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Dio, Amore (charitas)? No, "Deus caritas est" (2006)!!! Eu-angélo? No, Van-gélo!!!

Papa e Vescovi, tutta la Gerarchia della Chiesa "cattolico-romana" senza più la Parola eu-angélica !!! "Potranno tagliare tutti i fiori / mai saranno i padroni della primavera"!!! Linee di analisi del gesuita p. Felice Scalia

mercoledì 12 novembre 2008 di Federico La Sala
[...] Abbiamo assistito con sbigottimento, continuiamo anzi ad assistervi, alla divisione che si è verificata nella Chiesa quando qualche "principe" di questo mondo decise di dividere il pianeta in due grandi settori, in due "assi": quello del "bene" e quello del "male". E decise pure, questo "principe", quali popoli appartenessero all’uno o all’altro "asse". Poi stabilì che farne degli "Stati canaglia", e ritenne anche suo dovere - per mandato divino - sterminare il male dalla terra (...)

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> Papa e Vescovi, tutta la Gerarchia ---- Il Regno di Dio e la corte della Chiesa (di Felice Scalia)

lunedì 8 ottobre 2012

Il Regno di Dio e la corte della Chiesa

di Felice Scalia *

Il Regno di Dio è vicino: leggere nella fede l’espressione di Marco non è semplice. Prendo quella affermazione, che fa parte del nucleo centrale del messaggio di Gesù, nel senso che il Regno è possibile, accessibile all’essere umano, dato che Dio si è messo all’opera e non cessa mai di “lavorare” per la sua realizzazione. Alla luce del significativo abbandono della stessa parola Regno nel linguaggio ecclesiastico, e di quanto capita ai nostri giorni nella Chiesa e nella società, mi sembra arduo pensare ad una prossima, “vicina”, realizzazione del Regno o di un deciso cammino verso di esso. Resta la promessa, resta la certezza della sua possibilità come verità ultima dell’individuo e della storia, ma spiragli di realistica speranza se ne vedono pochi.

Punto fondamentale: la Chiesa di oggi, e il Dio che essa presenta, aiutano la creazione di un ambito di libertà che permetta una crescita delle persone in dignità e fratellanza? O la ostacolano? Liberano l’essere umano o lo imprigionano? Lo preparano ad essere libero figlio di un Dio innamorato dell’uomo, o figlio della paura e necessariamente nemico di ogni altro essere umano? In altri termini: aiutano od ostacolano la venuta del Regno? Sono segno del Regno di Dio o fanno pensare alla sacralizzazione del regno degli esseri umani?

Mi sembra di potere affermare che l’invocazione ad una “verità che libera”, il richiamo ad un regime di “grazia” e di libertà profonda fatto da Paolo, una liberazione dai legami della Legge, ecc. furono presto dimenticate dai cristiani e dalla stessa Chiesa gerarchica. A partire dalla “svolta costantiniana” la Chiesa non se la sente più di condannare il potere-dominio esercitato dai re e imperatori che si proclamavano cristiani. Nei secoli successivi non condannerà neppure l’assolutismo. Non le sarà mai facile ridimensionare il potere dell’uomo sulla donna, la società patriarcale e maschilista. Non tirerà mai le conseguenze pratiche del valore della coscienza come criterio ultimo-pratico delle scelte nella vita. La Chiesa condanna solo dettagli, eccessi, ma sostiene il sistema. In fondo, forse, era impossibilitata a farlo, dato che essa stessa ben presto era passata dal potere-servizio (essenziale clima del Regno) che costava sangue e vite umane, al potere-dominio portatore di privilegi, denaro, splendore di guardie armate, infallibilità, immunità, sotto la protezione di imperatori a tutto interessati eccetto che al Vangelo ed al suo annunzio di liberazione totale.

Non mi pare esistano storici giunti ad affermare che la Chiesa, custode del potere-servizio, non abbia mai ceduto alla seduzione del potere-dominio. Tentativi di ieri e di oggi di contestualizzare gli avvenimenti ce ne sono. Apologisti che si imbarcano in imprese perdute, pure. Del resto il lavoro di questi ultimi consiste nell’esporre il contesto storico e nell’evidenziare gli aspetti positivi anche di certi papati oscuri. Il fatto incontestabile che la tentazione del potere-dominio, del “primariato”, della grandezza, accompagna la Chiesa fin dal suo primo vagito, anzi si annida perfino in Gesù di Nazareth, alle prese con Satana nel deserto, con Pietro a Cesarea di Filippo, con la folla dopo la condivisione dei pani, questo fatto meticolosamente registrato dai Vangeli non può indurci a giustificare la libido dominandi presente nella Chiesa di ieri e di oggi. Non dice che le cose devono andare nel senso del cedimento alla tentazione, ma ci avverte che là andremo a finire se non si “vigila”.

La Chiesa è passata dal potere-servizio al potere-dominio per via di un processo di istituzionalizzazione che ha preso per modello i potenti di questo mondo. Societas perfecta si è autodefinita la Chiesa, allontanandosi piuttosto vistosamente da quella “ekklesia di Dio” (assemblea pubblica) con cui la comunità cristiana chiama se stessa a Gerusalemme. Così si è dotata di centralismo imperiale, di palazzi, leggi, tribunali, carceri, soldati, cursus honorum, carriere, privilegi, tanto denaro e quindi corruzione.

