Nella foto sotto, Saddam Hussein durante la lettura della sentenza (SkyTg24)Baghdad, 5 nov. (Adnkronos/Ign) - Saddam Hussein è stato condannato a morte per impiccagione, per crimini contro l’umanità nella strage di 148 sciiti compiuta a Dujail nel 1982 come ritorsione ad un attentato contro lo stesso ex presidente iracheno. Il verdetto (tutte le condanne) arriva a poco meno di tre anni dalla cattura e a quasi un anno dall’inizio del processo.
’’Allah è grande, lunga vita al popolo iracheno’’: con queste parole Saddam Hussein ha accolto la lettura del verdetto (video) dei giudici del Tribunale speciale iracheno. ’’Non accettate la volontà degli occupanti. Siete fantocci, servi del colonialismo - ha tuonato l’ex rais - Allah è grande, non sono io lo sconfitto’’.
Dopo il verdetto Saddam, tramite il suo legale, ha rivolto un appello agli iracheni perché non cedano alla violenza settaria che da mesi sconvolge l’Iraq. L’ex rais, ha detto il capo dei suoi avvocati Khalil al-Duliami, ’’sapeva che sarebbe stato condannato a morte e voleva che facessi arrivare questo messaggio al popolo iracheno e al mondo intero una volta letto il verdetto’’. ’’Il suo messaggio è, perdonate e non vendicatevi con i Paesi invasori e i loro popoli - ha detto il legale, che ha definito il processo ’’una farsa, illegale e politicamente motivato’’ - Il presidente ha anche chiesto ai suoi connazionali di ’unirsi di fronte alla violenza settaria’. Il presidente ha detto, ’Saddam non sarà sconfitto’, il popolo resterà forte e determinato’’.
Oltre all’ex rais sono stati condannati a morte per impiccagione altri due dei sette coimputati nel processo. Si tratta del fratellastro dell’ex rais, Barzan al Tikriti, ex capo dell’intelligence, e di Awad Bandar, ex presidente della Corte rivoluzionaria. Ergastolo, invece, per l’ex vicepresidente iracheno, Taha Yassin Ramadan. . A tre ufficiali del partito Baath sono stati inflitti 15 anni di carcere. Un funzionario del partito Baath Mohammed Azzam al-Ali è stato assolto.
In caso di condanna a morte la legge irachena prevede una procedura d’appello automatica che sarà sottoposta ad una corte composta da nove giudici. Non è fissata alcuna durata limite per il processo di appello mentre in caso di condanna definitiva, la sentenza deve essere eseguita entro 30 giorni dalla sua lettura. Solo dopo, però, la ratifica del capo dello Stato e dei suoi due vicepresidenti. L’esecuzione della pena potrebbe quindi slittare di diverse settimane o anche mesi.
La condanna a morte di Saddam Hussein è ’’una lezione per tutti i criminali e i terroristi’’ ed è la dimostrazione che ’’la giustizia è più forte dei suoi nemici’’, ha commentato il premier Nouri al Maliki. ’’Per me - ha aggiunto il primo ministro, che ieri aveva espresso l’auspicio che Saddam avesse ’’quello che si meritava per i crimini commessi’’ - la sentenza non rappresenta niente, perché la sua esecuzione non vale tutto il sangue che ha versato... ma può portare un po’ di conforto alle famiglie dei martiri’’. ’’Giustiziare Saddam non riporterà indietro i morti o i leader religiosi uccisi come Sadr’’, ha detto ancora Maliki, riferendosi all’ayatollah sciita Mohammed Sadeq al-Sadr, assassinato nel 1999. Tuttavia, ha concluso, ’’ore il dominio di Saddam e del suo partito appartegono definitivamente al passato, come l’era di Hitler e Mussolini’’’’.
Nella foto, il giudice Rauf Rashid Abdul Rahman legge le sentenze (SkyTg24)Intanto è stato di allerta in tutto l’Iraq. In vista della sentenza, il governo iracheno ha potenziato le misure di sicurezza: coprifuoco a Baghdad e in altre tre province, aeroporto chiuso nella capitale dalle 6 di oggi fino a ora da stabilire, licenze annullate per i militari.
