UN SINDACO FEDELE ALLA COSTITUZIONE, UN SINDACO FEDELE ALL’UMANITA’ *
Riferisce l’Ansa - che riporta anche la relativa documentazione fotografica - che il sindaco di Messina, Renato Accorinti, in occasione della celebrazione del 4 novembre ha esposto la bandiera arcobaleno della pace recante il testo dell’incipit dell’articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana: "L’Italia ripudia la guerra".
Il sindaco di Messina ha inoltre rivolto un appello a tutti i sindaci per la pace e il disarmo, citando le memorabili parole di Sandro Pertini e richiamando al rispetto dell’articolo 11 della Costituzione.
Al sindaco di Messina la nostra gratitudine. Al sindaco di Messima la gratitudine dei cittadini italiani fedeli alla Costituzione.
Al sindaco di Messina la gratitudine dell’umanita’.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Solo la nonviolenza puo’ salvare l’umanita’ dalla catastrofe.
* Il gruppo di lavoro su "La nonviolenza in Italia oggi" Viterbo, 4 novembre 2013
MIRACOLO A MESSINA
di PEPPE SINI*
Questo 4 novembre e’ avvenuto un miracolo a Messina. Che e’ poi il secondo miracolo, il primo e’ stato mesi addietro quando dalla cittadinanza e’ stato eletto sindaco Renato Accorinti, amico della nonviolenza, animatore del comitato "No al ponte".
Ed e’ stato proprio il sindaco Renato Accorinti ad aver realizzato questo secondo miracolo: nella celebrazione istituzionale del 4 novembre ha finalmente fatto risuonare la voce della Repubblica italiana che ripudia la guerra, la voce dell’umanita’ straziata da tutte le stragi, la voce della ragione, la voce della civilta’: la voce che dice no alla guerra, no alle uccisioni, si’ all’umana solidarieta’, si’ al riconoscimento che tutti gli esseri umani sono fratelli.
Verra’ un tempo, e noi lavoriamo affinche’ giunga presto, in cui tutte le celebrazioni del 4 novembre saranno come quella del sindaco di Messina, in cui in tutta Italia il 4 novembre, anniversario della fine della "inutile strage" della prima guerra mondiale, nel ricordo delle vittime di tutte le guerre si affermera’ il dovere di non uccidere, il dovere di salvare le vite.
Verra’ un tempo in cui l’umanita’ si sara’ liberata dagli eserciti e dalle armi, e guardando al passato provera’ stupore di tanta e tanto atroce follia.
Al sindaco di Messina il nostro ringraziamento per il suo profetico gesto.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
La nonviolenza e’ in cammino.
*
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 1447 del 5 novembre 2013
Commemorazioni del 4 novembre e bandiera della pace
di Giancarla Codrignani *
Ieri era il 4 dedicato alle "Forze Armate". Un sindaco con la bandiera della pace e la maglietta ha fatto scalpore perché i carabinieri non hanno gradito. A me viene un po’ da ridere: in anni lontani - non c’era ancora stato il "sessantotto" - alcuni studenti bolognesi si incontravano nella chiesa valdese metodista (a quell’epoca i cappellani militari avevano portato in tribunale don Milani e p. Balducci sostenitori dell’obiezione di coscienza al servizio militare allora obbligatorio) per ragionare di nonviolenza e, appunto, di quell’obiezione che interpellava la coscienza nei confronti di un principio costituzionale (e non di una sempre riformabile legge).
Questi ragazzi (uno di loro oggi è magistrato) decisero di uscire e rivolgersi all’opinione pubblica proprio il 4 novembre, il giorno dell’ "inutile strage" (26 milioni di vittime, metà civili), inutile perché i vantaggi acquisiti si potevano ottenere al tavolo negoziale preliminare, che comunque portò alla "vittoria" dell’Italia. Il volantino - non pregevolissimo nello stile pensava la prof. cofirmataria - diceva che la guerra non era una bella trovata e che non si capiva perché solennizzare una guerra.
In piazza Maggiore i futuri obiettori furono fermati e denunciati per vilipendio: un pretore intelligente - Mario Antonacci, da poco scomparso - informò questura e cittadini con una "declaratoria immediata" che il volantino diceva solo cose che stavano in tutti i libri di scuola. Forse è stata il mio primo intervento davvero "politico"; comunque, in sostanza, sono rimasta lì. E mi viene da ridere ancora vedendo il carabiniere che si allontana, offeso per un sindaco ingenuo come tutti quelli che dicono che il re è nudo.
