Quelle preghiere della discordia
di Andrea Tornielli*
I rabbini capi di Gerusalemme, guide spirituali delle comunità sefardita e aschenazita, hanno scritto a Papa Benedetto XVI per chiedere la modifica della preghiera del Venerdì Santo presente nell’antico messale appena liberalizzato dal Motu proprio, nel quale si prega per la conversione degli ebrei chiedendo a Dio di sottrarre «quel popolo... alle sue tenebre» e di rimuoverne «l’accecamento» (termine mutuato da una delle lettere di Paolo). Ma già prima il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, si era detto disponibile a modificare quelle parole.
Ora un libro destinato a far discutere, in libreria tra pochi giorni, riapre la questione, sostenendo che qualche ritocco sarebbe necessario anche nei testi tradizionali dell’ebraismo: Erbe amare (Bonanno Editore, pagg. 324, euro 29), di Ariel Levi di Gualdo. L’autore, giornalista e scrittore, vive in Sicilia e proviene da una famiglia di origini ebraiche convertita al cattolicesimo: per oltre dieci anni si è riavvicinato all’ebraismo frequentando le sinagoghe, studiando i testi sacri della religione israelitica e «apprendendo dall’interno quel che è il tono delle lezioni e degli insegnamenti rabbinici, assai diversi» sostiene «da quelli che sono i discorsi e le pubbliche posizioni ufficiali di circostanza». Un’esperienza che lo ha profondamente segnato.
Nel libro, a tratti molto duro, altre volte più ironico, Levi di Gualdo contesta quella che definisce una sorta di deriva «politica» dell’ebraismo contemporaneo, le cui istanze a suo dire sarebbero oggi fatte coincidere con quelle dello Stato d’Israele in un’impropria commistione che «ha mutato il Sionismo politico nella propria vera religione».
Alcune pagine del volume sono dedicate proprio alla contestata preghiera del Venerdì Santo, dalla quale Giovanni XXIII molto opportunamente fece togliere i riferimenti alla «perfidia» giudaica, lasciando però l’invocazione per la conversione - o meglio l’approdo finale alla fede cristiana - degli ebrei. L’autore fa notare come «nella liturgia ebraica esiste la Lode delle Diciotto Benedizioni, d’impianto risalente al IV secolo avanti Cristo». Nel primo secolo dell’era cristiana - ricorda Levi di Gualdo - in questa preghiera si declamava: «Per gli apostati non ci sia speranza e il Regno insolente (l’impero romano, nda) venga presto sterminato nei nostri giorni. I Nazareni (i giudeo-cristiani, nda) e gli eretici periscano e siano abrasi dal libro della vita, né siano iscritti insieme ai giusti». La preghiera, continua l’autore di Erbe amare, fu mitigata sul finire del Trecento e oggi si recita: «Possano gli apostati non avere speranza e cadere tutti in perdizione, siano presto distrutti e soggiogati i tuoi nemici dei nostri giorni».
Levi di Gualdo, citando Israel Shahak, autore di Storia ebraica e giudaismo, «mai smentito dalle autorità rabbiniche», sostiene che dopo il 1967 svariate sinagoghe ortodosse israeliane e americane «hanno ripristinato il testo del I secolo». Inoltre, ricorda che nel Talmud, il libro che raccoglie l’insegnamento tradizionale dei rabbini, «si bestemmia la Madonna senza curarsi che per i cristiani è la madre di Dio». Si tratta di racconti del Talmud babilonese, risalenti al I secolo, secondo i quali Gesù sarebbe il figlio illegittimo di una donna di malaffare e il padre naturale sarebbe il soldato romano Panthera. Testi che Levi di Gualdo fa notare essere stati scritti ben prima delle persecuzioni antiebraiche ad opera dei cristiani.