Lo sostengono fonti irachene. E un giudice della Corte di appello dice: "Entro domani sera". Il premier Nuri al-Maliki ha già firmato la sentenza di esecuzione
"Saddam giustiziato fra poche ore". Ma è giallo sulla consegna agli iracheni
Secondo il ’Daily Mirror’ ad Abu Ghraib è pronto un patibolo alto cinque metri e un boia volontario. Hussein sarà vestito di verde. Un imam sunnita gli offrirà "l’opportunità di fare pace con Allah" *
BAGDAD - L’esecuzione di Saddam Hussein potrebbe avvenire nelle prossime ore. Lo sostengono fonti irachene, mentre Munir Haddad, giudice della corte d’appello, sostiene che l’esecuzione è prevista al più tardi entro domani sera. La dichiarazione dell’alto magistrato alla agenzia Ap arriva dopo una giornata di conferme e smentite circa la data dell’impiccagione. Secondo Munir Haddad "tutte le procedure sono state attuate" e l’impiccagione dovrebbe aver luogo oggi o al massimo domani. "Sono pronto ad assistere - ha aggiunto il giudice - e non ci sono motivi per un rinvio". Intanto il premier iracheno, Nuri al-Maliki, ha già firmato la sentenza dell’esecuzione.
Trasferimento, è giallo. Resta invece il giallo sul trasferimento dell’ex dittatore dalle mani degli americani al governo iracheno. Il capo del collegio difensivo dell’ex dittatore, Khalil al-Dulaimi, ha fatto sapere che le autorità americane gli hanno comunicato di aver effettuato il trasferimento. "Gli americani" ha detto spiegato l’avvocato "ci hanno informati del fatto che hanno consegnato il presidente alle autorità irachene e che non è più in loro custodia. Ci hanno chiesto di non andare a Bagdad". La notizia, che non trova conferma nè da parte del governo americano, nè di quello iracheno, viene rilanciata come certa anche dalla Cnn.
No alla visita dei legali. Anche un altro avvocato dell’ex dittatore, Issam Ghazawi, spiega che le autorità statunitensi hanno annullato una visita a Bagdad, prevista per domani, dei legali della difesa di Saddam Hussein che dovevano incontrare l’ex rais detenuto in un carcere nei pressi della capitale in attesa dell’esecuzione. Issam Ghazawi ha precisato che la visita è stata annullata stasera con un messaggio di posta elettronica.
Le smentite. Il ministero della Giustizia iracheno insiste nel sostenere che l’impiccagione non avverrà prima del 26 gennaio. Altre fonti governative hanno insistito invece su una data più vicina che comunque, non sarebbe prima della fine dell’Eid al-Adha, la ’Festa del Sacrificio’, giovedì della settimana prossima. Un altro legale di Saddam in mattinata aveva detto che il condannato era stato già consegnato dal comando statunitense alle autorità irachene, ma queste ultime hanno smentito.
Anche la Casa Bianca oggi ha detto che Saddam Hussein si trova ancora nelle mani degli Usa e non è stato consegnato al momento alle autorità irachene, per l’esecuzione. Da Crawford, in Texas, dove il presidente George W. Bush sta trascorrendo le festività di fine anno, le fonti dell’amministrazione americana ribadiscono di ritenere però che l’esecuzione avverrà probabilmente entro il fine settimana.
I dettagli dell’esecuzione. E il Daily Mirror ha oggi pubblicato "in esclusiva" i dettagli su come dovrebbe essere giustiziato l’ex dittatore. Saddam Hussein - afferma il tabloid - sarà impiccato ad Abu Ghraib, la più sinistra prigione dell’Iraq, dove prima dell’esecuzione su un patibolo alto cinque metri un imam sunnita gli offrirà la possibilità di "fare la pace con Allah". Andrà alla morte tutto vestito di verde. Saddam - sottolinea il tabloid - sarà impiccato da un boia volontario secondo le norme del codice penale approvate nel 1969, quando era vicepresidente. Alla sua fine assisteranno un giudice, un magistrato della procura, un funzionario del ministero degli Interni e un medico. Saddam sarà poi sepolto in un posto segreto, senza funerale.
Il nunzio apostolico a Bagdad. "La Chiesa ha sempre difeso la vita", ricorda il nunzio apostolico a Bagdad. Monsignor Francis Assisi Chullikat, ha sottolineato ai microfoni della Radio Vaticana che nella situazione presente "il rispetto della vita viene difeso dai vescovi locali, specialmente iracheni".
