di FS
Così potrebbe essere presentata l’ultima iniziativa nel nostro Governo che porta in calce le firme del Ministro della Difesa Ignazio La Russa, della ministra dei Giovani Giorgia Meloni e quella del Ministro dell’Economia Giulio Tremonti e che prevede l’istituzione di un fondo per organizzare corsi di formazione delle Forze Armate.
Come tanti giovani Balilla del fascismo, i ragazzi verranno invitati per un soggiorno di tre settimane all’interno delle caserme e lì verranno resi dotti sulla meravigliosa arte della guerra; potranno maneggiare armi e seguire le lezioni in cui si presenteranno le finalità e i compiti istituzionali dei soldati di professione, che notoriamente sono partecipare a “missioni internazionali di pace a salvaguardia degli interessi nazionali, di contrasto del terrorismo internazionale, di soccorso alle popolazioni locali e di concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni, in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza”.
Ciò vuol dire che con un indottrinamento scientifico e con una propaganda degna davvero del regime fascista, le nostre future generazioni impareranno che se il fine è la pace ogni mezzo è lecito, che la guerra è buona e giusta, che il valore di una nazione si misura con la forza e che si può portare solidarietà con i carri armati e con le bombe. Quello che sembrava essere solo un disegno di legge depositato, nel silenzio più assoluto, lo scorso aprile, rischia di essere approvato all’interno della maxi-manovra finanziaria, ovviamente senza possibilità di discuterne in Parlamento. E così, se da un lato si chiede agli italiani di fare sacrifici per superare la crisi economica, dall’altro Tremonti da il via libera allo stanziamento di, udite udite, 20 milioni di euro, per quella che è stata definita, dagli stessi ministri proponenti, una sperimentazione importante per il progresso del nostro Paese e “un’esperienza di vita unica che contribuirà ad avvicinare i giovani ai valori delle Forze Armate, con corsi di formazione specifici al rispetto e alla difesa dei valori costituzionali”.
In realtà l’obiettivo sottaciuto è quello di stimolare e invogliare i ragazzi e le ragazze a preferire la carriera militare all’inevitabilmente infruttuoso percorso scolastico ed universitario e al conseguente precariato post-diploma o post-laurea. In questo modo si ottiene anche il non secondario effetto di assicurarsi per il futuro, essendo venuto meno l’obbligo di leva, una schiera di soldatini-Balilla pronti a dare battaglia per l’amor di Patria. La partecipazione ai corsi di formazione delle Forze Armate, mi preme avvertire gli aspiranti combattenti, è però riservata solo ai giovani più meritevoli, atleticamente preparati, fisicamente prestanti, che hanno un titolo di studio elevato e che risiedono nelle aree preposte al reclutamento Una selezione davvero scrupolosa.
Mentre la scuola pubblica muore a causa dei tagli imposti dalla riforma Gelmini e il Mezzogiorno (e non solo) affonda sotto il peso della disoccupazione, il Governo pensa a potenziare le “istituzioni alternative”, e a ridare lustro ad una professione che sembra aver perso quell’aura di sacralità da sempre celebrata dal sentimento nazionalista.
Siamo certi che durante i corsi di formazione delle Forze Armate non ci sarà spazio per la spiegazione dell’articolo 11. Ma d’altronde chi potrebbe osare dire che l’Italia “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”?
Chissà, magari uno degli studenti, quello più coraggioso, si alzerà e chiederà al comandante di turno: “scusi, mi spiega cosa facciamo in Afghanistan?”. Quella sì che sarebbe una grande lezione. Di vita.