Al di là delle polemiche e delle incursioni nei libri sacri dell’ebraismo, c’è anche chi ritiene che l’antica preghiera cattolica del Venerdì Santo non vada cambiata. È quanto sostengono i teologi Nicola Bux e Salvatore Vitiello, in un articolo messo in Internet dall’agenzia Fides della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli: «La Chiesa prega per la conversione di tutti gli uomini. Oggi non pochi cattolici hanno timore della conversione e così pure gli ebrei, i quali vorrebbero che la Chiesa cattolica non sia se stessa, almeno nei loro confronti. Ora, la conversione è l’essenza del Vangelo di Gesù, e ha designato il cammino verso di lui di popoli e nazioni».
* Il giornale- sabato 08 settembre 2007.
SCHEDA EDITORIALE *
Erbe amare. Il secolo del sionismo
di Ariel S. Levi di Gualdo *
In breve
L’immane tragedia della Shoa ha reso agli ebrei la purezza da tempo perduta dando vita al tabù sociale di un’ebreolatria che impedisce di narrare alla piazza le nudità del re.
Da anni si parla d’Ebraismo senza gemere su ciò che è diventato: un fenomeno alla deriva politica rivestito d’aura religiosa.
Il lettore viene guidato in viaggio nel mondo arcaico e moderno con stile avvincente e non privo d’ironia, attraverso narrazioni che sminuzzano la figura dell’ebreo assurto a icona della vittima oppressa e svelando ottusità e fanatismi che hanno imposto al mondo equivalenze pericolose: Ebraismo uguale Stato d’Israele, antisionismo uguale antisemitismo, critica rivolta a un’istituzione ebraica uguale aggressione antisemita da stroncare col braccio della legge...
Originale la difesa del Sommo Pontefice Pio XII. L’esame dei dibattuti fatti storici è servito per analizzare la psicologia motrice della locomotiva che da decenni tira il carico di falsità mirate a colpire la grande figura di Eugenio Pacelli.
Meditando su un preludio di San Paolo l’Autore conclude che la carità è paziente e benigna, non dispera e non si adira. La carità è dunque tante cose, compreso l’ossequio alla verità. E talvolta anche la critica è segno di carità, se animata da sentimenti costruttivi e all’occorrenza correttivi.
Erbe Amare è un libro che ha coraggiosamente osato e che è destinato a rimanere per divenire più attuale col trascorrere del tempo.
*
Collana: Storia e Politica
Pagine: 334
Anno: 2007
Prezzo: 29,00 euro
ISBN-13: 978-88-7796-332-1
Sul tema, nel sito, si cfr.:
ISRAELE E PALESTINA .... LA TERRA PROMESSA. Un’indicazione (1930) di Freud
L’autore Levi di Gualdo è una figura ambigua e in questo caso svolge il tipico ruolo dell’ "ebreo convertito", utile perché "cristiano", ma sembre "ebreo" in fondo. La presunta bontà del suo patetico pamphlet si fonda proprio su questa sua "origine ebraica": ovvero, "se lo dice un ebreo che gli ebrei sono così, allora...".
Vorrei precisare alcuni punti, senza entrare nel merito delle opinioni politiche espresse nel suo testo, sulle quali ciascuno è libero di credere e pensare quello che vuole.
1) Ariel Levi di Gualdo, per esteso Ariel Stefano Levi di Gualdo, come indica il suo tipicissimo nome cattolico, non è "ebreo" di primo grado, per così dire. E’ nato cristiano da matrimonio misto (il padre era ebreo assimilato), ha cambiato il suo nome in "Levi", si è convertito all’ebraismo e si è iscritto alla Comunità ebraica di Venezia (qui, ad esempio: http://www.provincia.catania.it/moduli/cstampa/cstampas2.asp?id=1583). E’ stato tra l’altro collaboratore dell’Istituto Italiano Studi Universitari come membro della comunità ebraica e come non meglio qualificato esperto di ebraismo (qui: http://www.imsu.it/eventiconclusi/index.php?ricerca=dipartimento&chiave=5&evento=30)
2) La sua "conversione" al cattolicesimo è in effetti una "ri-conversione" al cattolicesimo, su cui esprimo il mio rispetto e non mi permetto di osservare nulla. Si tratta tuttavia di chiarire che il percorso non è "dall’ebraismo al cristianesimo", bensì "dal cristianesimo, all’ebraismo, al cristianesimo".