Ancora violenze. Crescono intanto i timori che l’esecuzione di Saddam possa scatenare un’ondata di violenze senza precedenti. Un attentatore suicida si è fatto esplodere nella moschea sciita al termine della preghiera del venerdì, nella città di Khalis, uccidendo 10 persone e ferendo 11 persone. Tra le vittime c’è anche un imam.
* la Repubblica, 29 dicembre 2006.
Saddam un processo senza giustizia
Secondo il governo Usa, impiccare l’ex dittatore dimostrerebbe che in Iraq il diritto è subentrato alla violenza e al sopruso. In realtà, nulla di più falso
di CARLO FEDERICO GROSSO *
Dopo un processo politico dei vincitori sui vinti, una esecuzione di Stato. In questo modo Saddam Hussein sembra avviarsi verso l’epilogo della sua esistenza. Secondo il governo americano, l’impiccagione dell’ex dittatore dimostrerebbe che in Iraq il diritto è subentrato finalmente alla violenza e al sopruso. In realtà, nulla di più falso: le irregolarità del processo, le violazioni dei diritti della difesa, la stessa scontata irrogazione della pena capitale dimostrano quanto si sia stati lontani, a Baghdad, da quel processo giusto che i paesi civili assicurano anche ai peggiori criminali e che sarebbe stato forse assicurato se, in luogo di un tribunale iracheno, a giudicare il tiranno per i suoi eccidi fosse stato chiamato, come molti auspicavano, un tribunale internazionale. Né varrebbe obiettare che l’ex dittatore doveva essere per forza giudicato dalla società contro la quale aveva commesso i suoi crimini, l’unica competente, per diritto naturale, a valutare le sue nequizie. Il processo dei vincitori sui vinti non è infatti, pressoché mai, processo giusto, essendo inevitabilmente condizionato dagli odi accumulati, e pertanto intriso di sentimenti di vendetta.
Ragioni politiche e problemi giuridici
In una lettera al suo popolo Saddam ha dichiarato che morirà da martire e ha invitato a non ricorrere all’odio indiscriminato contro coloro che l’hanno mandato a morte. Un colpo di teatro, che tende verosimilmente a smuovere a suo favore l’opinione pubblica interna e internazionale. Il discorso concernente l’esecuzione della condanna si sposta pertanto, ora, dal terreno giuridico a quello politico, in un groviglio in cui le ragioni della paura o della convenienza interna irachena si sommeranno verosimilmente alle pressioni e agli interessi politici internazionali. L’esecuzione di Stato potrà pertanto, forse, essere bloccata.
In questa situazione le eventuali ragioni politiche si stanno tuttavia intrecciando con i problemi giuridici dell’esecuzione penale irachena. La condanna a morte non potrà essere eseguita se non sarà controfirmata dal presidente Talabani: se egli non apporrà la sua firma, l’impiccagione sarà pertanto sospesa, in un contesto in cui ritardare l’esecuzione penale potrebbe significare la salvezza della vita di Saddam. La decisione se ritardare o meno l’impiccagione è, ovviamente, politica, e dovrà essere presa considerando l’impatto che l’esecuzione della pena capitale potrà avere sulla situazione interna irachena e sulla sicurezza internazionale.
Crimini ancora più gravi in attesa di giudizio
Eppure, come ha scritto ieri su Repubblica Antonio Cassese, oggi in Iraq falchi e colombe si combattono sul terreno dell’interpretazione giuridica prima ancora che su quello della politica: discutendo se il termine di 30 giorni entro cui le sentenze capitali devono essere eseguite decorra dal momento della ratifica del presidente e non sia perentorio, ovvero dal momento della decisione, e debba essere rispettato pena la decadenza dello stesso processo. Un modo per cercare di caricare il presidente di una responsabilità giuridica enorme ove dovesse optare per la mancata immediata ratifica della decisione della Corte di Appello.
