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APPELLO

Medio Oriente: Non possiamo tollerare che si ripeta la vergogna dei Balcani e del Ruanda. Comunicato stampa della TAVOLA DELLA PACE.

venerdì 21 luglio 2006 di Federico La Sala
[...] Confidiamo nel coraggio del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il quale, dopo aver denunciato la mancata assunzione di responsabilità dell’UE negli anni passati, ne reclama oggi il ruolo attivo di operatrice di pace e sicurezza nel quadro delle Nazioni Unite e della legalità internazionale dei diritti umani.[...]
Comunicato stampa della Tavola della pace*
Guerra in Medio Oriente
Non possiamo tollerare che si ripeta
la vergogna dei Balcani e del Ruanda
In questi giorni (...)

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> Medio Oriente: Non possiamo tollerare che si ripeta la vergogna dei Balcani e del Ruanda. Comunicato stampa della TAVOLA DELLA PACE.

venerdì 21 luglio 2006

Israele si prepara all’invasione Prime fosse comuni per i morti Il 26 a Roma un summit internazionale*

L’Esercito israeliano richiama migliaia di riservisti alla frontiera con il Libano: altri 3mila soldati dopo i 6mila richiamati il 12 luglio scorso. Una decisione che appare come la chiara premessa ad una massiccia invasione via terra del sud del Paese, dove già si svolgono intensi combattimenti fra reparti e commando della fanteria israeliana e i guerriglieri hezbollah che hanno costruito nella zona una vasta rete di gallerie sotterranee. «È possibile che nei prossimi giorni le nostre operazioni a terra si estendano», conferma il generale di brigata Alon Friedman, citato dal quotidiano Maariv, mentre il comandante in capo delle truppe di terra israeliane, generale Banny Gantz, dal canto sottolinea che i raid aerei non bastano.

Di fronte all’escalation, per la prima volta il governo di Beirut, con un intervento del ministro della difesa Elias Murr ha risposto alle minacce israeliane affermando che in caso di invasione, «l’esercito libanese resisterà, difenderà il paese e dimostrerà che si tratta di un esercito degno di rispetto», perché «l’unione del sangue è più forte delle confessioni, delle religioni o delle convinzioni». Il leader di Hezbollah Nasrallah, apparso in una intervista trasmessa dalla televisione al Jazira, ha sottolineato che «il mondo intero non riuscirà a liberare i due soldati prigionieri se non attraverso negoziati indiretti nel quadro di uno scambio»

Intanto, mentre sul fronte della diplomazia internazionale si intensificano gli sforzi per fermare la crisi e viene annunciata un summit internazionale a Roma per il 26 luglio, i bombardamenti non si fermano. Dall’avvio delle operazioni militari israeliane in Libano, lo scorso 12 luglio, oltre 300 persone sono morte nel Paese dei cedri (30% dei quali bambini) ed i feriti sono quasi un migliaio. Sul fronte sud della «guerra contro il Libano» - come il quotidiano cristiano L’Orient-Le Jour non ha esitato a definirla, intitolandoci un’intera pagina di agghiaccianti fotografie -, si cominciano ormai a scavare fosse comuni per seppellire decine di vittime civili dei devastanti bombardamenti israeliani, che l’ospedale di Tiro, travolto dal continuo afflusso di cadaveri, non riesce più a conservare.

Anche sul fronte israeliano ci sono vittime. Fra mercoledì e giovedì sono stati uccisi quattro soldati. Un altro è morto nella collisione fra due elicotteri. Dieci giorni di bombardamenti a tappeto non sembrano insomma aver inciso sulla capacità di Hezbollah di lanciare razzi sul territorio israeliano. Ancora nella giornata di venerdì ne sono piovuti almeno 15 su Haifa. Una ventina i feriti, due dei quali sarebbero molto gravi.

Ma è nel LIbano che la situazione umanitaria ormai è ai limiti. Il sud del Paese resta inaccessibile anche alle agenzie umanitarie che hanno ribadito a Ginevra l’appello per un accesso alle popolazioni colpite dalle ostilità ed in particolare le decine di migliaia di sfollati. La situazione umanitaria sta peggiorando, secondo le Nazioni Unite. A causa delle ampie distruzioni delle infrastrutture pubbliche (ospedali, scuole, strade, ponti, depositi di carburante e porti) le operazioni di assistenza umanitaria sono difficili e si stima che a Beirut resti benzina per soli altri tre giorni. «Abbiamo bisogno di passaggi sicuri per trasportare e distribuire gli aiuti», ha affermato il Programma alimentare mondiale (Pam) che in Libano assume il coordinamento della logistica per conto delle Nazione Unite. Secondo il Pam, il Libano non è autosufficiente dal punto di vista alimentare (importa il 90 % dei cereali necessari) e si stima che le scorte alimentari presenti nel paese siano sufficienti per un periodo che varia da uno a tre mesi. Tuttavia, i gravi danni alle infrastrutture, la crescente insicurezza, la chiusura di molti negozi e la rapida crescita dei prezzi rendono difficile l’accesso al cibo. I prezzi di alcuni beni alimentari sono cresciuti del 400% a Beirut e del 50% altrove.


* www.unita.it, Pubblicato il 21.07.06


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