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Mondiali

BERLINO 2006: ITALIA - FRANCIA 6 - 4. CHE GROSSO ... RISULTATO !!! L’ITALIA CAMPIONE DEL MONDO !!! VIVA VIVA L’ITALIA !!!

domenica 9 luglio 2006 di Federico La Sala
[...] ITALIA CAMPIONE DEL MONDO, ITALIA CAMPIONE DEL MONDO, ITALIA CAMPIONE DEL MONDO, ITALIA CAMPIONE DEL MONDO, ITALIA CAMPIONE DEL MONDO, ITALIA CAMPIONE DEL MONDO!!! [...]
VIVA, VIVA L’ITALIA!!! LUNGA VITA ALL’ITALIA: "RESTITUITEMI IL MIO URLO"!!!


Italia-Francia 6-4 (In corso)
ultimo aggiornamento: 22:48 del 09/07/2006
di Nicola Apicella*
ITALIA CAMPIONE DEL MONDO, ITALIA (...)

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> BERLINO 2006: ITALIA - FRANCIA 6 - 4. CHE GROSSO ... RISULTATO !!! L’ITALIA CAMPIONE DEL MONDO !!! VIVA VIVA L’ITALIA !!!

martedì 11 luglio 2006

Il presidente Napolitano: "Quando la Nazionale ha vinto, dentro di me ho fatto un salto altissimo. Sono stati straordinari" "In questo orgoglio nazionale l’Italia recupera serenità" Nel cassetto un po’ di corni li ho, ma non li ho portati a Berlino Prima di partire ho chiesto a Prodi di prestarmi il famoso Fattore C di EZIO MAURO*

Napolitano con Cannavaro dopo la vittoria al Mondiale "HO ALZATO gli occhi dal campo un minuto prima dell’ultimo rigore, quello decisivo, mentre Grosso stava sistemando la palla sul dischetto. Quello stadio magnifico, le bandiere tricolori, l’urlo "Italia, Italia". Ero felice di esserci, di rappresentare il nostro Paese, la sua gente. Non avevo né amuleti né superstizioni: mi sono semplicemente fidato della squadra. Poi il tiro, il goal, e la festa, una festa incredibile. Una grande gioia, un grande orgoglio. E’ una bella cosa per l’Italia, tornare a casa con la Coppa del mondo".

Giorgio Napolitano è al Quirinale dopo il viaggio a Berlino, l’incontro con gli azzurri nell’ultimo allenamento, la partita vista dalla tribuna d’onore e la festa del trionfo negli spogliatoi. Un Capo dello Stato lontano dalla retorica e soprattutto dal populismo, abituato a gesti sobri, all’autocontrollo, ad un’interpretazione fortemente istituzionale del suo ruolo. Ma dodici ore dopo la conquista della Coppa, il presidente rivela la sua profonda partecipazione, di cittadino, di appassionato e di tifoso dell’Italia: "Le dirò la verità. Tutti attorno a noi saltavano e ballavano, come impazziti di gioia. E io, dentro di me, quando l’Italia ha vinto ho fatto un salto altissimo, come non mi sarei mai immaginato".

Presidente, prima di andare a Berlino ha fatto calcoli, ha studiato i precedenti, ha valutato prudenza e convenienza oppure ha deciso d’impulso? "Non ho avuto dubbi. All’inizio non ci avevo pensato, questi campionati sono avventure lunghe e difficili, come scalare una montagna. Poi, via via, tutti abbiamo capito che potevamo giocarcela, stavamo crescendo, potevamo arrivare fino in fondo. Infine, la sera della vittoria con la Germania ha chiarito tutto. Era assolutamente giusto che io fossi a Berlino con la nostra squadra che giocava la finale nel Campionato del mondo, un evento eccezionale, anche se ne avevamo già vinti tre".

E durante la partita non ha mai avuto dubbi di aver fatto la scelta giusta? "Mai. Esserci è stato bellissimo, e non solo per la vittoria. Ma tutta la giornata è stata straordinaria, al di là del colore e dell’enfasi. Ho visto molti italiani per strada a Berlino, i nostri colori dovunque, e soprattutto dentro lo stadio si percepiva molto spirito di squadra. I francesi gridavano: "Zidane, Zidane". Noi invece urlavamo: "Italia, Italia". C’è una differenza, e io credo che sia positiva per noi. Paradossalmente, il fatto di non avere in questo Mondiale un’individualità di spicco, un campione indiscutibilmente sopra gli altri, ci ha dato una squadra".

C’è un simbolo di questo spirito di squadra, per lei? "Potrei dire l’allenatore, che ha formato il gruppo. Ma dico Grosso, un ragazzo totalmente sconosciuto al grande pubblico internazionale che pure conosce tutti i campioni attraverso i satelliti, le coppe, gli spot. Grosso giocava in serie C fino a pochi anni fa, e ha fatto goal decisivi. La squadra, come la intendo io e non solo nello sport, è questa".

Le hanno fatto i complimenti in tribuna? "C’è stato molto fair play, e molta simpatia per l’Italia, anche prima del risultato. Dunque genuina, spontanea, e gratuita, fin dal ricevimento offerto dal presidente Kohler per i Capi di Stato e di governo presenti a Berlino. Con Chirac non ci eravamo ancora visti dopo la mia nomina, e allora abbiamo rievocato vecchi incontri quando ero ministro dell’Interno. Prima dell’inizio lui mi ha detto "vinca il migliore", la formula classica, poi alla fine si è felicitato, con un bel sorriso. Ho salutato anche il terribile Platini che aveva fatto quell’intervista abbastanza orribile per gli azzurri, e gli ho detto che speravo non fosse troppo amareggiato: "no, no - mi ha detto - nessuna amarezza, chi vince i Mondiali li merita"".