Invece fa piangere il narcisismo dell’attuale ministro della difesa Mario Mauro che si esibisce pieno di orgoglio muscolare nella propaganda dell’investimento (perdente) italiano per una dotazione militare che altri paesi ritengono inutile. La foto pubblicitaria dice, testuale: "To love peace, you must arm peace. F35 does that". L’inglese elementare dice che "per amare la pace la si deve armare, cosa che fanno appunto gli F35". Intanto istalliamo a Niscemi la base di rilevamento satellitare che controllerà tutte le operazioni internazionali da parte della difesa Usa.
Forse le commemorazioni del 4 novembre1918 (che aveva giurato "mai più") sono un po’ superate, Bisognerebbe rammentarlo anche al presidente della Repubblica: le forze armate hanno la sola funzione prevista dall’articolo undici, su cui deve vigilare il Parlamento.
*
WWW,FINESETTIMANA.ORG, 5 novembre 2013
Grande Sindaco: qualcuno richiede azioni legali nei sui confronti ! Sarà in buona compagnia ! Don Milani è stato già condannato !
Invito tutti coloro che si scandalizzano del suo gesto, compreso Buttafuoco che ha scritto un articolo su : Il foglio a leggere:
Assassinate l’assassino. Henry Miller : Ricordati di ricordare pag. 126-196
Ogni nuova libertà, non c’è dubbio, comporterà qualche milione di morti, oltre alla distruzione delle nostre città principali. Ma, se conquistiamo dieci o dodici libertà, non conteranno i milioni di vite sacrificate, né il numero delle città distrutte. Dopo tutto, possiamo sempre fare bambini, e possiamo sempre costruire nuove città: bambini migliori, città migliori. Se siamo stati capaci di omogenizzare e pastorizzare il latte di vacca, certo troveremo il modo di omogenizzare e pastorizzare la mente dei nostri figli. Se dobbiamo distruggere tutto ciò che è in piedi ora, compreso il Vaticano, ne varrà la pena.
Quel che vogliamo è un mondo in cui la guerra sia inconcepibile.
Camus, punti fermi per evitare lo scontro di civiltà
Un testo inedito del 1946 del grande scrittore francese
di Albert Camus (Avvenire, 4 novembre 2013)
Oggi sappiamo che non esistono più isole e che le frontiere sono inutili. Sappiamo che in un mondo in continua accelerazione, nel quale l’Atlantico si attraversa in meno di un giorno e Mosca parla con Washington in poche ore, noi siamo costretti, a seconda dei casi, alla solidarietà o alla complicità.
Negli anni Quaranta una cosa l’abbiamo imparata: l’ingiuria fatta a uno studente di Praga colpiva allo stesso modo l’operaio di Clichy e il sangue sparso sulle rive di un fiume dell’Europa centrale doveva portare un contadino del Texas a versare il proprio sul suolo di quelle Ardenne che avrebbe visto per la prima volta.
Non c’era, come non c’è, una sola sofferenza isolata, una sola tortura in questo mondo, che non si ripercuota nella nostra vita di ogni giorno. Molti americani vorrebbero vivere rinchiusi nella loro società che considerano buona. Forse molti russi vorrebbero proseguire nell’esperienza statalista, separati dal mondo capitalista. Non possono, non lo potranno mai. Alla stessa stregua, nessun problema economico, per quanto appaia secondario, è risolvibile oggi al di fuori della solidarietà tra le nazioni. Il pane d’Europa è a Buenos Aires, le macchine utensili della Siberia sono fabbricate a Detroit.
Oggi la tragedia è collettiva. Sappiamo allora tutti, senz’ombra di dubbio, che il nuovo ordine che cerchiamo non può essere solo nazionale e neppure continentale, e soprattutto non può essere occidentale o orientale. Deve essere universale. Non è più possibile sperare in soluzioni parziali o in concessioni. Quello che viviamo è il compromesso, vale a dire l’angoscia per l’oggi e l’assassinio per domani.
