LA TEOLOGIA DELLA GRAZIA ("CHARIS") DI DIO ("CHARITAS") E LA TEOLOGIA E LA POLITICA DEL MENTITORE. IN VATICANO, AL GOVERNO DELLA CHIESA UN PAPA CHE PREDICA CHE GESU’ E’ IL FIGLIO DEL DIO "MAMMONA" ("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006)!!!
TRUCCATA LA PAROLA DI DIO, TUTTO E’ POSSIBILE! TRUCCATO ANCHE IL DOCUMENTO ANTI-PEDOFILIA DEL "2003"! Una richiesta di chiarimenti a padre Lombardi di Paolo Flores D’Arcais
Le “linee guida” sono un testo che risale interamente al 2003, “attribuibile all’allora cardinal Ratzinger”, o sono state introdotte modificazioni e/o interpolazioni nei giorni precedenti la pubblicazione on line? Se l’ordine del Vaticano era di rispettare le leggi civili di ciascun paese, come mai nessun vescovo ha denunciato un prete pedofilo anche nei paesi dove tale denuncia è obbligatoria? Una rivolta di quei vescovi contro il volere del Papa? (...)
( Federico La Sala)
Il documento anti-pedofilia:
Autentico o riveduto e corretto?
Lettera a padre Lombardi sul regolamento del vaticano
È urgente una risposta cristallina
«Le chiedo se il testo reso noto nei giorni scorsi esistesse già nel 2003, parola per parola, virgola per virgola»
di Paolo Flores d’Arcais (il Fatto, 20.04.2010)
Caro Padre Lombardi
nell’aprile del 2001, quando ricopriva la carica di direttore della Radio Vaticana, lei ebbe la bontà di collaborare alla rivista MicroMega, accettando un dialogo su un tema spinoso e affrontandolo con chiarezza. Sono certo che con il passare degli anni tanto la sua bontà che la sua chiarezza si siano solo accresciute, parallelamente all’accrescersi delle sue funzioni, che lo hanno portato ad essere oggi responsabile della Sala Stampa vaticana, cioè di tutta la comunicazione che riguarda il Sommo Pontefice e le Congregazioni della Chiesa. Per questo le chiedo oggi di avere la bontà di rispondere con chiarezza a una serie di aggrovigliati interrogativi che non riesco a sbrogliare e che riguardano la conferenza stampa nella quale ha dato conto delle cosiddette “linee guida” a cui vescovi e sacerdoti devono attenersi in tutto il mondo nelle circostanze, purtroppo non infrequenti, di casi di pedofilia ecclesiastica.
Quasi tutti i giornali e i siti internet hanno riportato questo incipit-sintesi della sua conferenza stampa: “Obbligo di denuncia dei preti pedofili all’autorità civile e, nei casi più gravi, un intervento diretto del Papa per ridurre i colpevoli allo stato laicale, senza processo e senza possibilità di revoca”. Perchè il giorno dopo, quando è tornato sull’argomento, non ha smentito quell’incipit-sintesi, dovuto all’agenzia Ansa, accreditandola invece con il suo silenzio? Nessun “obbligo di denuncia” è infatti mai stato imposto dal Vaticano. Al contrario.
E con ciò arriviamo alla seconda domanda. Chi è l’autore delle “linee guida” che sono improvvisamente comparse on line sul sito del Vaticano il 10 aprile? “Si tratta di linee guida risalenti al 2003, e che quindi - spiega sempre il Vaticano - sono attribuibili all’allora capo della Congregazione, Joseph Ratzinger”. Questa affermazione è un infortunio di agenzia, o davvero è stato lei a pronunciarla?
“Linee guida” senza data e senza firma
In tal caso infatti il groviglio si infittisce, poiché le “linee guida” sono un testo in inglese senza data, senza firma, senza protocollo, tutti elementi che non mancano mai nei documenti vaticani, tra i più formali che le cancellerie del mondo conoscano. La lingua ufficiale del Vaticano è il latino, usato perfino nella corrispondenza tra prelati, vedi la famosa lettera del card. Ratzinger al vescovo di Oakland, che il New York Times ha scoperto e pubblicato come prova di un atteggiamento omissivo. Che cosa significa, dunque, che le “linee guida” risalgono al 2003 e sono attribuibili al card. Ratzinger?
