Le continue vicende giudiziarie che in Calabria stanno coinvolgendo politici, imprenditori e forze dell’ordine, mettono a nudo il carattere trasformistico della politica regionale degli ultimi 20 anni. In un quadro sociale drammatico, in cui la criminalità diventa fattore di ammortizzatore sociale, appare sconcertante la continuità delle politiche di precarietà e massacro sociale che questo Governo regionale sta imponendo alla popolazione calabrese.
Al di là delle responsabilità che dovranno essere accertate, è ammissibile l’estraneità della politica della Giunta dai problemi reali a fronte di un incancrenito intreccio politico-affaristico-mafioso?
Non è forse arrivato il momento di chiederci che senso ha definirsi "sinistra" quando si è direttamente e indirettamente complici di un sistema legato ai poteri forti e oscuri di questo nostro Mezzogiorno?
Le forme di precarietà, in tutti i settori, sono il prodotto di scelte volute da chi gestisce il potere e vuole ad ogni costo tenere sotto continuo controllo - anche attraverso il ricatto elettorale - la gran parte della popolazione che non riesce a soddisfare i propri bisogni primari.
Riteniamo opportuno esprimere un forte dissenso anche nei confronti di quell’elettorato borghese che nei fatti sostiene, a vantaggio dei propri interessi, una classe politica rampante e senza scrupoli.
Il perpetuarsi di questo sistema di potere è garantito, inoltre, dall’omologazione degli intellettuali alle attuali politiche dominanti che inibiscono oggettivamente la capacità critica e culturale della gente comune.
Si parla di un Piano Sanitario che, oltre a tagliare il 60% dei fondi alle strutture sovvenzionate - con il conseguente rischio di centinaia di licenziamenti - non garantisce il potenziamento delle strutture pubbliche ma tende all’ abbandono di queste per la costruzione di nuovi ospedali (vedi Ospedale di Vibo Valentia).
Cosa comporta tutto ciò?
Assegnazioni di appalti per la costruzione, per le forniture di servizi, assunzioni clientelari, mazzette etc etc.
Il 5 agosto del 2006 nell’ambito della legge finanziaria regionale è stata approvata dal Consiglio Regionale una norma (art. 29, comma 4, della legge regionale n. 7 del 21 agosto 2006) che impedisce la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Calabria (BURC) degli atti - e dei conseguenti impegni di spesa - relativi alla Giunta ed alla presidenza del Consiglio Regionale. Un provvedimento che, oltre a calpestare i principi costituzionali della trasparenza e della partecipazione del cittadino alla pubblica amministrazione, vuole nascondere i misfatti e l’ambiguità della disciplina regionale.
I lavoratori precari Lsu e Lpu in Calabria sono circa 8000 e continuano a ricevere con forte ritardo le proprie spettanze e a non avere risposte sulla propria stabilizzazione. Risposte che tardano ad arrivare sia dal governo nazionale, sia dal governo regionale. Ancora oggi non viene sciolto il nodo sulle risorse previste in finanziaria sulle loro stabilizzazioni. Tutto ciò a dimostrazione di come la questione Lsu e Lpu non sia fra le priorità assolute della giunta regionale, né del governo Prodi sulle questioni del Mezzogiorno.
E’ giunta l’ora, secondo noi, di sollecitare l’elettorato "sano" affinché si ponga fine agli appelli di sindacati e amministratori sulla concertazione; la Calabria è oramai una regione persa, al collasso che ha davanti a sé le prospettive peggiori che si possano immaginare, finchè questa classe politica calabrese continuerà ad alternarsi sulle poltrone del potere.
Bisogna liberarsi dalla demagogia attuata nei confronti delle persone oneste e bisogna dire basta a tutte le espressioni clientelari che chiudono le porte al futuro delle giovani generazioni e dei disoccupati che abbandonano terra e affetti per trovare sistemazione all’estero o per continuare a fare i precari nel nord-Italia.
Dobbiamo dire con forza che siamo contro la Giunta Loiero e contro l’intera classe politica calabrese ed è proprio per questo motivo che chiediamo le dimissioni immediate del governo regionale;
Se la "vera sinistra" fosse disponibile a rompere con i rappresentanti dei poteri forti potremmo elaborare un programma che, partendo dai bisogni reali delle classi economicamente più deboli, concretizzerebbe le aspettative e le speranze di larga parte della popolazione meridionale.
La riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario; un reddito minimo ai giovani disoccupati; casa e sanità garantite; la ripubblicizzazione dei servizi come l’acqua e l’abolizione del segreto bancario sono solo alcune delle proposte che dovrebbero essere rimesse al centro del confronto politico e delle vertenze di lotta.
Come comunisti ci muoveremo in quest’ottica. Se non ora quando!?
Coordinamento per l’Unità dei Comunisti - Cosenza