3) Discutibili, inesatte, pericolose e assolutamente fastidiose sono invece le posizioni che avrebbe espresso nel suo testo a proposito del Talmud e delle cosiddette frasi anticristiane in esso contenute. Le posizioni anticristiane contenute in "tradizioni talmudiche" sono già state studiate da Rav Di Segni nel famoso "Il Vangelo del Ghetto", a cui si può tranquillamente rimandare. Che siano contenute o meno accenni, allusioni, sarcasmi contro la dottrina cristiana non è un fatto effettivamente rilevante per un testo immenso, composto di migliaia e migliaia di pagine, stratificate in diverse epoche, scritto in modo non dogmatico, con una straordinaria apertura alla discussione a alla polemica: chi scrive del Talmud facendo di qualche riga un verità assoluta, non conosce una riga del Talmud stesso. Non risulta, del resto, che Ariel Stefano Levi di Gualdo sia in grado di accedere autonomamente e di prima mai ai testi talmudici, non avendo mai avuto un’autentica formazione ebraica e non possedendo né l’ebraico né tantomeno l’aramaico.
Distinti saluti,
S.
Al di là che questionare sulle origini religiose dell’autore, pur negando a detta revoca il valore di argomento, non si leggono smentite a quanto da questi sostenuto. Il fatto che il Talmud sia un testo esteso e dalla difficile ermeneutica non smentisce una iota di quanto scritto nel libro in oggetto.
Parimenti non si vede dove stia la pretesa ambiguità dell’autore, a meno di dire che la conversione religiosa sia segno di ambivalenza, affermazione ben più discutibile, inesatta, pericolosa e fastidiosa di quanto si vorrebbe fossero le posizioni dell’autore a proposito di quanto detto sul Talmud.
Gli epiteti ingiuriosi rivolti a Cristo e Sua Madre non saranno un fatto rivelante per chi in Essi non crede, certo rilevano per chi è cristiano. E’ curioso osservare come si cerchi di ovviare ad un fatto documentato, quale la presenza di insulti alla fede cristiana, pretendendo di ridicolizzare chi li rende noti in quanto che non-esperto di lingua ebraica. Si potrebbe far notare allo stesso modo ai solerti rabbini richiedenti l’espunzione della preghiera del venerdì santo che, se conoscessero il latino, saprebbero come per-fidis significhi letteralmente contro la fede, dunque non credenti il Verbo cristiano, cosa che esattamente descrive la loro condizione, e non banalmente "perfidi". Nessuno però si attarda a pretendere una minima conoscenza del latino da parte di costoro per squalificarne le richieste, come invece usa fare il solerte S. nel proprio commento.
Distinti saluti
Giampaolo Ghilardi
"LEVI di GUALDO E’ UNA FIGURA AMBIGUA"
scrive nel nostro forum un autore anonimo per
stroncare l’opera dello scrittore tosco-siciliano
Erbe Amare (Bonanno Editore)
Il controverso libro di
Ariel Levi di Gualdo
Giovedì 20 settembre 2007
il Signor “S” scrive:
“L’autore Levi di Gualdo è una figura ambigua e in questo caso svolge il tipico ruolo dell’ "ebreo convertito", utile perché "cristiano", ma sempre "ebreo" in fondo.
La presunta bontà del suo patetico pamphlet si fonda proprio su questa sua "origine ebraica": ovvero, "se lo dice un ebreo che gli ebrei sono così, allora...".
