara nella struttura intera della
Commedia dantesca, fondata sul numero tre, come le et di Gioacchino!
Nel Marzo
del 1202 Gioacchino mor a Pietrafitta, nel monastero che lui stesso aveva
fondato a San Martino di Canale, assistito dagli abati di Sambucina, Corazzo e
Santo spirito di Palermo.
Il suo corpo
venne poi traslato nel protocenobio di San Giovanni in Fiore nel 1226 e queste
parole furono riportate sulla sua tomba:
Hic Abbas
Floris caelestis gratiae roris.
Il 6
Novembre 1998 un'equipe di paleopatologi ha aperto il reliquiario contenente i
resti di Gioacchino. Nella relazione medico - patologica affermato che le
ossa appaiono di discreto volume con attacchi muscolari vistosi e con ossa
craniche eccezionalmente spesse. La clavicola lunga ben 135 mm., il torace
ampio ma non particolarmente robusto. L'et della morte sembra assai superiore
ai 50 anni: certe patologie e la porosi ossea fanno pensare addirittura a un'et
superiore anche ai 70 anni! La statura, calcolata sugli arti superiori e
inferiori, vicina ai 175 cm. Quindi un uomo longilineo e cartterizzato da una
notevole robustezza. Dal punto di vista strettamente patologico sono segnalati
esiti di gravi periostiti sulla superfice della tibia sinistra e sulle due
fibule. Questo tipo di patologia di norma provocato da infezioni sotto
cutanee per microtraumi ripetuti sulle gambe scoperte per eccessiva
deambulazione, specie su terreni impervi! Importante appare una grave
periostite al ginocchio in prossimit della tibia. L'insorgenza della malattia
stata facilitata dall'abitudine di rimanere a lungo in ginocchio! Da notare
l'assenza di gravi e complessivi fenomeni osteoporotici tipici dell'et
avanzata che denota una forte attivit fisica, specie deambulatoria!
Nel 2002
stato scoperto il primo cenobio di Fiore, in suggestiva concomitanza con
l'ottocentenario della morte di Gioacchino!
Sull'antica
altura di Jure Vetere, a pochissima distanza dall'abitato di San Giovanni in
Fiore, sono emersi dalla terra un muro perimetrale, un abside e alcuni blocchi
di granito silano. Sequenza stratigrafica, manufatti e tecniche edilizie hanno
dimostrato con chiarezza che il sito rappresenta il primitivo insediamento
monastico di Gioacchino e Raniero in Sila! Si giunti a questi esiti dopo anni
di ricerche e studi, soprattutto da parte del centro studi gioachimiti di san
Giovanni in Fiore. Osservazioni aeree, lettura attenta delle biografie e
appassionati studi hanno dato i frutti sperati! Dopo trenta giorni di scavi
sono scaturiti dalla terra due diversi edifici a carattere religioso: uno
spiegato a Oriente con un'ala nord definita da un'abside semicircolare, da una
navata centrale e da un coro quadrangolare. Questo edificio posto all'interno
del coro proprio sopra una preesistente ala absidata che appare realizzata con
rettangoli di granito silano di grandi dimensioni e ben lavorati.
Giacomo
Greco nel 1614 rinvenne un Manoscritto dei miracoli attribuiti allora a
Gioacchino , lo fece trascrivere per intero e lo fece custodire nell'archivio
dell'abbazia di San Giovanni in Fiore assieme ad uno degli esemplari della sua
Chronologia.
Due di tali
miracoli furono compiuti a Corazzo. Questo il primo:
Viveva una
donna a Diano, quartiere di Scigliano, nel cui territorio si trovava l'antica
abbazia di Corazzo. Questa donna era affetta da una terribile malattia e
soffriva senza requie. Avendo saputo che l'abate di quel monastero era
Gioacchino, che aveva fama di uomo santo, lo supplic di recarsi da lei e di
guarirla, poich ella per la malattia non riusciva a camminare. Gioacchino
rispose che avrebbe dovuto essere lei a recarsi a Corazzo se davvero aveva fede
in Cristo! La donna allora si mise sulla strada e tra mille sofferenze riusc a
raggiungere l'abbazia di Corazzo e si ferm prona davanti alla sacra porta.
Gioacchino, che l'attendeva, prese alcune reliquie delle molte che si
conservavano nell'abbazia e dell'acqua con cui le lav e ne fece bere alla
donna. E' la tua fede che ti ha guarito! Disse Gioacchino mentre la donna si
alzava senza dolore e se ne torn correndo a Diano e una croce apparve e spar
su un colle vicino.