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La costruzione del ’presepe’ cattolico-romano .... e la ’risata’ di Giuseppe!!!

MEMORIA DI FRANCESCO D’ASSISI. "VA’, RIPARA LA MIA CASA"!!! Benedetto XVI ha ricordato la conversione di Francesco: «l’ex play boy convertito dalla voce di Dio»... ma ha "dimenticato" la denuncia sul "ritardo dei lavori", fatta da Pirandello già a Benedetto XV. Che disastro!!!

LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE DI GESU’ E DEL "PADRE NOSTRO". E’ ORA DI RESTITUIRE "L’ANELLO DEL PESCATORE" A GIUSEPPE, PER AMARE BENE MARIA - NON GIOCASTA!!!
giovedì 4 ottobre 2012 di Federico La Sala

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> MEMORIA DI FRANCESCO D’ASSISI. "VA’, RIPARA LA MIA CASA"!!! -- VIAGGIO IN LIBANO. Preoccupante silenzio di Benedetto XVI di fronte all’attacco contro l’Iran, perseguito ossessivamente dal governo di Netanyahu (di Marco Politi - Ratzinger e lo stallo della pace)

venerdì 14 settembre 2012

_*** IL SOGNO DI UNA "COSA" DI BENEDETTO XVI: UNA CHIESA "PER MOLTI", NON "PER TUTTI". Cinque note per un Convegno


Ratzinger e lo stallo della pace

di Marco Politi (il Fatto quotidiano, 14 settembre 2012)

Benedetto XVI arriva in Libano, mentre scorre il sangue in Medio Oriente. La morte dell’ambasciatore americano in Libia, le violente dimostrazioni in Egitto, nello Yemen, in Tunisia e in molte altre città arabe sono il culmine delle proteste seguite al film anti-islamico “Innocence of Muslims”.

Gli ingredienti per altre esplosioni di odio religioso e per aizzare gli estremisti salafiti, l’ala più violenta dell’Islam fondamentalista, sono sul tavolo. Il film, che descrive Maometto come un lussurioso folle e massacratore, è stato prodotto da un cristiano copto di origine egiziana, Morris Sadek, e lo sceneggiatore Sam Bacile - si apprende dal Wall Street Journal - è un ebreo-americano. I finanziatori provengono dall’estremismo copto, ebraico e protestante.

In Egitto la comunità copta è in allarme e si moltiplicano le richieste di espatrio al punto che il papa ha lanciato un accorato appello ai cristiani del Medio Oriente affinché restino nelle terre bibliche e siano “costruttori di pace e attori di riconciliazione”. Sarà il filo conduttore del suo viaggio a Beirut, che inizia stamane e si concluderà nel primo pomeriggio di domenica. Una visita lampo. Papa Ratzinger è sempre più stanco e impone agli organizzatori spostamenti brevi.

Il pontefice firmerà ad Harissa l’Esortazione apostolica per il Medio Oriente, frutto di un’assemblea speciale di vescovi della regione svoltasi a Roma nel 2010. Il clou della visita è rappresentato dall’incontro con la gioventù, dalla grande messa finale e specialmente dal discorso, che terrà domani nel palazzo presidenziale davanti a una platea di esponenti del governo, diplomatici, rappresentati religiosi e accademici. Sarà l’occasione per rivolgersi all’Islam e ricordare le crisi che travagliano la regione. Dialogo interreligioso, cooperazione e amicizia tra cristiani e musulmani, impegno comune per una società democratica, salvaguardia della libertà religiosa e della libertà di coscienza saranno i cardini dei suoi interventi in terra libanese.

ALL’APPUNTAMENTO

Benedetto XVI arriva con il peso internazionale della Santa Sede indebolito. Il Papa considera il rilancio della vita di fede e la “conversione” di ciascun cattolico come obiettivo primario della sua missione, ma è indubitabile che in passato la Santa Sede giocava un ruolo incisivo sulla scena internazionale. Ora il pontificato ratzingeriano ha prodotto una fase di stasi.

Si profila, secondo alcuni diplomatici, un “viaggio impolitico”. Dinanzi alla primavera araba, con le sue speranze e i suoi rischi, Benedetto XVI non ha finora sviluppato un discorso di ampio respiro. Sulla vicenda siriana, al di là degli auspici di pace civile, il Vaticano si trova psicologicamente in uno stallo. In passato si fidava maggiormente della libertà concessa dal regime autoritario di Assad e oggi teme che la “rivoluzione” porti alla ribalta l’integralismo musulmano. Il chirurgo francese Jacques Bérès, co-fondatore di Medecins sans frontières, sostiene di aver trovato nell’ospedale di Aleppo controllato dai ribelli una “forte proporzione di fondamentalisti e jihadisti”, in gran parte stranieri.

Particolarmente preoccupante - alla luce della strategia di pace molto chiara di Giovanni Paolo II - è l’attuale silenzio papale di fronte all’attacco contro l’Iran, perseguito ossessivamente dal governo di Netanyahu. All’interno di Israele, persino negli ambienti dei servizi segreti, vi sono forti obiezioni ad un’avventura dagli esiti devastanti. I falchi israeliani non hanno mai accettato il negoziato di pace globale offerto dalla Lega araba del 2002 e trovano decennio dopo decennio sempre un nuovo nemico (e con il demagogo Ahmadinejad hanno buon gioco) per rimandare la fine dell’occupazione delle terre palestinesi, chiesta compattamente dai vescovi mediorientali. Per la destra israeliana c’è sempre un demone da combattere: Arafat, Hamas, Saddam Hussein, poi (per un periodo) la Siria e ora l’Iran. E il Papa tace. D’altronde anche l’Europa finge di non vedere. Il disastro dell’Iraq, pare, non ha insegnato nulla.


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