Processo dei vincitori, scarso rispetto per le garanzie processuali, condanna a morte comunque ingiusta. Impiccando Saddam non si farebbe d’altronde sicuramente giustizia anche per un’altra ragione. L’ex dittatore è sottoposto ad altri processi, nei quali si discute di crimini ancora più gravi di quello per cui è già stato condannato: il genocidio dei curdi, l’uso di armi chimiche nel conflitto con l’Iran, l’aggressione del Kuwait. Questi processi, con la sua morte, si bloccherebbero. Cadrebbe pertanto una delle poche ragioni per le quali processi del tipo di quello testé celebrato potrebbero essere in qualche modo giustificati: tentare di fare comunque luce su episodi gravi, individuando le relative responsabilità. Con la morte di Saddam svanirebbe in larga misura anche questa opportunità.
* La Stampa, 29/12/2006
Le forze americane avrebbero affidato l’ex rais alle autorità di Bagdad. Il premier assicura: "Nessuno può opporsi all’esecuzione che è inellutabile"
Saddam consegnato agli iracheni Al Maliki: "La sentenza non sarà rinviata" *
BAGDAD - Si avvicina l’ora dell’esecuzione dell’ex rais Saddam. Il prigioniero sarebbe stato consegnato dalle forze americane alle autorità irachene anche se finora, il ministero della Giustizia iracheno non conferma. Ma il primo ministro Nouri al Maliki ha detto che la sentenza di morte contro Saddam Hussein "non sarà rivista" e che l’esecuzione, cui "nessuno può opporsi", "non sarà rinviata: la sentenza di morte è ineluttabile". Gli effetti personali dell’ex dittatore sono stati però affidati ad uno dei suoi legali di fiducia, Khalil al-Dulaimi: "Responsabili americani - ha detto l’avvocato - mi hanno chiamato e mi hanno chiesto di prendere gli effetti personali di Saddam Hussein e di Barzan al Tikriti", il fratellastro dell’ex presidente anch’egli condannato a morte per la strage di Dujail.
Un portavoce militare Usa, il tenente colonnello Chris Garver, ha puntualizzato che, dal punto di vista legale in senso stretto, Saddam Hussein si trova sotto l’autorità del governo iracheno già da anteriormente all’inizio del primo dei processi a suo carico, nell’ottobre2005; di fatto, tuttavia, anche dopo di allora l’ex dittatore è rimasto in custodia presso gli americani.
Ieri in Iraq l’Alto Tribunale Speciale di Bagdad ha pubblicato, e quindi resa esecutiva a tutti gli effetti e non più impugnabile, la sentenza di condanna a morte per Saddam Hussein. L’avvio della procedura di esecuzione della sentenza dimostra che il decreto di approvazione è stato firmato dal presidente dell’Iraq, il leader curdo Jalal Talabani, o siglato da uno dei suoi vice. Potrebbe essere giustiziato entro il fine settimana.
L’esecuzione per impiccagione dell’ex dittatore dovrebbe essere annunciata solo a cose fatte e gli ultimi momenti di vita dell’ex rais saranno registrati in un video. Lo sostiene la Cbs che ha citatao il Consigliere per la sicurezza nazionale iracheno, Mouffak al Rubaie. Rubaie ha spiegato come l’annuncio a cose fatte sia unascelta obbligata per evitare una possibile escalation di violenze in concomitanza dell’esecuzione. All’esecuzione assisteranno come testimoni cittadini iracheni, membri della coalizione e rappresentanti internazionali.
* la Repubblica, 29 dicembre 2006.
L’Alto tribunale penale ha pubblicato oggi il rigetto dell’appello è così diventata esecutiva a tutti gli effetti la condanna capitale
Iraq, giorni contati per Saddam forse impiccato nel week end
Secondo fonti vicine alla Casa Bianca mancano poche ore all’esecuzione Il suo legale: "Vede la sua morte come contributo alla lotta contro gli invasori" *
BAGDAD - L’Alto tribunale penale iracheno ha pubblicato oggi il rigetto dell’appello dell’ex presidente Saddam Hussein. Diventa così esecutiva a tutti gli effetti la condanna a morte dell’ex dittatore iracheno, peraltro non più impugnabile. La pubblicazione del documento, firmato dal presidente dell’Alta corte, Arif Abdul Razzak Shain, è la prima tappa di una procedura che deve concludersi con l’impiccagione dell’ex dittatore.
