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Occidente, sei terrorista anche tu...

LA SCELTA DELL’UMANITA’ E DELLA CONVIVENZA. Una riflessione del poeta arabo ADONIS

domenica 27 agosto 2006 di Federico La Sala
[...] Sappiamo tutti che la memoria occupa il primo posto nella vita, nella storia e nella cultura degli ebrei; la cosa strana e’ che il sistema israeliano cancella da questa memoria tutto cio’ che lo lega agli arabi. Non ricorda la storia degli avi da cui discendono che ad ogni livello sociale hanno convissuto con i fratelli arabi a Sana’, Mecca, Medina, Damasco, Bagdad, Beirut, Cairo, come nel Maghreb arabo e in Andalusia. E quando gli arabi sono stati scacciati via dall’Andalusia anche (...)

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> LA SCELTA DELL’UMANITA’ E DELLA CONVIVENZA. --- Quattro ostacoli vanificano il dialogo umano, sincero e creativo tra le sponde orientale e occidentale del Mediterraneo, o per essere più precisi tra gli Arabi e l’Occidente (Adonis).

venerdì 5 dicembre 2008

Dalla concezione della scienza al senso dello Stato

Arabi e Occidente gli ostacoli al dialogo

di Adonis (la Repubblica, 5.12.2008)

-  Nelle tre fedi Dio è presente attraverso un messaggio specifico e unico che esclude gli altri.
-  Nella prassi tutto ciò è stato mutato in ideologia

Quattro ostacoli vanificano il dialogo umano, sincero e creativo tra le sponde orientale e occidentale del Mediterraneo, o per essere più precisi tra gli Arabi e l’Occidente. Questi ostacoli rappresentano la visione religiosa dell’uomo e del mondo, la concezione della conoscenza, della scienza e in particolare dell’aspetto tecnologico, del senso dello Stato e della prassi politica, dell’antico e reiterato conflitto tra il sacro ebraico e quello islamico, che adesso si manifesta sotto forma di conflitto tra Israele e Palestina.

Se veramente volessimo realizzare questo tipo di dialogo creativo, che non si basa sulla semplice tolleranza, per essere fondato invece sulla eguaglianza degli esseri umani, allora dovremmo innanzitutto eliminare questi ostacoli o almeno dovremmo adoperarci per rimuoverli nel dialogo e negli incontri. In questa sede è difficile analizzare nei particolari ciascun ostacolo per scoprirne le origini e predisporne il superamento. Perciò mi limito a fare alcuni accenni e a porre domande specifiche per ciascuno di essi.

In primis, per quanto concerne la visione religiosa dell’uomo e del mondo, e qui si intende la visione monoteista, sappiamo tutti che il monoteismo ha un suo modo esclusivo di concepire Dio. In ogni monoteismo Dio è presente attraverso un messaggio specifico e unico che esclude gli altri. Nella prassi è stato mutato in ideologia, facendo della sua interpretazione l’unica via per conoscere Dio ad esclusione delle altre. Così, per il monoteismo, la parola divina si trasforma in uno strumento per il potere. E l’interpretazione è un potere culturale che diventa mezzo per fondare il potere politico-sociale.

Allora, prima di affrontare qualsiasi dialogo tra le religioni monoteiste, è necessario porre delle domande fondamentali: la rivelazione specifica di ogni monoteismo, la parola di Dio nella sua totalità, è da ora sino alla fine del mondo, o è parte del discorso di Dio capace di arrivare sino all’infinito? Si può circoscrivere la parola di Dio alla sola rivelazione, mentre si può affermare che Dio non parlerà né farà rivelazioni dopo quella ebraica, o quella cristiana o quella islamica, e ciò che ha detto - a ciascuna di loro - è l’ultima rivelazione e quindi il sigillo delle verità? È possibile che Dio doni una rivelazione migliore di quelle svelate alle religioni monoteiste, o no? Se la risposta fosse affermativa allora i testi monoteistici non sarebbero più assoluti. Se la risposta fosse negativa, allora noi limiteremmo la libertà di Dio: allo stesso Dio non resterebbe che quel che ha detto.

Sembra quindi che il cosiddetto dialogo tra le religioni monoteiste si fondi su una differenza radicale, che consiste nel fatto che ciascuna di esse esclude l’altro nella propria visione di Dio. Come è possibile che vi sia dialogo tra parti che si negano a vicenda? Vi è dunque una egemonia teologica sul pensiero e sulla vita a un tempo. Il monoteismo non è semplicemente una conoscenza religiosa che domina la mente e il pensiero ma è anche un modo per controllare lo stesso corpo dell’uomo e possederne la vita in quanto ne possiede il pensiero. Esso è un potere biologico oltre che un potere culturale-mitologico. Il pensiero mediterraneo si muove quindi in una prigione teologica. Ad esempio, i fondamentalisti ebrei definiscono la terra palestinese occupata come i «territori biblici liberati». I musulmani rispondono contestando questa definizione.

Se lo stesso Dio è prigioniero della rivelazione dei suoi libri all’uomo, a maggior ragione lo stesso uomo, in tutto il suo essere pensiero, azione, ragione e cuore, è prigioniero di questa rivelazione scritta. E ciò che complica la questione oggi, si cela nel divario crescente tra ciò che la terra umana chiede sia scritto da una parte, e dall’altra quello che ha scritto Dio, ossia tra il reale e il trascendente.

Sembra che la liberazione da questa prigione sia una condizione necessaria affinché emerga un dialogo sufficientemente razionale. In particolare noi osserviamo, storicamente e fattivamente, che ogni cosa nell’interpretazione dominante dell’egemonia teologica monoteista e nella sua prassi, non fa che confutare l’incertezza e il dubbio della ragione, il suo contraddirsi e interrogarsi, il fare ipotesi, rischiare e vincere. La negazione della natura stessa dell’uomo, del corpo, del sesso maschile e femminile e dei loro oceani di piacere, desiderio e passione. Oceani di vita nella sua essenza di festa ed unione, e nella sua essenza di supremo valore umano.

Le sponde del Mediterraneo sono state testimoni di fasi storiche in cui questa interpretazione e questa prassi hanno trasformato il monoteismo in un esercitazione di forza, di invasione e di egemonia, di cui le crociate non sono che una manifestazione. In questi momenti l’essere umano ha distrutto in nome della verità rivelata, e ha trasformato Dio in un semplice capo militare, e la teologia in una formula linguistica. E il monoteismo non è stato considerato una preghiera ma è diventato una spada.

La questione dunque non è semplicemente il declino della religione, come crede Steiner, o del declino del ruolo dell’istituzione religiosa nella vita, nel pensiero e nei rapporti umani, la questione è piuttosto correggere il difetto nella visione monoteista dell’uomo e del mondo. Ed esso è un difetto le cui cause si celano nella natura stessa di questa visione, molto di più che nei fattori esterni, come credono molti sociologi - e questo sia che i fattori si ricolleghino al movimento razionalista della rinascita (araba), o alla vocazione al dubbio e alla laicità dell’illuminismo, o al darwinismo e alla moderna tecnologia della rivoluzione industriale. In momenti come questi abbiamo assistito all’istituzione dei tribunali dell’inquisizione e al trattamento disumano dell’uomo accusato di avere violato il testo.

(traduzione Francesca M. Corrao)


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