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Eu-ropa, Eu-ropa...

L’idea di Europa, in gioco a Beirut ma anche a Lampedusa! Una nota di Ida Dominijanni

mercoledì 30 agosto 2006 di Federico La Sala
[...] Non solo a Beirut ma anche a Lampedusa è in gioco l’idea di Europa. Non solo nel «peace making» in medioriente ma anche nell’accoglienza dell’altro sul continente si misura la civiltà europea. Non solo sulle navi dei «nostri soldati» ma anche sulle carrette del mare si riformula l’immaginario europeo: non diversamente da come sulla navi dei nostri emigranti, nelle traversate transatlantiche d’inizio secolo, si riformulò l’immaginario dell’America [...]
RIPENSARE L’ EUROPA!!! CHE COSA (...)

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> L’idea di Europa, in gioco a Beirut ma anche a Lampedusa! Una nota di Ida Dominijanni

mercoledì 30 agosto 2006

Europa avanti così di Giuseppe Tamburrano *

Non c’è bisogno di spendere molte parole per sottolineare i meriti e il successo della linea del governo italiano ed in particolare del ministro degli Esteri D’Alema sul problema libanese. Significativo, in proposito, il favore mostrato verso l’iniziativa italiana da parte dei governi israeliano e libanese.

Questo dimostra che quando l’Italia agisce sulla scena mondiale con risolutezza raccoglie i frutti della sua pluridecennale accorta politica condotta specie sullo scacchiere mediorientale da Fanfani a Moro, da Nenni a Craxi (quest’ultimo sul problema palestinese) fino ai Ds, in particolare a D’Alema.

I risultati più importanti ottenuti dal governo italiano sono di aver indotto la Francia ad uscire dalle sue incertezze e reticenze e ad impegnarsi seriamente nella missione, senza di che la risoluzione dell’Onu sarebbe rimasta probabilmente lettera morta, e di aver ottenuto la riunione dei ministri degli Esteri europei a Bruxelles con la partecipazione del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan. In tal modo quella missione, decisa dall’Onu, è stata assunta dall’Europa. Tuttavia non pienamente: si può, ed è ancora possibile dare all’Unione Europea tutta la responsabilità di attuare la risoluzione 1701. Sarebbe per l’Europa la prova della sua capacità di agire come soggetto internazionale autonomo: una grande svolta, un grande passo avanti verso la sua unità sul terreno cruciale della politica estera e della difesa. Non era, non è obiettivo irrealistico. Ad onta delle sue divisioni, che sono le più appariscenti - ad esempio sull’Iraq - l’Unione Europea è protagonista di molte iniziative politiche e di molte missioni di pace nel mondo. L’Economist, che le elenca, ha scritto (n. 34, 26 agosto-1 settembre 2006): le intese tra governi europei sono più numerose delle divergenze. E molto importante sarebbe stata - e può ancora esserlo - l’assunzione in prima persona da parte dell’Unione Europea della missione in Libano per ragioni politiche e per ragioni militari, due aspetti strettamente connessi.

Le ragioni politiche. La soluzione stabile dei problemi in Libano presuppone il coinvolgimento della Siria. L’Europa, presente in Libano con un suo forte corpo militare, può trattare con la Siria più efficacemente degli Stati Uniti guardati con ostilità dal regime di Assad. D’altro canto, la presenza militare e politica dell’Unione Europea in Libano sarebbe un elemento di ragionevole, autorevole pressione su Israele perché consideri con maggiore moderazione e realismo i problemi dei palestinesi e della Siria (restituzione dello alture del Golan e delle fattorie della Sheeba).

In realtà nel Medio Oriente la presenza europea è più accettata di quella americana e pertanto l’Ue può operare efficacemente per la pace e per la soluzione dei gravissimi problemi dell’area a condizione che la sua iniziativa sia autorevole e non sia velleitaria.

E qui veniamo agli aspetti militari della missione.

Come tutti gli esperti hanno detto, perché la missione abbia successo, e cioè, per essere più chiari, perché nel Libano ci sia un governo che eserciti la piena sovranità - e dunque l’Hezbollah sia disarmato come vuole la risoluzione dell’Onu - è necessario che la forza europea di pace sia adeguatamente armata e il suo comando abbia il potere di decisione sul terreno. Senza queste condizioni la missione va incontro al pericolo di sacrificare inutilmente vite di soldati e di rivelarsi inidonea ad aiutare l’esercito libanese ad assorbire i militanti di Hezbollah e incapace di controllare le frontiere libanesi con la Siria e con Israele.

Inutile sottolineare che vi è una terza condizione per il successo della missione: che l’Unione Europea sia disposta, anche mobilitando la solidarietà internazionale, a sostenere la ricostruzione del Libano, consentendo al governo di Siniora di sottrarsi all’accerchiamento economico di Siria ed Israele.

Allo stato delle cose queste condizioni e il ruolo dell’Europa non sono definiti. Anzi, qualcosa è definita, ed in termini negativi. Mi riferisco al doppio comando, quello strategico e quello operativo. Il primo resta a New York, in mano all’Onu. È un grave errore (anche se le mani sono del generale italiano Castagnetti).

Per andare al nocciolo della questione: bisogna cambiare le regole e dare al corpo di interposizione tutti i poteri militari nell’ambito della risoluzione 1701. Il ministro del Lavoro Kanj Hamadé, esponente dell’ala moderata dell’Hezbollah, ha detto ripetutamente che la milizia non consegnerà le armi e che il fine del «partito armato di Dio» resta l’eliminazione dello Stato di Israele. La quale sta con le armi al piede, anzi sta intensificando la preparazione militare. Se la missione non riesce a raggiungere gli scopi della risoluzione 1701, l’Onu e l’Europa saranno umiliati; il Medio Oriente sarà dilaniato da un nuovo e più grave conflitto; il progetto di rendere autorevole la posizione dell’Italia in Europa e nel mondo andrà in frantumi. Una prospettiva raccapricciante.

* www.unita.it, Pubblicato il: 30.08.06 Modificato il: 30.08.06 alle ore 10.42


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