In buon italiano vuol dire che il testo - esattamente quel testo - è stato redatto sette anni fa, e che l’estensore materiale è il card. Ratzinger o almeno il suo staff sotto il suo controllo. Può confermarmi con chiarezza inequivocabile che le cose sono andate così? Perché da altre sue parole non sembrerebbe. Tutti i giornali hanno infatti riportato, con la solita unanimità verbatim, che “sempre la Sala Stampa ha riferito che, nel 2003, la Congregazione per la Dottrina della Fede si era data una sorta di regolamento interno mai finora pubblicato e che ora, nella sua sintesi divulgativa, è stato reso noto per la prima volta sul sito della Santa Sede”.
Qui gli enigmi sono due. Nel 2003 la Congregazione si è data un “regolamento interno”, cioè una interpretazione operativa della sua istruzione del 2001 intorno ai Delicta graviora, oppure no? “Una sorta di” è espressione davvero incongrua, soprattutto nel mondo di certosina precisione delle procedure canoniche. Si intendono disposizioni date oralmente dal cardinal Prefetto? O di diverse interpretazioni date per iscritto caso per caso? O di una interpretazione in progress, che attraverso disposizioni orali o scritte è andata evolvendo?
Sono state fatte interpolazioni?
Secondo enigma. Le “linee guida” sono una “sintesi divulgativa”, e passi. Ma è stata scritta allora, nel 2003, o è stata scritta oggi? O in parte allora, ma con qualche interpolazione di oggi? Differenze non di poco conto. Perchè il modo in cui lei ha presentato le “linee guida” “attribuibili all’allora cardinal Ratzinger” inducono il lettore a immaginare che questa “sintesi divulgativa” sia stata scritta allora, sia perciò un documento storico. Ma se andiamo a guardare con attenzione alla sintassi, viene il dubbio che, in modo alquanto contorto, la Sala Stampa, cioè lei, ci lasci aperta la porta per l’interpretazione opposta. “Mai finora pubblicato” si riferirebbe insomma solo alla “sorta di regolamento interno”, che ora verrebbe “reso noto per la prima volta” non già in quanto tale (perché informale, e dunque non esistente nella forma di un testo scritto) ma “nella sua sintesi divulgativa”, dove l’azione divulgativa è quella della stessa Sala Stampa. Può su questo, caro Padre Lombardi, avere la bontà di darmi una risposta cristallina, ispirata a quell’evangelico “il tuo dire sia sì sì, no no, perché il di più viene dal demonio” (Matteo 5) che un ateo come me sommamente apprezza?
Le perentorie dichiarazioni del cardinal Castrillon Hoyos, secondo cui Papa Wojtyla aveva approvato la lettera inviata a Mons. Pican, vescovo di Bayeux-Lisieux, di felicitazone e piena solidarietà per il suo rifiuto di denunciare alla giustizia francese un prete pedofilo (omessa denuncia che gli era costata tre mesi con la condizionale) rendono una sua riposta cristallina assolutamente necessaria e urgente.
Se davvero la linea della Chiesa era già allora di uniformarsi ai codici penali nazionali, il Papa Giovanni Paolo II sarebbe stato il primo a violarla! Il che suona una “contradictio in adiecto”. E dunque (mai come in questo caso repetita iuvant): non le chiedo di sapere se la sostanza del documento (in inglese, anonimo e senza data, pubblicato sul sito del Vaticano come “Guide to Understanding Basic CDF Procedures concerning Sexual Abuse Allegations”) coincide con la presunta “sorta di regolamento interno”.
Le chiedo se il testo messo on line nei giorni scorsi esisteva già parola per parola e virgola per virgola o è stato scritto/modificato/interpolato nei giorni scorsi. La necessità di una risposta “sì sì, no no” riguarda soprattutto la frase chiave: “Va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte”, che a una sommaria analisi filologica suona eterogenea rispetto al resto del testo, tutto riferito alle procedure del diritto canonico.
