FREUD, IL SIONISMO e LA TERRA PROMESSA. Una nota
di Federico La Sala*
Sul CORRIERE DELLA SERA (sabato 28 giugno 2003, p. 31), PAOLO DI STEFANO, in un art. intitolato: E Freud disse no al sionismo: la diaspora è di tutti, presenta un saggio di MICHELE RANCHETTI, LA TERRA PROMESSA. UNA LETTERA INEDITA DI FREUD, uscito sul n. 6 del semestrale "L’ospite ingrato" del Centro Studi Franco Fortini, e cita parte della lettera di Freud, del 26.02.1930, al dottor Chiam Koffler. Con chiarezza e determinazione ( non "reticente o prudente", scrive Ranchetti) sulla questione del sionismo, Freud così risponde: "Chiunque voglia influenzare le masse deve dar loro qualcosa di eccitante e di infiammante e il mio sobrio giudizio sul sionismo non me lo permette. Certamente io simpatizzo con i suoi fini, sono fiero della nostra università in Gerusalemme, e sono lieto per il prosperare dei nostri insediamenti. Ma, d’altra parte, io non penso che la Palestina potrà mai diventare uno stato ebraico e che il mondo cristiano e il mondo islamico potranno mai essere disposti ad avere i luoghi sacri sotto il controllo ebraico. Mi sarebbe parso più sensato fondare una patria ebraica in una terra meno gravata dalla storia. Ma so che un punto di vista così razionale non avrebbe mai ottenuto l’entusiasmo delle masse e il supporto finanziario dei ricchi. Riconosco con tristezza che è in parte da imputare al fanatismo irrealistico del nostro popolo il risveglio della diffidenza araba. Non in una reliquia nazionale che offende i sentimenti delle popolazioni locali. Giudichi ora lei stesso , se con un simile atteggiamento critico io sia la persona giusta per confortare un popolo illuso da una speranza ingiustificata". Paolo Di Stefano fa notare che l’originalità dello studio di Ranchetti sta nel cogliere la cor-relazione tra la nascita del sionismo avvenuta nel 1896 e la nascita della psicoanalisi avvenuta nel 1899: la conquista di un territorio, di una terra promessa - in Herzl una patria; in Freud la coscienza umana, poiché "la diaspora riguarda tutti gli uomini". L’indicazione mi sembra molto preziosa e non più "non propizia"(contrariamente a quanto si attendeva Chaim Koffler). Credo che di questo nodo valga la pena raccogliere il filo e portare avanti la riflessione - a tutti i livelli - in modo deciso e urgente. Ciò che è in gioco non è solo la convivenza tra palestinesi e israeliani, tra ebrei e arabi: è in gioco il destino della civiltà umana sulla Terra. E, per affrontare questo problema, possiamo ancora imparare molto da Freud e, in particolare, dal suo ultimo lavoro L’UOMO MOSE’ E LA RELIGIONE MONOTEISTICA (1939). La questione oggi è diventata planetaria ed è ancora e proprio quella di Mosè, quello della "terra promessa" - e questo enigma non lo può sciogliere assolutamente un solo popolo, ma solo tutti i popoli della terra, insieme e in pace: ogni interpretazione biologistica o semplicimente etnica ci porta sempre e solo ad AUSCHWITZ! Freud l’aveva capito e aveva anche capito che questo problema era legato al problema religioso, alla religione dei padri, al monoteismo ... e all’edipo in Vaticano! Egli aveva capito che il contenuto principale del Cristianesimo "fu sì la riconciliazione con Dio Padre, l’espiazione del delitto commesso contro di lui, ma l’altro lato della relazione emotiva compariva nel fatto che il figlio, che aveva preso su di sé l’espiazione divenne egli stesso dio accanto al padre e propriamente al posto del padre"(cit. da Mosé e la religione monoteistica). Marx, A SUA VOLTA, aveva già capito che il concetto di rapporto sociale di produzione era legato al concetto di religione. Oggi se vogliamo fare un passo innanzi sulla strada dell’umanità e della consapevolezza critica, e non tornare (o meglio restare nel deserto e) alla preistoria, questi nodi vanno affrontati... Lo stesso sogno e lo stesso problema di un altro mondo possibile passa per la soluzione di questi nodi....e il contributo di Freud e di Marx (come di Kafka, come di Buber, come di Benjamin ecc.) rivela di essere - contrariamente a quanto si pensa in giro - sempre più vitale e sempre più decisivo.
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www.ildialogo.org, Martedì, 01 luglio 2003