L’antiquario del Nord. I vecchi mobili, il Crocifisso in argento, gli arredi sacri di proprietà della Diocesi sono finiti su un camion diretto a Torino. Nell’ex capitale sabauda c’era infatti un “compare” pronto a comprarli. Lassù, in quello che fu il Regno di Sardegna, certe cose vengono pagate sempre a buon prezzo. Mai l’abate Gioacchino da Fiore - citato da Dante nella Divina Commedia - avrebbe immaginato che la sua città fosse costretta, un giorno, a sopportare un così grave oltraggio. Un furto sacrilego destinato a impoverirla per sempre di beni di eccezionale valore. Per la strana storia dei beni spariti dall’Abbazia Florense e dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie è stato condannato, ieri, a un anno di reclusione (pena sospesa) dal gup di Cosenza, Salvatore Carpino, l’ex parrocco di San Giovanni in Fiore, don Franco Spadafora. Il sacerdote, difeso dagli avvocati Vittoria Bossia e Leo Morabito, è stato giudicato con il patteggiamento. Un patteggiamento per il quale aveva prestato il proprio consenso il pm Giuseppe Cozzolino, autore dell’inchiesta all’ordine del procedimento giudiziario. Era stato l’abate succeduto a Spadafora, don Germano Anastasio, a svelare coraggiosamente ai carabinieri del Nucleo di tutela del patrimonio culturale quanto era accaduto nel volgere d’una decina di anni. Il religioso, insediatosi alla guida della prestigiosa parrocchia che fu dell’abate Gioacchino, s’era infatti accorto, con il passare del tempo, che un immenso patrimonio, regolarmente catalogato, era letteralmente svanito nel nulla. L’elenco dei beni illecitamente distratti fa impressione: otto calici d’oro del Seicento, reliquari in argento del Settecento, quadri dello stesso periodo, statue di Santi, mobili antichi... Il valore dei beni sottratti alla chiesa supererebbe i seicentomila euro. Don Germano aveva subito avvertito l’arcivescovo Salvatore Nunnari e poi le forze dell’ordine. Il capitano Raffaele Giovinazzo, dopo aver interrogato l’abate e acquisito informazioni da don Santo Canonaco pure lui per un breve periodo in servizio nella città silana, aveva successivamente proceduto al sequestro di tutti gli atti riferibili al “tesoro” finito in larga parte in Piemonte. Non solo: le indagini si erano presto spostate anche su due altre piste di non trascurabile importanza. Si trattava, in particolare, della vendita dei loculi cimiteriali riservati ai poveri, agli ospiti d’una casa di riposo ed ai religiosi di San Giovanni in Fiore gestiti dalla parrocchia. Loculi che sarebbero stati ceduti a gente comune dietro regolare compenso. Delle somme incassate però don Germano Anastasio non ha poi trovato traccia. La vendita è stata tuttavia documentalmente dimostrata dall’esistenza di scritture private reperite e acquisite dagli investigatori della Benemerita. L’altro filone si riferiva, invece, alla cessione di fondi rustici della parrocchia posti in territorio di Rocca di Neto (Crotone). Fondi di cui la chiesa disponeva per via di lasciti e donazioni che sono stati venduti a privati con l’obiettivo di reperire risorse economiche da destinare agli indigenti. Risorse poi non utilizzate per questo scopo. I carabinieri, nel marzo dello scorso anno, avevano ritrovato a Torino un Crocifisso in argento e un confessionale del Settecento che facevano parte del patrimonio dell’Abbazia Florense e della chiesa di Santa Maria delle Grazie. Don Franco Spadafora, parroco fino al 2006 di San Giovanni in Fiore, dopo essere stato formalmente indagato dalla procura di Cosenza per truffa (in relazione alla vendita dei loculi) e appropriazione indebita (in merito alla sparizione degli arredi sacri e delle opere d’arte), ha confessato ogni cosa. Scegliendo di definire la propria posizione con il rito alternativo. Ieri la condanna.
Arcangelo Badolati
Dalla Gazzetta del Sud dell’8 febbraio 2012
CalabriaOra.it | : Il prete che trafficava loculi
Il prete che trafficava loculi =========================================================================== redazione on 08/02/2012 18:17:00
Ha patteggiato una pena a un anno di reclusione don Franco Spadafora, ex parroco della chiesa di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni in Fiore. Si chiude così una brutta storia iniziata sette anni fa che lo aveva visto finire sotto processo per truffa e appropriazione indebita in seguito a un’inchiesta del sostituto procuratore Giuseppe Cozzolino. Il sacerdote, in pratica, ha ceduto in maniera fraudolenta beni appartenenti alla chiesa.
Ma la cosa più grave è che ha venduto loculi cimiteriali affidati dal Comune alla parrocchia per la sepoltura dei meno abbienti. L’udienza si è svolta ieri a Palazzo di giustizia (gip Livio Cristofano). La vicenda ruota intorno alla scomparsa di beni per un valore complessivo di 30 mila euro, sottratti al patrimonio della chiesa di Santa Maria delle Grazie di San Giovanni in Fiore: ostensori, tele, pissidi, candelabri, inginocchiatoi, persino un confessionale in legno del 1.700 e un crocifisso d’argento del secolo successivo. Le indagini - svolte dai carabinieri del nucleo tutela patrimonio artistico di Cosenza - iniziarono dopo il trasferimento di don Franco Spadafora in altra parrocchia. Fu il nuovo parroco ad accorgersi che mancavano alcuni oggetti sacri e presentò una denuncia ai carabinieri. Gli oggetti sarebbero stati venduti in un circuito illegale di oggetti d’antiquariato. Gli investigatori fecero accertamenti su un restauratore riuscendo a individuare alcuni collezionisti piemontesi che avevano acquistato gli oggetti. Il processo conclusosi ieri con il patteggiamento della pena rappresenta lo stralcio di un altro procedimento che vede indagato anche monsignor Leonardo Bonanno, attuale vescovo della diocesi di San Marco Argentano (alla quale appartiene la parrocchia di San Giovanni in Fiore). Il religioso, originario del comune silano, è accusato di aver violato il segreto istruttorio proprio nell’ambito dell’inchiesta su don Franco Spadafora. In qualità di vicario generale della curia cosentina aveva appreso delle indagini e aveva avvertito il parroco di santa Maria delle Grazie. Era successo, infatti, che la Procura di Cosenza aveva chiesto alla diocesi la consegna di alcuni documenti venendo così a sapere delle indagini da monsignor Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza. Oltre a monsignor Bonanno erano indagate altre 4 persone: il commercialista Raffaele Scalabrino, il restauratore Vincenzo Fragale, il geometra Tommaso De Marco e l’impiegato della Provincia di Cosenza Pasqualino Garofalo. Durante le indagini don Franco Spadafora confessò di di aver ceduto oggetti sacri e arredi al restauratore, raccontando anche il ruolo avuto dal geometra nella vendita di un terreno a Rocca di Neto, lasciato in eredità alla parrocchia di San Giovanni in Fiore. I motivi che hanno spinto il prete a vendere oggetti sacri, arredi della chiesa e addirittura i loculi del cimitero non sono stati mai chiariti. L’avvocato di don Franco Spadafora, Vittoria Bossio, non ha voluto rilasciare dichiarazioni.
Alessandro Bozzo