Vorrei precisare alcuni punti, senza entrare nel merito delle opinioni politiche espresse nel suo testo, sulle quali ciascuno è libero di credere e pensare quello che vuole. 1) Ariel Levi di Gualdo, per esteso Ariel Stefano Levi di Gualdo, come indica il suo tipicissimo nome cattolico, non è "ebreo" di primo grado, per così dire. E’ nato cristiano da matrimonio misto (il padre era ebreo assimilato), ha cambiato il suo nome in "Levi", si è convertito all’ebraismo e si è iscritto alla Comunità ebraica di Venezia. La sua "conversione" al cattolicesimo è in effetti una "ri-conversione" al cattolicesimo, su cui esprimo il mio rispetto e non mi permetto di osservare nulla. Si tratta tuttavia di chiarire che il percorso non è "dall’ebraismo al cristianesimo", bensì "dal cristianesimo, all’ebraismo, al cristianesimo". 3) Discutibili, inesatte, pericolose e assolutamente fastidiose sono invece le posizioni che avrebbe espresso nel suo testo a proposito del Talmud e delle cosiddette frasi anticristiane in esso contenute. Le posizioni anticristiane contenute in "tradizioni talmudiche" sono già state studiate da Rav Di Segni nel famoso "Il Vangelo del Ghetto", a cui si può tranquillamente rimandare. Che siano contenute o meno accenni, allusioni, sarcasmi contro la dottrina cristiana non è un fatto effettivamente rilevante per un testo immenso, composto di migliaia e migliaia di pagine, stratificate in diverse epoche, scritto in modo non dogmatico, con una straordinaria apertura alla discussione a alla polemica: chi scrive del Talmud facendo di qualche riga un verità assoluta, non conosce una riga del Talmud stesso. Non risulta, del resto, che Ariel Stefano Levi di Gualdo sia in grado di accedere autonomamente e di prima mai ai testi talmudici, non avendo mai avuto un’autentica formazione ebraica e non possedendo né l’ebraico né tantomeno l’aramaico.
Distinti saluti,
S. ________________________________________________________________
Risponde Ariel Levi di Gualdo autore di “Erbe Amare”
SPARARE ALLE SPALLE, FUGGIRE A VOLTO COPERTO E
FORSE SENTIRSI PERSINO EROI
Letto il messaggio alcune settimane dopo
Lo scrittore ha deciso di rispondere in dettaglio
sulle nostre pagine ai tanti Signori "S"
Ariel S. Levi di Gualdo
Gentile Signor "S",
io ho sostenuto le mie tesi presentandole col mio nome e cognome e rispondendo dei miei asserti nel libro “Erbe Amare - Il Secolo del Sionismo" Bonanno Editore, distribuito in Italia dalla Dehoniana Libri S.p.A a partire da Settembre 2007. Lei cade nel tipico errore di chi attacca qualcuno e qualcosa lasciando non solo un fianco ma tutto il corpo scoperto: non ha letto il mio lavoro e basa i suoi insulti sul "pare... sembra... si dice che...". Il suo è il tipico modo di fare del ghetto giudio che io conosco quanto basta per averne scritto con cognizione di causa storica e socio-psicologica nel mio libro. Lo dimostra lei stesso di non avere letto il mio libro scrivendo che il Talmud: "E’ un testo immenso, composto di migliaia e migliaia di pagine, stratificate in diverse epoche". E usa questa frase per smontare un libro che dimostra di non avere neppure sfogliato proprio asserendo quanto lei asserisce.
Per attaccarmi lei usa esattamente quel che io ho scritto e ripetuto in vari passi dove metto in guardia i lettori dalla tentazione di dare giudizi distorti se non peggio odiosi sul Talmud: "Dalla Torah e dal Talmud, come dai testi arcaici d’ogni tradizione e religione, si può cavare ciò che si vuole, dall’odio all’amore". Così scrivo a pag. 39 della mia opera. A pagina 40 proseguo: "Il Talmud completo si compone di 63 libri divisi in 524 capitoli. Sono numeri destinati a rendere l’idea della vastità di un’opera che si sviluppò in territori diversi e in diverse situazioni politiche e sociali. Da testi così vasti e ambigui l’uomo può estrarre ciò che vuole, per il suo beneficio politico o il pubblico disprezzo altrui, oppure per odiare in nome dell’unico vero Dio".