La frase chiave sembra estranea
Se il testo è del 2003, non si capisce perché non sia stato datato, e soprattutto in che cosa sarebbe diverso dalla “sorta di regolamento interno”. Il fatto che invece la Sala Stampa, cioè lei, ne abbia parlato come di due realtà diverse, l’una sintesi dell’altra, fa propendere verso l’ipotesi di una rielaborazione attuale. Ma se così fosse, non averlo detto chiaramente, anche dopo che tutti i media mostravano di aver inteso il carattere storico-autentico delle “linee guida”, rasenterebbe la disinformacija. Sospetto a cui non voglio indulgere neppure per un attimo, e per dissolvere il quale le scrivo questa lettera.
Ricordandola sempre con affetto,
suo Paolo Flores d’Arcais (20 aprile 2010)
il Fatto, 20.04.2010
Le quattro domande cruciali
Le “linee guida” sono un testo che risale interamente al 2003, “attribuibile all’allora cardinal Ratzinger”, o sono state introdotte modificazioni e/o interpolazioni nei giorni precedenti la pubblicazione on line? Se l’ordine del Vaticano era di rispettare le leggi civili di ciascun paese, come mai nessun vescovo ha denunciato un prete pedofilo anche nei paesi dove tale denuncia è obbligatoria? Una rivolta di quei vescovi contro il volere del Papa? Perché Karol Wojtyla ha approvato la lettera con cui il cardinal Castrillon Hoyos si felicitava e solidarizzava con il vescovo di Bayeux-Lisieux mons. Pierre Pican che non avendo denunciato un prete pedofilo era stato condannato dalla giustizia francese a tre mesi con la condizionale? Il Papa contro il Papa? O addirittura il cardinal Ratzinger contro Giovanni Paolo II? Perché non vengono aperti gli archivi della Congregazione della dottrina della fede sui casi di pedofilia, e consegnati alle autorità giudiziarie, in modo che anche la giustizia terrena possa fare il suo corso, secondo le leggi vigenti in ciascun paese?
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Pedofili, incoerenze papali
Contro la pedofilia dei suoi preti, sembra proprio che Ratzinger voglia fare sul serio. Perché allora continua a occultare la verità sul passato e ha messo online un falso?
di Paolo Flores d’Arcais (il Fatto, 28.04.2010
Contro la pedofilia dei suoi preti, sembra proprio che Papa Benedetto XVI voglia fare sul serio. Perché allora continua a occultare la verità sul passato e ha messo online un falso? Padre Federico Lombardi, infatti, non agisce di testa propria, è il portavoce della Santa Sede, e inoltre è persona di squisita gentilezza. Se dunque non ha risposte alle “quattro domande cruciali” che con una mia lettera aperta questo giornale gli ha rivolto una settimana fa non è perché non ha voluto, è perché non poteva: non aveva la “licenza de’ superiori”.
Avesse potuto, infatti, avrebbe dovuto confessare quanto segue: la frase chiave “Va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte” contenuta nelle famose “linee guida” sulla pedofilia, messe online sul sito ufficiale del Vaticano lunedì 12 aprile, e presentate da padre Lombardi come “disposizioni diramate fin dal 2003” (sito dell’Avvenire, quotidiano della Cei) non risale affatto al 2003 ma è stata coniata nuova di zecca nel weekend del 10-11 aprile. Al responsabile dell’autorevolissima agenzia internazionale “Associated Press”, Victor Simpson, che chiedeva lumi sulla posizione della Chiesa in fatto di pedofilia, padre Lombardi inviava infatti il venerdì 9 aprile un documento in inglese identico a quello messo online il lunedì successivo, tranne la frase chiave di cui sopra, che non compariva. E che perciò è stata partorita durante il weekend.
Come altro si può chiamare in buon italiano una manipolazione del genere se non un “falso” (“falso: non corrispondente al vero in quanto intenzionalmente deformato”, Devoto-Oli)? Perché tutto l’interesse di quel documento si concentrava nella famosa frase chiave, che non a caso è stata sbandierata come la dimostrazione di una volontà della Chiesa - da anni - di collaborare con le autorità civili, rispettandone le leggi anche quando esse impongono a un vescovo di denunciare alla magistratura inquirente il suo prete sospetto di pedofilia.