E’ questo che lei ha detto a Lippi? "Lo avevo sentito l’altra sera in televisione: "non vogliamo sentirci dire che siamo stati bravi comunque, l’unica cosa che conta è vincere". Allora, quando sono andato sul campo alla fine dell’allenamento, l’ho salutato così: "Lippi, so che lei non vuole, dunque per ora non le dico che siete stati straordinari". Così dopo la partita nello spogliatoio ho potuto riprendere il discorso proprio da lì: "Adesso glielo posso dire, siete stati straordinari dall’inizio alla fine e la freddezza con cui i cinque italiani hanno tirato i rigori è un vero esempio di autocontrollo: complimenti"".

Quei rigori lassù in tribuna le hanno fatto paura? "Ma io ho avuto paura, sinceramente, durante tutto il secondo tempo, perché nel primo l’Italia ha giocato benissimo, ha reagito al rigore con grinta e poteva anche fare un secondo goal. Poi nel secondo tempo c’è stato un calo, e ho cominciato a temere il peggio. Per i rigori, dico la verità, non avevo quell’ossessione che provano molti, non li vedevo come una maledizione. La cancelliera Merkel, che è simpaticissima, mi ha detto che a tre minuti dalla fine del match con la Germania Prodi le ha confidato di odiare i rigori, e immediatamente l’Italia ha segnato: cosa che l’ha colpita moltissimo. E’ il famoso "Fattore C", come si dice. Prima di partire ho pregato Prodi di prestarmelo".

E davvero nessun’altra scaramanzia napoletana? "Guardi, io qui nel mio cassetto un po’ di corni li ho. Ma non ne ho portato nessuno a Berlino. Ho voluto affrontare la prova, come dire, a mani nude".

Qual è il calciatore azzurro che le piace di più? "Quel Cannavaro è formidabile. E’ stato un pilastro in tutte le partite, e anche domenica sera. In più è di Fuorigrotta, il collegio in cui sono stato eletto nel ’94, insomma per me un motivo di simpatia e di vicinanza particolare. E poi Grosso, che quando segna ha la felicità dipinta sul volto da ragazzo".

Ma lei è un vero appassionato di calcio? "Io guardo le partite in televisione come tutti, come tanti, e siccome sono un vecchio abbonato Rai non ho il satellite Sky come gli ultratifosi. Da parecchi anni ho vissuto il calcio anche attraverso mio figlio che da bambino è stato un tifoso sfortunato della Lazio ed è diventato un gran competente. E’ professore di Diritto amministrativo, ma si è occupato molto anche di Diritto dello sport, è membro della Camera arbitrale del Coni: diciamo che me lo sono portato dietro come esperto".

C’è qualche campione a cui lei è legato? "Ma sa, sono i campioni della mia generazione, come capita a tutti da ragazzo. Te li porti dietro tutta la vita. Poi, io sono stato folgorato da Maradona. Non solo perché giocava nel Napoli, ma perché veramente è stato un campione straordinario. E poi, chi ricorda quella notte dello scudetto sa che è indimenticabile".

Domenica c’è stato il dramma di un altro grande campione, Zidane. Lei dalla tribuna come ha visto il gesto folle del francese? "Noi avevamo lo sguardo sull’altra metà del campo, dov’era il pallone. Non abbiamo capito cos’era successo. Poi Angela Merkel si è alzata, è andata ad informarsi e ci ha raccontato la testata. Ma la folla dello stadio, in larga parte, non sapeva nulla. Ecco perché quel fischio ininterrotto dei francesi fino ai rigori, contro di noi. Non sapevano la ragione, che era una brutta ragione, del cartellino rosso, e lo hanno preso come un’offesa sanguinosa. Invece l’arbitro aveva deciso giustamente. E a mio avviso sarebbe stato meglio mandare un replay di quell’episodio sul maxischermo dello stadio. Così tutti avrebbero capito cos’era successo".

Presidente, che ricordo le resta della notte di Berlino? "Quei ragazzi in festa con la Coppa in mano. Poi tutti i complimenti per la vittoria dell’Italia, tante strette di mano. E mi ha fatto molto piacere, devo dire, rivedere molti amici e salutarne dei nuovi: il presidente finlandese, il Cancelliere austriaco, il primo ministro del Lussemburgo, un po’ di vecchie conoscenze socialdemocratiche tedesche... Ho visto il vecchio amico Henry Kissinger, che è stato affettuosissimo: "E pensare - scherzava - che per alcuni anni mi sono adoperato per tenervi fuori dagli Stati Uniti. Sono contento della tua elezione, veramente è il culmine di una vita passata in politica"".

Lei ha detto che la Coppa aiuterà il Paese. Perché? "Non è retorica, è qualcosa che io penso. In questa festa popolare con gli applausi del mondo, in questo orgoglio nazionale c’è un recupero di serenità, di tono del Paese. Lasciamo pure stare i calcoli sulla ricaduta positiva sul Pil, che mi auguro siano corretti, ma certo questa vittoria mondiale fa bene al Paese. Guardi la riscoperta della bandiera nazionale. E’ una cosa molto importante, e qui c’è veramente un grande merito di Ciampi. Insomma, è una bella festa. Poi, come ho detto a Berlino, è bene non dimenticare che ci sono altri campionati da vincere". (11 luglio 2006)

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WWW.REPUBBLICA.IT, 11.07.2006


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