A pagina 180 segue questa mia precisazione: "Chi si attacca a certi brani talmudici per giustificare forme di disonestà, finge di non sapere che da certe pagine si può estrapolare ciò che si vuole, è in questo che risiede il genio e il pericolo del Talmud, tutto dipende dall’onestà e dalla mancanza di onestà del pescatore, che sia un ebreo ultra ortodosso a caccia di puntelli per giustificare la sua intima immoralità o che sia un antisemita in cerca di appigli per colpire meglio gli ebrei. Come tutte le opere umane il Talmud porta impressi in sé i caratteri naturali più antichi dell’uomo: il bene e il male, la bontà e la cattiveria, l’odio e l’amore. Il Talmud è doppio per sua stessa natura e struttura, come lo sono tutti i testi antichi elaborati nel corso dei secoli dalle varie tradizioni religiose". Le 323 pagine del libro che lei non ha letto sono costate all’autore alcuni anni di lavoro e traboccano avvertenze e spiegazioni intellettualmente oneste sul genere delle poche sinora riportate.
Le basti quest’altra che si trova a pagina 31: "...In realtà le cose sono più complesse di quanto possano apparire ad una lettura superficiale di un brano intollerante del Talmud, forse vergato da un rabbino sempre riscaldato dalle bastonate appena prese lungo la strada, dono sgradito di un gruppo di plebei che avevano reputato spassoso prendere a legnate il primo giudeo pio e inoffensivo che gli capitava a tiro".
Dopo confuse distorsioni iniziali dove lei giunge persino a mettere in dubbio il diritto al nome che porto (ometto di citarle leggi di rango costituzionale, leggi civili e la copiosa giurisprudenza che definisce intangibile il diritto al nome) passa subito all’intonazione perentoria e definisce le mie pagine: "Discutibili, inesatte, pericolose e assolutamente fastidiose sono invece le posizioni che avrebbe espresso nel suo testo a proposito del Talmud e delle cosiddette frasi anticristiane in esso contenute. Le posizioni anticristiane contenute in tradizioni talmudiche sono già state studiate da Rav Di Segni nel famoso Vangelo del Ghetto, a cui si può tranquillamente rimandare". Ottimo, Signor "S". Se lei giocasse di scherma finirebbe infilzato prima di alzare il fioretto, vista l’abilità con la quale s’infilza da solo. Mi dica: L’Eccellentissimo Gran Rabbino che lei menziona ha mai definito, con tutto l’umile imbarazzo del caso, intolleranti e ingiuriose verso la Cristianità e i cristiani quelle frasi che - lo si voglia o no - abbondano nel Talmud? Perché vede, io posso documentarle con pezzi giornalistici, con interviste e con riferimenti a varie puntate di programmi mandati in onda nel corso degli anni sulle varie reti televisive, che il personaggio da lei citato come magistrale bandiera ha subito levato gli scudi come una vergine vilipesa su inoffensivi documenti del Magistero Cattolico dove il Cardinale Joseph Ratzinger prima e il Sommo Pontefice Benedetto XVI dopo ha osato dire - rivolgendosi ai fedeli cattolici e non certo agli ebrei - che solo Cristo è centro e fine di tutto e che il relativismo non è né ecumenismo né dialogo interreligioso. Nessun notabile dell’Ebraismo ha mai ammesso né mai si è scusato per il fatto che nel Talmud si bestemmia in modo feroce il Cristo e la Beata Vergine Maria ma al tempo stesso hanno riempito per settimane le pagine dei giornali contestando la vecchia preghiera del Venerdì Santo, che allude alla conversione del cuore dei "perfidi" giudei e chiedendo che fosse cancellata dal Messale latino di cui il Santo Padre ha concesso di recente l’uso con Motu Proprio Summorum Pontificum.
A questo aggiungo per inciso che l’Eccellentissimo da lei citato è il capo-cordata italiano delle più tristi alterazioni storiche tutt’oggi sparse sul Sommo Pontefice Pio XII, verso il quale da anni non perde occasione di lanciare infelici stilettate. Nel capitolo dedicato al grande Eugenio Pacelli spiego e documento in che modo e per quali motivi questi soggetti mentono e negano anche la più lampante evidenza dei fatti, giacché spesso, per certi ebrei, non c’è umiliazione peggiore che quella di dover essere grati a chi ha salvato loro la vita, perché una buona azione non la perdonano mai.