Il tutto per garantire l’annunzio del Vangelo e del “Regno” di Dio. Solo che i criteri di un “regno mondano” sono radicalmente opposti a quelli che strutturano il Regno di Dio. Qui amore, giustizia, pace, rispetto della dignità infinita di una persona, legame indissolubile tra fratelli, comune obbedienza alla Parola, cammino di purificazione per giungere alla pienezza della vita del Cristo nella propria carne, sono le caratteristiche di un popolo di fratelli che vanno verso la vita con ruoli diversi ma con uguale dignità. Nessuno è maestro di un altro, ma tutti obbedienti alla Parola ed alle sollecitazioni dello Spirito.

Nel regno degli esseri umani la sottomissione a chi comanda, l’intangibilità dei potenti, il dovere di sottostare a regole rigide anche quando imprigionano la vita, l’uso della coercizione e della forza, la rinunzia alla voce della propria coscienza, sono elementi portanti e, per certi versi, irrinunciabili. Una Chiesa centralizzata, un papa-re, un assolutismo dogmatico che prescinde dalla collegialità dei successori degli apostoli, trasformano inesorabilmente in potere-dominio quel potere-servizio che ci era stato donato.

Quando in una istituzione c’è una persona che ha un enorme potere perché occupa una posizione più elevata e centrale rispetto agli altri, si crea il “sistema della corte”. Chi in questa istituzione ha anche un ruolo dirigenziale, non agisce in nome proprio, ma dell’“unico signore” e da lui solo dipende per avere, conservare, difendere privilegi, status sociale e funzioni. Il signore unico distribuisce benefici materiali e spirituali, onore o disonore, può togliere o aumentare qualsiasi potere delegato. In questo sistema la minima sfumatura di umore o di parere nel signore ha un’enorme importanza per gli uomini di corte, per la loro sopravvivenza. Nelle corti è inutile cercare libertà di pensare e di proporre. Si ha un servilismo più o meno interessato, più o meno onesto. L’obiettivo irrinunciabile è stare in sella col signore, dunque difenderlo anche nell’indifendibile. I cortigiani possono essere tra loro ostili, ma la corte è massa. Il sistema di corte, con questa sua compattezza, con questa autogiustificazione quotidiana, non solo tende a difendere sempre se stesso, ma diventa maestro di vita per tutta la nazione. Chi pensa ed agisce diversamente dal signore e dai cortigiani è nemico del popolo e della stessa civiltà con cui la corte si identifica. In questo sistema il signore è l’unico potente in senso stretto, dunque non può non avere che sottomessi, servi. Nessuno uguale a lui, ma tutti sotto di lui. Chi aspira a crescere troppo è un nemico.

È difficile pensare che la Chiesa-istituzione possa essere pensata immune dai difetti del sistema della corte. Solo che bisognerebbe vigilare molto perché quando la Chiesa-mistero diventa Chiesa-istituzione, il mistero è in pericolo, minacciato dalla stessa istituzione. Quest’ultima non si preoccupa principalmente da fine per cui è nata (la custodia e la trasmissione del mistero cristiano) ma di se stessa, della propria sopravvivenza, del proprio onore. «Ahi, Costantin di quanto mal fu matre», dice Dante. La Chiesa centrata principalmente sull’istituzione rischia di abiurare a Dio e di adorare i nuovi vitelli d’oro derivanti dal potere-dominio. Gli uomini del sistema della corte credono di dovere rivendicare per sé il potere dell’onnipotenza del giudizio, del “potere delle chiavi”. Essi assolvono e condannano tutti gli altri. «Sederanno a giudicare le 12 tribù di Israele», dicono spesso di se stessi.

Sarà questo un «pensare secondo gli uomini e non secondo Dio». Peccato in cui cadono gli amici di Gesù Pietro e Giuda. Gesù si ribella a questi amici che «non pensano secondo Dio», che non vivono nello Spirito della verità-servizio (cfr Gv 14,15-21), siano essi al suo seguito o tra i capi. Per questo anche lui ha un sogno: una Chiesa libera dall’ipocrisia (basta con chi dice ma non fa), dalla vanità (niente preghiere e digiuni sulle piazze), dall’onnipotenza (nessuna persona che sia padrona di altre persone fino ad imporre fardelli insopportabili, e nutrire atteggiamenti severi e umilianti che fanno sentire giusti e grandi chi li commina). Lo abbiamo anche noi questo sogno perché come esseri umani e come credenti vogliamo dilatare cuori e polmoni alla speranza, vogliamo poter respirare. Ma quando nella Chiesa, di fatto, si accumulano ipocrisia, senso di onnipotenza, vanità, allora in essa «manca il respiro» dello Spirito e del Vangelo, come osserva Giorgio Campanini (Saverio Xeres e Giorgio Campanini, Manca il respiro. Un prete e un laico riflettono sulla Chiesa italiana, Ancora, Milano, 2012).

Per me, per noi, credere nel “Regno vicino” è credere che i sogni di Gesù sono come la sua Parola: “Non passeranno”. Sempre avremo il tormento dell’inquietudine di sapere che questo è possibile, desiderato dal profondo di ogni cuore umano, eppure rifiutato ogni giorno, ma ogni giorno disegnato e - almeno dalla ecclesia sancta, casta - costruito.

* Gesuita, teologo dell’istituto Ignatianum di Messina, impegnato nell’associazione "Nuovi orizzonti" (Messina)

* Adista Segni Nuovi n. 36 del 13/10/2012


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