Medioriente...

Le tregue, senza la pace, durano poco. Uscire dalla logica della guerra. Una nota sulla marcia di Assisi di Paolo Cacciari

lunedì 28 agosto 2006.
 
[...] io credo, che se vogliamo davvero decolonizzare la mente dalla logica della guerra - come suggerisce il Tavolo della pace con la manifestazione di oggi - serve urgentemente che i movimenti pacifisti lancino la sfida della superiore efficacia del peace-keeping (nell’”Agenda per la pace” del ’92 dell’Onu le funzioni di “garanti di pace” non erano poste in capo ai militari) rispetto alla peace- enforcement. E’ davvero così naif continuare a credere che la guerra la si vince con la pace?[...]

Uscire dalla logica della guerra

di Paolo Cacciari ((il manifesto 26 08 06))

Antonino Drago dell’Istituto per la pace dell’Università di Pisa mi dice di aver calcolato che con i denari che serviranno all’Italia per partecipare alla missione Onu in Libano si potrebbe inviare una forza non armata di 100 mila volontari. Enrico Peyretti del centro Sereno Regis di Torino esorta il Parlamento a costituire i Corpi civili di pace da impegnare in azioni di interposizione -mediazione costruttiva dei conflitti. La rivista Satyagraha ha pubblicato una illuminante storia della difesa popolare non violenta. Insomma, io credo, che se vogliamo davvero decolonizzare la mente dalla logica della guerra - come suggerisce il Tavolo della pace con la manifestazione di oggi - serve urgentemente che i movimenti pacifisti lancino la sfida della superiore efficacia del peace-keeping (nell’”Agenda per la pace” del ’92 dell’Onu le funzioni di “garanti di pace” non erano poste in capo ai militari) rispetto alla peace- enforcement. E’ davvero così naif continuare a credere che la guerra la si vince con la pace?

E’ davvero così insensato credere che i molti Angelo Frammartino e le innumerevoli “missioni” dei cooperanti delle varie Ong (Ics, Cric, Un ponte per.., Medici senza frontiere, Caritas e molte altre che non hanno smesso di presidiare i check-point, portare assistenza nei campi profughi, aiutare le popolazioni nei territori occupati) siano in grado di esercitare una grande capacità di dissuasione nei riguardi del ricorso alla violenza e una potenzialità di riconciliazione dei conflitti armati?

I 34 giorni di bombardamenti del Libano ci hanno schiacciati dentro una logica di guerra, più attenti all’aritmetica dei colpi dati/inflitti dai contendenti, alla composizione della coalizione militare internazionale, a chi la comanderà, a quali frontiere occuperà e con quali “regole di ingaggio” potrà sparare e a chi... e abbiamo invece perso di vista che il “cessate il fuoco” è solo una condizione necessaria, ma niente affatto sufficiente a riaprire quei dialoghi, quei negoziati, quelle mediazioni che sole possono provare a rimuovere le cause profonde, storiche e politiche del conflitto mediorientale. L’interposizione è utile per porre fine a conflitti armati, ma non può essere indefinita nei tempi, pena il suo fallimento. Le tregue, senza la pace, durano poco. La pace vera, quella che dona sicurezza e tranquillità ai popoli, si fonda sul reciproco rispetto, sul riconoscimento dell’altro, sulla condivisione dei diritti a partire da quello alla vita, sulla tolleranza se non sull’amicizia. Chiedere che questo messaggio venga veicolato da dei soldati, per quanto ben addestrati, neutrali e con in testa il “casco blu” di una Onu finalmente ridesta, sarebbe davvero un tragico autoinganno. Il pericolo cui sottoporremmo i soldati non deriva tanto da quanto armamento diamo loro in dotazione, ma da quanto volonterose, convincenti e rapide sapranno essere le diplomazie dell’Onu e dei governi europei a proporre una pace giusta a israeliani e palestinesi.

Senza una nuova conferenza internazionale di pace sul Medio Oriente, da convocarsi subito, contemporaneamente all’invio della missione militare, ogni tregua sarà semplicemente una parentesi in un “conflitto regionale” iniziato sessant’anni fa e che ha già coinvolto il mondo intero.

Paolo Cacciari


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