Ebbene, se queste persone così suscettibili conoscessero il latino come io conosco quell’ebraico che lei mi accusa pubblicamente di non conoscere, saprebbero che il termine "perfidi" che risuona nella famosa preghiera del Venerdì Santo significa "senza fede" in Cristo. Adesso mi dica: le pare che in questa accezione, il termine "perfidi", sia equiparabile in gravità d’insulto a quello di bastardo nato da unione illegittima dato a Gesù e di prostituta dato a sua madre?
Dinanzi a una domanda più o meno simile rivolta da Andrea Tornielli al Presidente della Consulta dei Rabbini d’Italia, il Rabbino Capo Emerito di Milano s’arrampicò sugli specchi e rispose al celebre giornalista che forse, il Gesù e la Maria citati nel Talmud, potevano essere degli omonimi. Un lettore intervenne nel blog di Tornielli e a fronte di quella risposta sulla presunta omonimia domandò se il rabbino era per caso convinto che tutti i cristiani fossero totalmente imbecilli. Non pago di quell’amenità il rabbino affermò che certe invettive finite nel libro delle preghiere sinagogali nascevano in seguito alle persecuzioni dei cristiani contro gli ebrei [Il Giornale, 8.09.2007]. Dinanzi a cotanto ardire non esitai a rispondere coi dati alla mano: primo, la Chiesa ordinò il rogo del Talmud per contenuti osceni solo nel XIII Secolo, quando diversi ebrei, per fuggire al dispotismo opprimente delle loro Comunità, specie quelle spagnole, iniziarono a convertirsi e di seguito a rivelare i contenuti della letteratura rabbinica. Ossia furono gli ebrei - scrivo e documento - a mettere in mano alla Chiesa le fascine e la torcia incendiaria. Secondo, le persecuzioni verso gli ebrei iniziano secoli dopo la redazione di quelle frasi, molte risalenti addirittura a pochi decenni dopo la morte del Cristo, perché se i fatti storici non sono vaghe e manipolabili opinioni, gli ebreo-gesuani prima, i cristiani dopo, furono ferocemente perseguitati nei primi secoli sia dai romani sia dall’ortodossia rabbinica. Che dire poi delle dolci maledizioni contro i non ebrei stampate nei Siddurim (libri liturgici di preghiera) in uso tutt’oggi nelle Sinagoghe ortodosse, dove si invita a distruggere, sterminare e annientare tutto ciò che non è ebreo? Si potrebbe rispondere che si tratta di linguaggi arcaici da leggere e capire in contesti precisi e molto antichi. E io sono d’accordo. Esigo però accordo e comprensione anche per testi cristiani altrettanto arcaici e antichi, dove non c’è ombra alcuna d’invocazioni così aggressive e odiose.
Ora mi dica: in quale parte del Messale in uso nelle Chiese dell’intera Orbe cattolica affiorano frasi dove si prega Cristo Dio di maledire e sterminare tutti i nemici dei cattolici? Indichi queste frasi e andrò io stesso a battere i pugni sul tavolo presso la Santa Sede e a chiedere al Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti di provvedere a farle cancellare tutte e subito.
Una persona che facendo certe asserzioni mostra in maniera così palese di non aver letto una riga del mio libro e che mi imputa errori nei quali non sono caduto e dai quali anzi metto in guardia i cattivi interpreti, non può concludere se non con il vero e proprio linciaggio: "Non pare, del resto, che Levi di Gualdo sia in grado di accedere autonomamente ai testi talmudici, non avendo mai avuto una vera formazione ebraica e non possedendo né l’ebraico né tantomeno l’aramaico".