Saddam Hussein era stato condannato a morte il 5 novembre dall’Alto tribunale penale iracheno per la strage di Dujail (148 contadini uccisi) avvenuta negli anni Ottanta. Martedì la Corte d’appello dell’Alto tribunale ha ratificato la sentenza e ha affermato che Saddam darà messo a morte entro 30 giorni, "in qualunque momento" a partire da ieri.
Stando a indicazioni fornite da fonti vicine al presidente americano George W. Bush, l’esecuzione avverrà entro la fine della settimana. "Si parla di un paio di giorni", ha detto la fonte precisando di aver appreso le informazioni dalle controparti irachene. L’ordine deve essere trasmesso alla presidenza per essere firmato dal presidente iracheno, il leader curdo Jalal Talabani, o da uno dei vicepresidenti. L’ora e il luogo della morte del rais non saranno resi pubblici prima dell’esecuzione, ma tutte le fasi che porteranno Saddam al patibolo verranno videoregistrate.
Il presidente iracheno si è sempre detto contrario alla pena capitale per il rais, ma ha accettato di non interferire e di autorizzare uno dei propri vice a controfirmare il decreto di approvazione, che sarà poi trasmesso alla Direzione generale dei penitenziari affinché ordini a sua volta di provvedere materialmente a giustiziare il condannato.
Intanto, si è appreso che Saddam ha incontrato in carcere due fratellastri a cui ha affidato un messaggio personale per la sua famiglia. Ne ha dato notizia uno degli avvocati dell’ex rais, Badie Aref, spiegando che Saddam ha visto Sabawi e Watban Ibrahim Hassan al-Tikriti, fratelli per parte di madre, anche loro sotto custodia delle truppe statunitensi, e ha consegnato loro "lettere personali per la sua famiglia".
"Saddam vede la sua morte come un contributo alla lotta contro gli invasori. E’ pronto a combattere fino alla fine contro un’invasione illegittima e un governo non eletto democraticamente". E’ quanto riferisce in un’intervista a Repubblica Curtis Doebbler, unico americano, accanto all’ex ministro della Giustizia Ramsey Clark, del team di legali che difendono Saddam Hussein. "Ho incontrato Saddam a Bagdad dopo il verdetto di primo grado - ha aggiunto - Ho visto un uomo forte e determinato che ha mantenuta intatta la sua dignità di capo di Stato. Contesta l’imparzialità della Corte e ci ha detto che da un tribunale come quello che lo ha processato non poteva aspettarsi altro".
"Saddam ha detto chiaramente di essere pronto a subire un processo, ma in un tribunale vero - ha aggiunto Doebbler - accanto a lui dovrebbero sedere persone accusate di crimini di guerra simili a quelli a lui contestati, Bush e il primo ministro Blair". Sull’esecuzione, l’avvocato dell’ex rais ha confermato di "non aver avuto alcuna comunicazione ufficiale. Lavoriamo in una situazione difficilissima, spesso le persone che ci trasmettono le notizie sono spie. Più di una volta abbiamo ricevuto notizie false".
Doebbler ha chiesto alla giustizia americana di intervenire. "Ho mandato al tribunale di Washington una richiesta perché gli americani, che hanno in cura Saddam, non lo consegnino agli iracheni, che lo metterebbero a morte sulla base di una condanna avvenuta senza giusto processo - ha spiegato - Contestiamo la correttezza del procedimento. Ora il tribunale americano deve decidere ed eventualmente riportare il caso alla Corte suprema. La questione è se gli Stati Uniti vogliano mandare a morte un uomo senza giusto processo. Non sarà questo a fermarli. Ma è omicidio, non giustizia".
L’avvocato di Saddam ha ricordato di "aver sempre incontrato il nostro assistito davanti a personale americano. Non ci sono state mostrate le prove - ha detto - Non sono state garantite le condizioni di sicurezza minime né ai legali né ai testimoni. Le organizzazioni internazionali e le Nazioni Unite hanno detto che questo processo non è stato nè equo nè indipendente. Se si ucciderà un uomo così - ha concluso - in Iraq ci sarà ancora più violenza e gli Stati Uniti aggiungeranno un altro crimine alla lunga lista delle violazioni internazionali di cui si sono resi responsabili negli ultimi anni".
* la Repubblica, 28 dicembre 2006.
