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Terra, terra...

LE VERE MINACCE DEL MONDO. Un’intervista a Paul Rogers, direttore dell’ Oxford Research Group

domenica 1 ottobre 2006 di Federico La Sala
[...] Il vostro documento parla di «sicurezza sostenibile», in opposizione a un approccio militare alla sicurezza. Cosa significa?
Sul lungo termine, «sicurezza» significa affrontare le enormi differenze economiche sul pianeta attraverso programmi efficaci di remissione del debito, una cooperazione allo sviluppo ben diretta, riforme del commercio globale che non penalizzino i paesi più deboli, e tutti gli altri strumenti che possono migliorare la vita della maggioranza mondiale. Significa (...)

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domenica 1 ottobre 2006

terraterra

Il clima, gli uragani, e un rapporto taciuto

Marinella Correggia ("il manifesto", 29 Settembre 2006)

La lezione di Katrina, l’uragano del 2005 con milletrecento morti e 300.000 case distrutte sulle coste statunitensi, sembra essere servita a poco all’amministrazione Bush . Secondo la nota pubblicazione scientifica Nature, detta amministrazione avrebbe bloccato la divulgazione di un rapporto che riconduce al riscaldamento climatico l’aumento della frequenza e della violenza degli uragani. L’evento Katrina ha reso più intenso il dibattito in proposito fra gli esperti di clima e meteorologia. E quelli della National Geographic and Athmosferic Administration (Nooa) - che fa parte del Dipartimento del Commercio degli Stati uniti e, come dice il suo sito, si dedica a «migliorare la sicurezza nazionale e quella economica grazie alle previsioni e alle ricerche sul clima e su eventi collegati» - nello scorso mese di febbraio avevano incaricato un gruppo di propri esterti di preparare un rapporto che rappresentasse il punto di vista scientifico dell’agenzia in materia.

Secondo Nature, la bozza del rapporto confermava il nesso uragani-effetto serra. Ma nel mese di maggio, quando il rapporto avrebbe dovuto essere pubblicato, il coordinatore del gruppo di studiosi-redattori, Ants Leetmaa, ha ricevuto un messaggio in posta elettronica dal Dipartimento del Commercio: gli si comunicava la necessità di rendere il testo più tecnico e dunque, niente pubblicazione.

Un portavoce della Nooa ha definito la notizia del giornale scientifico britannico «un interessante pezzo di fantasia»: lo studio non sarebbe stato pubblicato perché non era pronto in tempo per la stagione degli uragani, il primo giugno... L’amministratore del Nooa Conrad Lautenbacher ha invece detto che il rapporto era di natura interna e non poteva essere divulgato prima che l’agenzia ne facesse la sua posizione ufficiale. Il fatto è che il rapporto era una semplice discussione sullo stato attuale della scienza degli uragani, e non conteneva posizioni politiche o dichiarazioni. Ma è il semplice collegamento tra la frequenza/intensità degli uragani e il riscaldamento del clima a essere politicamente sensibile, visto che l’amministrazione Bush non aderisce ai tentativi internazionali di limitare in modo vincolante le emissioni di gas serra.

Pare esserci maretta all’interno del Nooa, dove alcuni ricercatori in febbraio hanno accusato i colleghi di nomina politica di «ignorare la possibilità che il riscaldamento climatico possa influire sulla violenza degli uragani»; guarda caso, gli scienziati del clima che in passato avevano pubblicato articoli su questa connessione sono tenuti lontani dai media, a differenza di quelli che sostengono l’idea dei cicli naturali.

Comunque è una serie di studi recenti a mostrare un aumento della potenza degli uragani nel Pacifico e nell’Atlantico causato dalle crescenti temperature delle acque superficiali. Anche due settimane fa un gruppo di ricercatori ha dichiarato che la gran parte dell’aumento della temperatura degli oceani è risultato del riscaldamento climatico man-made. Così il cerchio si chiude. Anche se certi studiosi ritengono che molti altri fattori influiscano sui cicli degli uragani.

Intanto, a riprova di una certa schizofrenia all’interno della miriade di enti scientifici governativi Usa, un rapporto pubblicato pochi giorni fa sui Proceedings of the National Academy of Sciences a cura di un gruppo di ricercatori coordinato da James Hansen del Goddard Institute for Space Studies della Nasa (ente spaziale americano), nota che la temperatura del pianeta è aumentata a livelli mai visti negli ultimi 12.000 anni. Il ritmo si è accelerato negli ultimi 30 anni, e se aumenterà ancora in una misura superiore a un grado Celsius, "gli effetti non saranno più gestibili e la Terra cambierà a tal punto da diventare un altro pianeta". L’ultima volta che siamo stati così al caldo? Nel Pliocene medio, tre milioni di anni fa circa. Hansen non ha avuto reticenze sulle cause: "Questi dati indicano che stiamo arrivando vicini a livelli pericolosissimi nell’inquinamento di fonte umana".

Lo scienziato è stato del resto fra i primi, decenni fa, a sostenere che i gas serra originati dalle attività umane erano diventati un fattore predominante nel cambiamento climatico. Un buon diagnostico, ma un cattivo profeta: un suo studio del 2000 così notava: "Il tasso di crescita dei gas serra diversi dalla CO2 si è ridotto e se il trend continuerà, in capo a 50 anni l’impatto di questo gas sel cambiamneto climatico potrà essere pari a zero. Il che, combinato con un palusibile successo nella riduzione delle emissioni di CO2, potrà portare a ridurre i rischi di cambiamenti gravi". Non sta affatto andando così, almeno per ora.


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