Chi le ha infuso queste sicurezze, Signor "S" ? Come osa e come si permette di dare giudizi così lapidari su una persona che lei non conosce e di cui ignora il percorso e la formazione? Lei sa che io sono in grado di cantare in metro sefardita l’intera Tefillah di Shabbat (liturgia del Sabato) che conosco quasi interamente a memoria, cosa che non sono in grado di fare e che non conoscono una media di almeno otto ebrei italiani su dieci, come qualsiasi rabbino le potrà con gran dispiacere confermare? Lei sa che io sono in grado di andare alla Tevah (altare/cattedra di lettura della Sinagoga) e di acclamare il Sefer Torah (Rotolo biblico del Pentateuco)? Lei sa che io posso citarle a memoria in ebraico molti passi della Torah e che a memoria conosco gran parte dei Salmi, a partire da quelli dividici? Legga riga per riga il mio lavoro e venga a dibattere con me, così potremo parlare della mia modesta preparazione e della sua immane presunzione tutta quanta sul “pare... sembra... si dice che...”.
Alla luce delle sublimi "verità" che lei ha deciso di rovesciare su di me e sul mio lavoro con due schizzi di fango lanciati in Internet, di grazia le domando: perché i diretti interessati non mi hanno mai invitato a una tavola rotonda davanti a un nutrito pubblico di esperti per smontare e smentire quel che ho scritto e per farmi come suol dirsi a pezzi? In compenso sembra però che siano stati operosi dietro le quinte a impedire che uscissero su certe testate nazionali recensioni sul mio libro. Proprio così Signor "S". Prima sono stato contattato da varie illustri firme del giornalismo italiano, poi, quando i giornalisti hanno presentato i loro pezzi in redazione, i direttori li hanno respinti perché già catechizzati a dovere all’insegna del motto - o forse della minaccia? - "non se n’ha da parlare". Ha presente le dinamiche della così detta "guerra preventiva"?
Che io non sia ammalato di complottismo si evince dalle mie righe dove sui complottisti faccio grande ironia. Lascio per ciò a lei, Signor “S”, la valutazione del testo di un messaggio nel quale un noto giornalista mi scrive sconfortato: "... sono venticinque anni che lavoro in questo giornale e mai i miei direttori avevano censurato un mio pezzo, né mi sarei immaginato che, alle soglie del pensionamento, un direttore giunto da poco tempo, che in età ha 20 anni meno di me, potesse farmi una cosa simile. Per professionalità e per età mi sono sentito umiliato". Uno storico italiano di fama internazionale che da anni firma pezzi su varie testate e che viene chiamato come esperto da una televisione all’altra, in una sua lettera mi scrive: "Sono sbigottito! Ben quattro giornali mi hanno negato la pubblicazione di una recensione. non mi era mai successa una cosa del genere".
Ecco, Signor "S", ci pensi bene a queste cose strettamente legate al diritto alla libertà di pensiero e di parola, nel nome della quale oggi è lecito colpire in modo bieco tutto ciò che è cattolico, permettendo al tempo stesso che esistano vere e proprie caste di agguerriti intoccabili pronti a censurare persino i pensieri potenzialmente pensati.
Semmai, quando su tutto questo avrà riflettuto, risponda in Rete con uno dei suoi preziosi interventi, perchè vede, se c’è una cosa che a me non manca sono i testimoni e le documentazioni rasenti l’incredibile legate al boicottaggio del mio libro. Semplice infatti il problema di fondo: dibattere con bugiardi e mistificatori è una pacchia, perché la falsità è facile da smentire; ma ciò che si regge bene in piedi e che alla luce dei fatti non si può smentire va invece messo a tacere.
Con questa lunga e dettagliata risposta non ho certo voluto dare a un anonimo l’attenzione che di per sé non merita, ho solo colto l’occasione per replicare in modo cumulativo ai mille spensierati che pensano di poter usare l’anonimato della Rete per linciare il loro prossimo. Mi sia concessa perlomeno la libertà di chiamare soggetti di tal fatta col loro nome: patetici uomini che sparano alle spalle col volto coperto e che fuggono subito di corsa senza dare la possibilità di farsi identificare.