La condanna di Saddam un grave errore. Con l’Iraq pronto ad infiammarsi
Il processo senza giustizia con un verdetto farsa
di ANTONIO CASSESE *
Anche a Norimberga i vincitori hanno processato i vinti. Ma almeno il processo è stato equo. A Bagdad si è invece celebrata, per i fatti di Dujail, una farsa. I giudici sono stati nominati dall’esecutivo (il Consiglio di governo) e da esso sostituiti quando non si allineavano sulle posizioni ufficiali delle autorità o si dimostravano scarsamente efficaci. Il tribunale sin dall’inizio è stato finanziato dagli Usa, che hanno anche elaborato il suo Statuto, poi formalmente approvato dall’Assemblea nazionale irachena, nell’agosto 2005. Imputazioni precise contro gli otto imputati sono state formulate solo a metà processo. La Corte non ha consentito alla difesa di convocare un certo numero di testimoni a discarico che dovevano ancora essere ascoltati.
Inoltre, molti documenti prodotti dall’accusa contro gli imputati (tra cui l’ordine di Saddam Hussein di eseguire la condanna a morte inflitta ai civili che avrebbero attentato alla vita del dittatore e l’ordine di conferire onorificenze alle forze di sicurezza che avevano arrestato e interrogato i presunti colpevoli), sono stati contestati dalla difesa, che ha affermato trattarsi di falsi. Per verificarne l’autenticità, il tribunale non ha convocato esperti internazionali (come sarebbe stato doveroso), ma esperti iracheni che, secondo la difesa, erano legati a filo doppio all’attuale ministero dell’interno iracheno. Insomma, un processo privo di qualsiasi seria garanzia dei diritti della difesa.
Certo, non è facile processare un ex dittatore che cerca di usare le udienze pubbliche per comizi e polemiche politiche. I giudici però non avrebbero dovuto rispondere alle arringhe pretestuose dell’ex-dittatore urlando più di lui o espellendolo dalla sala delle udienze, ma con equilibrio e serenità, limitando ad esempio il suo tempo di parola, inducendolo a discutere i problemi specifici del processo, e soprattutto affrontando seriamente i problemi giudiziari che gli avvocati di Saddam sollevavano. In una parola, mostrandosi pazienti, equilibrati ed imparziali.
La condanna a morte dei tre maggiori imputati è sbagliata sotto un triplice profilo. Anzitutto, si tratta di una punizione che non è affatto credibile perché conclude un processo-farsa. In secondo luogo, la pena capitale è stata oramai condannata dalla vasta maggioranza della comunità internazionale. Anche se paesi come gli USA e la Cina continuano a praticarla, si può dire che la pena di morte è diventata, sul piano internazionale, se non illegale, almeno illegittima. Prova ne sia che tutti i tribunali internazionali finora istituiti dalle Nazioni Unite (alcuni, come quello dell’Aja per l’ex Jugoslavia e quello per il Ruanda, con il fortissimo sostegno degli americani) bandiscono la pena di morte.
Lo stesso vale per la Corte penale internazionale, il primo tribunale internazionale a vocazione universale, che oramai agisce come suprema istanza penale internazionale per ben 104 Stati. In terzo luogo, la pena di morte inflitta ai tre imputati costituisce un grave errore politico, perché naturalmente aggraverà la situazione in Iraq. Il paese è da tempo in preda ad una sanguinosa guerra civile, anche se i vertici statunitensi, per ragioni politiche, si ostinano a negare che sia in atto una vera e propria insurrezione armata. Saddam Hussein diventerà un martire, oltre ad essere già considerato un eroe dell’antiamericanismo. L’odio per il gruppo dirigente iracheno e per gli americani aumenterà a dismisura e i massacri si moltiplicheranno.
L’appello che subito interporranno i condannati non potrà che rinviare l’esecuzione capitale, anche in attesa che vengano celebrati contro l’ex dittatore altri processi, per fatti, tra cui il genocidio dei Curdi negli anni ’80, che appaiono obiettivamente molto più gravi del massacro di Dujail. In breve, in Iraq anche sul versante della giustizia è stata imboccata una strada radicalmente sbagliata, e appare assai probabile che si arriverà alla peggiore soluzione possibile. (6 novembre 2006)
* www.repubblica.it, 06.11.2006