San Giovanni in Fiore

Condannato l’ex parroco Franco Spadafora. È reo confesso. Ricostruito dai carabinieri il percorso seguito dai beni sottratti all’Abbazia Florense

di Argangelo Badolati, Gazzetta del Sud
giovedì 23 febbraio 2012.
 

L’antiquario del Nord. I vecchi mobili, il Crocifisso in argento, gli arredi sacri di proprietà della Diocesi sono finiti su un camion diretto a Torino. Nell’ex capitale sabauda c’era infatti un “compare” pronto a comprarli. Lassù, in quello che fu il Regno di Sardegna, certe cose vengono pagate sempre a buon prezzo. Mai l’abate Gioacchino da Fiore - citato da Dante nella Divina Commedia - avrebbe immaginato che la sua città fosse costretta, un giorno, a sopportare un così grave oltraggio. Un furto sacrilego destinato a impoverirla per sempre di beni di eccezionale valore. Per la strana storia dei beni spariti dall’Abbazia Florense e dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie è stato condannato, ieri, a un anno di reclusione (pena sospesa) dal gup di Cosenza, Salvatore Carpino, l’ex parrocco di San Giovanni in Fiore, don Franco Spadafora. Il sacerdote, difeso dagli avvocati Vittoria Bossia e Leo Morabito, è stato giudicato con il patteggiamento. Un patteggiamento per il quale aveva prestato il proprio consenso il pm Giuseppe Cozzolino, autore dell’inchiesta all’ordine del procedimento giudiziario. Era stato l’abate succeduto a Spadafora, don Germano Anastasio, a svelare coraggiosamente ai carabinieri del Nucleo di tutela del patrimonio culturale quanto era accaduto nel volgere d’una decina di anni. Il religioso, insediatosi alla guida della prestigiosa parrocchia che fu dell’abate Gioacchino, s’era infatti accorto, con il passare del tempo, che un immenso patrimonio, regolarmente catalogato, era letteralmente svanito nel nulla. L’elenco dei beni illecitamente distratti fa impressione: otto calici d’oro del Seicento, reliquari in argento del Settecento, quadri dello stesso periodo, statue di Santi, mobili antichi... Il valore dei beni sottratti alla chiesa supererebbe i seicentomila euro. Don Germano aveva subito avvertito l’arcivescovo Salvatore Nunnari e poi le forze dell’ordine. Il capitano Raffaele Giovinazzo, dopo aver interrogato l’abate e acquisito informazioni da don Santo Canonaco pure lui per un breve periodo in servizio nella città silana, aveva successivamente proceduto al sequestro di tutti gli atti riferibili al “tesoro” finito in larga parte in Piemonte. Non solo: le indagini si erano presto spostate anche su due altre piste di non trascurabile importanza. Si trattava, in particolare, della vendita dei loculi cimiteriali riservati ai poveri, agli ospiti d’una casa di riposo ed ai religiosi di San Giovanni in Fiore gestiti dalla parrocchia. Loculi che sarebbero stati ceduti a gente comune dietro regolare compenso. Delle somme incassate però don Germano Anastasio non ha poi trovato traccia. La vendita è stata tuttavia documentalmente dimostrata dall’esistenza di scritture private reperite e acquisite dagli investigatori della Benemerita. L’altro filone si riferiva, invece, alla cessione di fondi rustici della parrocchia posti in territorio di Rocca di Neto (Crotone). Fondi di cui la chiesa disponeva per via di lasciti e donazioni che sono stati venduti a privati con l’obiettivo di reperire risorse economiche da destinare agli indigenti. Risorse poi non utilizzate per questo scopo. I carabinieri, nel marzo dello scorso anno, avevano ritrovato a Torino un Crocifisso in argento e un confessionale del Settecento che facevano parte del patrimonio dell’Abbazia Florense e della chiesa di Santa Maria delle Grazie. Don Franco Spadafora, parroco fino al 2006 di San Giovanni in Fiore, dopo essere stato formalmente indagato dalla procura di Cosenza per truffa (in relazione alla vendita dei loculi) e appropriazione indebita (in merito alla sparizione degli arredi sacri e delle opere d’arte), ha confessato ogni cosa. Scegliendo di definire la propria posizione con il rito alternativo. Ieri la condanna.

Arcangelo Badolati

Dalla Gazzetta del Sud dell’8 febbraio 2012


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