La saluto con deferente osservanza Signor “S”, una “S” che potrebbe abbreviare i più disparati nomi e parole, persino Shalom!
Dico dunque a lei e a tutti: שלום
E che la Pace sia davvero con noi, glielo dice un cristiano consapevole del fatto che senza carità non possono esistere tutte le altre virtù. -Ma come scrivo all’inizio e alla fine del mio libro: “La carità è paziente e benigna, non dispera e non si adira. La carità è dunque tante cose, compreso l’ossequio alla verità”.
Capisce, Signor “S”: verità... quella verità che secondo il Santo Apostolo ci renderà liberi ma che secondo i Dottori del Gran Sinedrio resta ed è tutt’oggi un intollerabile affronto.
Chi ha costruito il proprio essere sulla negazione della verità che ci renderà liberi non potrà mai essere felice, non lo è stato ieri, non lo è oggi e non lo sarà domani.
Ecco perché io prego per la conversione del cuore dei “perfidi” giudei.
Ariel S. Levi di Gualdo
30.11.2007
Ariel, Ariel... mi hanno fatto leggere questa tua antica risposta. Purtroppo non è come il vino e invecchiando peggiora. Il Talmud non è composto da 63 trattati, bensì da 36 e mezzo. Ma non lo sai perché scopiazzi da Wikipedia. Non sai l’ebraico e non sai certamente l’aramaico. Il tuo metro sefardita e il tuo siddur e compagnia bella te lo sei imparato a memoria perché non sai leggere e per non farti cogliere impreparato ti sei imparato tutto a menadito. Complimenti, io non ci sarei mai riuscito. Tu lo sai e noi lo sappiamo. Gesù è chiamato "figlio illegittimo", non “bastardo", giusto per la cronaca.
Lassa perde’
A.V.
Israel Shahak (Hebrew: ישראל שחק, April 28, 1933 - July 2, 2001) was a Polish-born Israeli Professor of Chemistry at Hebrew University in Jerusalem, the former president of the Israeli League for Human and Civil Rights, and an outspoken critic of the Israeli government and of Israeli society in general. Shahak’s writings on Judaism have been the source of considerable controversy.
chimica??? controversso? de veramente buone sorgenti
I giovani erano tutti di Petah Tikva con un’età compresa tra 16 e 21 anni
Figli di immigrati russi con cittadinanza ebraica, torna in discussione la Legge del Ritorno
Israele sotto shock, scoperti neonazisti
"Aggredivano ortodossi, gay e punk" *
TEL AVIV - Israele sotto shock: arrestati dieci giovani di una cellula neo-nazista. L’inchiesta è durata un anno. I giovani, tutti immigrati negli ultimi anni dalla Russia, sono accusati di aver attaccato decine di persone e compiuto atti di vandalismo, fra cui la dissacrazione di una sinagoga.
Ora torna in discussione la cosiddetta Legge del Ritorno che permette anche a pronipoti di un ebreo di stabilirsi nel paese e ottenere la cittadinanza israeliana. I giovani vivevano tutti nella città di Petah Tikva, a est di Tel Aviv.
Durante la seduta di oggi dell’esecutivo israeliano, il ministro dell’industria e commercio Eli Ishai ha chiesto l’immediata revoca della cittadinanza e l’espulsione dal paese dei presunti criminali. Dal 1989 a oggi, grazie alla Legge del Ritorno, in Israele sono arrivate oltre un milione di persone dall’ex Unione Sovietica.
I giovani, tutti con un’età tra 16 e 21 anni, sono accusati di avere aggredito gay, lavoratori stranieri, ebrei ultraortodossi e ragazzi punk. Gli appartenenti al gruppo hanno anche incendiato alcune sinagoghe e sono stati autori di scritte filonaziste sui muri. A guidare la cellula sarebbe un giovane di 19 anni, Eli Boanitov.
La polizia ha sequestrato al gruppo anche un fucile delle forze armate israeliane, alcuni chilogrammi di esplosivo, dei filmati delle aggressioni e materiale di carattere neonazista.
* la Repubblica, 9 settembre 2007.