Riflessioni sulla guerra

"I tempi stanno cambiando, l’uomo lento di adesso sarà il più veloce domani” - di Francesco Parise

domenica 29 ottobre 2006.
 

Un curioso bambino, un bel giorno, ebbe la brillante idea di chiedere al padre cosa fosse la guerra. Il padre dall’alto della sua preparazione disse al bambino che la storia era stata cosparsa di guerre, ma che sicuramente la più grande e terribile era stata quella del 39-45, in cui, un simpatico signore con degli strani baffi, voleva conquistare l’Europa. Il bambino crebbe con la convinzione che quella era stata la “Guerra Mondiale”, l’ultima di una grande serie di guerre che tormantò l’umanità. Inutile sottolineare quanto falsa fosse questa convinzione. Se si pensa all’adolescenza e alla parola guerra, personalmente, mi viene spontaneo avere in testa la guerra mondiale. Crescendo mi sono accorto che la storia non è mai così univoca e di felice finale. È radicato nella mente delle persone che la guerra sia quel grande evento che colpisce gli eserciti, e che si scontrano in vasti campi di battaglie uccidendosi per perseguire un ideale. Doveva essere così. Ma ho imparato dalla vita che,queste, sono grandi utopie. Ho l’immagine di un grande palazzo con i buchi, evidenti, di un colpo di mortaio: è la Bosnia nel 2004. Ho in mente James Natchwey che fotografa dei ragazzi, con il volto coperto, persi tra le macerie di una qualche struttura, che lanciano bombe molotov contro dei carriarmati. Ho tatuato nella mente l’immagine di una bambina dai lineamenti orientali che corre con alle spalle tanto fumo... Sui libri di storia c’è scritto che il 2 agosto 1945 finì la guerra: sogno o son desto? Comunicazione di massa, globale, totale, particolare ma mai veritiera fino all’osso. È un problema troppo grande da semplificare in poche righe scritte, ma noi realmente non ci rendiamo conto di ciò che ci circonda. A chi è a conoscenza che a metà degli anni ’90 in un paese dell’Africa chiamato Ruanda, centinaia di migliaia di persone furono uccise a colpi di macete da una guerra tribale o a chi è davvero a conoscenza di cosa sia stata Srebrenica e la tragedia jugoslava tutta, va il mio sentito complimento. Davvero crediamo di poter davvero contare qualcosa, se non sappiamo neanche cosa ci circonda? ”Sono mosso da un’unica passione, quella di far luce, in nome dell’umanità che ha tanto sofferto e che ha diritto alla felicità”. Sembra un mondo dipinto, ma dipinto fino alla cornice, in cui ciò che va oltre la limitazione della tela non è dato conoscere. Un mondo in cui troppo è sconosciuto. Un mondo in cui ci si infila nelle ideologie, nei radicalismi, mai nella moderazione e in cui si esprimono giudizi di valore senza conoscere la radice dei problemi (che io valuto fondamentale e fondamentalmente storica). In questo bel dipinto dai chiaro scuri ben evidenti e in cui, ogni tanto, compare qualche evento (quando è troppo grande e solo sfiora i nostri interessi), ci hanno regalato un bel pacco divertimenti: il Libano. Non starò qui ad esprimere il mio dispiacere profondo per l’evento perché sarebbe come valutare un pezzo di un puzzle che, purtroppo, non è mai completo. L’unica valutazione da fare è sui tempi di azione dell’Onu, per la prima volta, puntuali. Il pensiero che invece mi tormenta è: ma che sta succedendo in questo preciso momento in Libano? Ce ne siamo già dimenticati, come al solito. Ce ne siamo dimenticati come con la Bosnia, il Kosovo, l’Afghanistan (l’Iraq no, perché al suono dei continui attentati ce lo ricordano sempre) e tanti altri, ma queste sono parole dette e ridette. Il mio sgomento va agli episodi relativi all’atomica della Corea. Notizia d’emergenza, agite con urgenza, ora anche loro hanno la bomba atomica. E i maggiori produttori di atomiche (vedi Russia, Francia e Usa) non possono permettere tale affronto nei confronti della loro politica di potenza. Sembra la corsa agli armamenti del 1910 o quella che durante la guerra fredda era tanto politicizzata. Ma io, posso ancora parlare di questo schifo? Quale ruolo ricopro io, per sbraitare tali arringhe? Il mio desiderio sarebbe, al contrario, quello di poter parlare di un uomo, che, negli anni ’40 , era fermamente convinto di poter fermare la bomba atomica con la preghiera. Il mio desiderio sarebbe quello di vedere in televisione la felicità di quegli uomini dalla pelle scura, che vivono nel più antico e misterioso dei continenti, che con la preoccupazione di arrivare al giorno seguente, cantano e ballano fino a notte fonda come se il tempo e i problemi non esistessero. Vorrei parlare di un uomo che ha sopportato 27 anni di carcere per liberare un paese da pregiudizi secolari o di un suo simile che, nel più grande e sviluppato dei paesi, combatteva contro gli stessi pregiudizi. Ma sono parole tante irragionevoli? Vorrei cantare come Bob Dylan che negli anni’60, in maniera profetica, cantava “i tempi stanno cambiando, l’uomo lento di adesso sarà il più veloce domani”, stupide utopie alle quali io credo.

Francesco Parise


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