E’ dunque falso, assolutamente falso, che la Chiesa cattolica gerarchica avesse già nel 2003 fatto obbligo ai suoi vescovi e sacerdoti di “dare seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte”. All’epoca era vero, anzi, il tassativo obbligo opposto: tacere assolutamente alle autorità civili, in ottemperanza al “segreto pontificio”, che comporta addirittura un giuramento al silenzio fatto solennemente sui vangeli, la cui formula terribile abbiamo riportato in un precedente articolo (cfr. Il Fatto del 10 aprile).
E’ perciò altrettanto falso quanto ha sostenuto mons. Scicluna nei giorni scorsi, secondo cui “accusare l’attuale pontefice [per quando era cardinale Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede] di occultamento è falso e calunnioso (...) in alcuni paesi di cultura giuridica anglosassone, ma anche in Francia, i vescovi, se vengono a conoscenza di reati commessi dai propri sacerdoti al di fuori del sigillo sacramentale della confessione, sono obbligati a denunciarli all’autorità giudiziaria”. Questa non è la dichiarazione di un carneade qualsiasi, perché, come spiega il suo intervistatore Gianni Cardinale “monsignor Charles J. Scicluna è il ‘promotore di giustizia’ della Congregazione per la Dottrina della Fede.
In pratica si tratta del pubblico ministero del Tribunale dell’ex sant’Uffizio”. Che l’affermazione di monsignore sia falsa lo prova ad abundantiam la testimonianza dei giorni scorsi del cardinale Dario Castrillon Hoyos, tuttora tra i più stretti collaboratori di Papa Ratzinger, che ha ricordato come fosse stato Giovanni Paolo II in persona a fargli scrivere una lettera di solidarietà e sostegno a un vescovo francese che per il rifiuto a testimoniare contro un suo prete pedofilo era stato condannato a tre mesi con la condizionale.
Padre Federico Lombardi ha opposto un “no comment” alle affermazioni (palesemente inoppugnabili) del porporato colombiano, ma ha aggiunto che l’episodio “dimostrava e dimostra l’opportunità della unificazione delle competenze in capo alla Congregazione per la Dottrina della Fede”. Non rendendosi conto che tale “unificazione” avviene nel maggio del 2001, mentre la lettera del cardinale, per volere di Papa Wojtyla, è del settembre dello stesso anno, dunque è successiva, e conferma l’unica interpretazione che di quella “unificazione” si può dare: il più assoluto segreto era assolutamente centralizzato per renderlo ancora più catafratto. Perché perciò tutto questo sabba di menzogne, visto che Benedetto XVI sembra davvero intenzionato a cambiare atteggiamento, e a non occultare più alle autorità secolari i casi di pedofilia ecclesiastica (il vescovo di Bolzano e Bressanone ha inviato in procura le prime denunce)?
Perché scegliendo la Verità dovrebbe riconoscere che il suo predecessore aveva ribadito come dovere sacrosanto l’omertà rispetto a magistrati e polizia, e difficilmente dopo tale ammissione potrebbe elevare Karol Wojtyla all’onore degli altari. Perché dovrebbe confessare Urbi et Orbi che la svolta è di questi giorni, e che egli stesso, come cardinale Prefetto (e in larga misura anche nei primi anni del Pontificato) non ha trovato il coraggio di chiedere coram populo (non sappiamo cosa pensasse in interiore homine) una politica della trasparenza e della denuncia ai tribunali, contribuendo con ciò all’impunità di un numero angoscioso di pedofili, che se prontamente messi in condizione di non nuocere avrebbero risparmiato la via crucis di migliaia di vittime. Perché dovrebbe ammettere che a tutt’oggi il suo portavoce si è prodigato in un lavoro di raffinata disinformacija, e consentirgli (o intimargli: non sappiamo se padre Lombardi soffra per quanto ha dovuto manipolare) di cambiare registro. Perché...