Intanto, la velocità della storia e del mondo non fa che aumentare. I ventuno sordi, futuri criminali di guerra, che discutono oggi di pace, si scambiano noiosi dialoghi, tranquillamente seduti sul bordo della rapida che li trascina verso il baratro a mille chilometri all’ora. Sì, quest’ordine universale è l’unico problema del momento, quello che travalica tutte le discussioni sulla costituzione e la legge elettorale, che pretende da noi l’applicazione di tutte le nostre risorse d’intelligenza e di volontà.
Quali sono oggi i mezzi per raggiungere tale unità del mondo, per realizzare questa rivoluzione internazionale, in cui le risorse umane, le materie prime, i mercati commerciali e le ricchezze spirituali possano essere meglio ridistribuite? Il mondo può essere unificato dall’alto da un unico Stato più potente degli altri. A questo ruolo possono aspirare la Russia e l’America.
Io, come nessuno di quelli che conosco, non ho niente da controbattere all’idea sostenuta da alcuni, secondo la quale la Russia e l’America hanno i mezzi per regnare e unificare il mondo a immagine e somiglianza delle proprie società.
La cosa mi ripugna in quanto francese e ancora di più in quanto mediterraneo, ma non terrò in nessun conto questi argomenti sentimentali. È a tutti evidente che il pensiero politico si trova sempre più superato dagli eventi. I francesi, per esempio, avevano cominciato la guerra del 1914 con i mezzi di quella del 1870 e la guerra del 1939 con i mezzi del 1918. Ma va detto che il pensiero anacronistico non è una specialità francese.
Basterà qui sottolineare che, in pratica, le grandi politiche odierne pretendono di regolare il futuro del mondo mediante principi formatisi nel Settecento, per quanto riguarda il liberalismo capitalista, e nell’Ottocento per quanto riguarda il socialismo cosiddetto scientifico. Nel primo caso un pensiero nato nei primi anni dell’industrialismo moderno e, nel secondo, una dottrina contemporanea all’evoluzionismo darwiniano e all’ottimismo renaniano si propongono di adattarsi all’epoca della bomba atomica, delle brusche mutazioni e del nichilismo. Non si potrebbe illustrare meglio il ritardo sempre più disastroso che si produce tra pensiero politico e realtà storica.
Certo, lo spirito è sempre in ritardo rispetto al mondo. La storia corre mentre lo spirito medita. Ma questo inevitabile ritardo oggi aumenta in ragione dell’accelerazione storica. Il mondo è cambiato molto di più negli ultimi cinquant’anni che nei due secoli precedenti. Oggi lo si vede accanirsi a regolare problemi di frontiera, quando tutti i popoli sanno che le frontiere sono arbitrarie. È sempre il principio di nazionalità che ha fatto finta di prevalere alla conferenza dei Ventuno.
Dobbiamo tenere conto di questo nella nostra analisi della realtà storica. Oggi concentriamo le nostre riflessioni sul problema tedesco, che è secondario rispetto allo scontro tra imperi che ci minaccia. Ma se domani noi concepissimo soluzioni internazionali in funzione del problema russo-americano, rischieremmo un’altra volta di trovarci sorpassati. Lo scontro tra gli imperi è già sul punto di diventare secondario rispetto allo scontro tra civiltà. Le civiltà coloniali, infatti, fanno sentire da ogni parte la propria voce.
Tra dieci anni, tra cinquant’anni, sarà la preminenza della civiltà occidentale a essere messa in discussione. Tanto vale, perciò, pensarci subito e aprire il Parlamento mondiale a queste civiltà, perché la sua legge diventi davvero universale e universale sia l’ordine ch’essa sancisce.
Sì, oggi quelli che vanno combattuti sono il silenzio e la paura, e con essi la separazione che provocano delle menti e delle anime. Quelli che vanno difesi sono il dialogo e la comunicazione tra tutti gli esseri umani. La schiavitù, l’ingiustizia, la menzogna sono le piaghe che spezzano questa comunicazione e impediscono il dialogo. Per questo dobbiamo rifiutarle. Ma queste piaghe sono ancor oggi la sostanza stessa della storia e per questo molti le considerano mali necessari. È bensì vero che noi non possiamo sottrarci alla storia, che ne siamo immersi fino al collo. Ma possiamo pretendere di lottare nella storia per preservare quella parte dell’uomo che non le appartiene.
Albert Camus