Terra e mutamenti climatici ....

La Groenlandia era verdissima. Il vichingo Erik il Rosso aveva ragione. La prova viene dall’analisi del Dna probabilmente più antico del mondo, preservato sotto uno strato ghiacciato spesso chilometri - a cura di pfls

venerdì 6 luglio 2007.
 
[...] Secondo i ricercatori questa fase verde si colloca con buone probabilità fra i 450.000 e gli 800.000 mila anni fa, antecedente quindi l’ultimo periodo interglaciale, fra 130.000 e 116.000 anni fa. Una conferma, quindi, che quella terra scoperta dal vichingo Erik il Rosso, oggi coperta da ghiacci per l’84 per cento della sua superficie, era davvero rigogliosa e ospitale come lui l’aveva descritta, dandole appunto il nome di "terra verde" [...]


-  Meno di un milione di anni fa sull’isola c’erano foreste rigogliose ed un clima molto più mite di oggi
-  Gli scienziati hanno ricostruito l’ecosistema studiando il materiale genetico preservato sotto il ghiaccio

-  Com’era verde la Groenlandia
-  Le prove nel Dna più antico del mondo

di ALESSIA MANFREDI *

ROMA - Distese di conifere, pini e abeti. Verde a perdita d’occhio e un clima mite, che ospitava farfalle, insetti e molte altre forme di vita. Altro che ghiaccio a 360 gradi: la Groenlandia era verdissima. La prova viene dall’analisi del Dna probabilmente più antico del mondo, preservato sotto uno strato ghiacciato spesso chilometri. E dimostra che poco meno di un milione di anni fa l’isola più grande del mondo, oggi gelata e candida, era invece ricoperta di foreste.

Il professor Eske Willerslev dell’università di Copenaghen, uno dei maggiori esperti mondiali dell’estrazione di Dna da organismi sepolti nel permafrost, è riuscito, insieme a diversi colleghi internazionali fra cui alcuni italiani, ad analizzare il materiale genetico, che ha dato un quadro nuovo di come la Groenlandia appariva nell’antichità, ampliando quello che si sapeva finora sull’ecologia e sul clima in quella regione. Il tutto trivellando in profondità la calotta ghiacciata, da cui sono state estratte "carote" di ghiaccio, che, dagli strati più remoti fino a quelli in superficie, conservano ancora oggi informazioni chiave, come un archivio completo sotto zero delle variazioni climatiche della regione.

"E’ stata una sorpresa anche per noi. Non era per nulla scontato che il nostro approccio si sarebbe rivelato fruttifero, né in che misura" spiega il dottor Enrico Cappellini, dell’università di York, che ha partecipato allo studio pubblicato su Science insieme ad un gruppo dell’università di Parma guidato dalla professoressa Antonella Casoli. "Non ci aspettavamo di riuscire ad identificare una tale varietà di piante ed invertebrati".

Le sequenze di materiale genetico fossile recuperate delineano un panorama ben diverso da quello attuale. Ontani, abeti rossi, pini, tassi ma anche betulle, pioppi e tante altre specie che caratterizzano un ambiente boreale. E poi coleotteri, mosche, ragni e farfalle che in tempi antichissimi abitavano quelle latitudini, in un clima relativamente temperato "con oltre 10 gradi in luglio e non meno di - 17 in inverno. Temperature decisamente più elevate di quelle di oggi, considerando anche che la zona dove abbiamo prelevato il Dna si trova a 1000 metri di altezza", spiega ancora Cappellini.

Per confermare la validità del metodo il professor Willerslev ha raccolto campioni di ghiaccio in zone diverse. Analizzando la più recente, in Canada nel ghiacciaio John Evans, che risale a poche migliaia di anni fa, ha trovato tracce di tre delle quattro piante più comuni della zona. "Questo indica che quello che si trova sotto il ghiaccio rappresenta l’ambiente locale" spiega Willerslev.

Scavando in un punto della calotta spesso due chilometri, in un sito denominato DYE-3, Willerslev e colleghi sono riusciti a trovare Dna molto ben conservato da cui hanno estratto tracce di piante ed insetti diffusi all’epoca. In ogni passaggio sono stati usati accorgimenti e controlli per evitare che del materiale genetico di origine moderna contaminasse quello più antico. Poi le analisi sono state ripetute in altri due laboratori specializzati, a Lipsia e in Canada.

Secondo i ricercatori questa fase verde si colloca con buone probabilità fra i 450.000 e gli 800.000 mila anni fa, antecedente quindi l’ultimo periodo interglaciale, fra 130.000 e 116.000 anni fa. Una conferma, quindi, che quella terra scoperta dal vichingo Erik il Rosso, oggi coperta da ghiacci per l’84 per cento della sua superficie, era davvero rigogliosa e ospitale come lui l’aveva descritta, dandole appunto il nome di "terra verde".

* la Repubblica, 6 luglio 2007


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