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1986: W O ITALY...

DIALOGO TRA RELIGIONI: APPELLO DI PACE 2006 dell’incontro interreligioso di Assisi (4-5 settembre)

giovedì 7 settembre 2006 di Federico La Sala
[...] In questi giorni, ci siamo chinati sulle nostre diverse tradizioni religiose che, in modo differente, testimoniano un messaggio di pace dalle radici antiche. Abbiamo intrecciato il nostro dialogo con uomini e donne di cultura laica e umanista. Abbiamo vissuto una scuola di dialogo.
Oggi ci siamo raccolti nella preghiera secondo le diverse tradizioni religiose, convinti del valore dell’invocazione a Dio nella costruzione della pace. Abbiamo mostrato come la preghiera non divide, ma (...)

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lunedì 11 settembre 2006

PER LA PACE, IL DIALOGO, E LA RICONCILIAZIONE - COME AD ASSISI, A LORETO: SULLA SCIA GORAGGIOSA ("non abbiate paura) di Giovanni Paolo II - W O ITALY !!!


Anche dal Medioriente per pregare insieme e testimoniare il grande valore della condivisione

«Eurhope»: a Loreto il volto giovane della pace

All’ombra della Santa Casa l’XI edizione del raduno che ricorda l’incontro dei ragazzi del Vecchio Continente con Wojtyla nel1995

Da Loreto Giacomo Ruggeri (Avvenire, 10.09.2006)

Farsi casa perché Dio possa abitare il cuore dell’uomo. Da stranieri a ospiti, da nomadi a pellegrini con la consapevolezza che accogliere significa svelarsi e condividere. È ancora vivo il ricordo del 10 settembre 1995 quando Giovanni Paolo II volle incontrare i giovani d’Europa nella spianata di Montorso a Loreto: nacque Eurhope e con esso il centro di spiritualità per i giovani intitolato a Papa Wojtyla. Ieri sera e per tutta la notte nella Basilica dedicata alla Vergine Lauretana erano tanti i giovani a pregare; non è stato solo ricordato un evento, ma si è rinnovato l’impegno ad essere tessitori di riconciliazione. «Ci sono qui presenti stasera dei ragazzi con delle bandiere - ha detto monsignor Gianni Danzi, arcivescovo prelato di Loreto salutando in modo particolare i giovani dell’Agorà del Mediterraneo - e non c’è una bandiera unica per tutti, ma tante diversità. È bello vedere che sotto la bandiera turca c’è un turco, sotto la bandiera libanese un ragazzo libanese eppure tutte queste bandiere fanno l’unione, perché il libanese è vicino al palestinese, l’israeliano e vicino al siriano».

Paesi che sono conosciuti purtroppo quasi solo per il versante della guerra ma che nella loro forza più giovane stanno lavorando per il dialogo e la riconciliazione. Parole che si sono tramutate in realtà ed esperienza nelle parole dei frères Leandro e Cristiàn della comunità di Taizé. E il ricordo di frère Roger, ad un anno della morte, riecheggia nella loro testimonianza. «Molti giovani aspirano ad un’unità interiore per scoprire veramente chi sono - hanno raccontato a Loreto i monaci di Taizé -. Quando abbandoniamo questa ricerca dell’unità, l’essenziale è come velato e viviamo una frustrazione. L’individualismo non è la strada che porta alla felicità: è soltanto nella condivisione con gli altri che possiamo scoprire noi stessi». Taizé, questa parabola di riconciliazione nel cuore dell’Europa non vuole essere la meta finale per coloro che la frequentano. «Ogni persona - hanno proseguito Leandro e Cristiàn - hanno bisogno di trovare una patria per il loro cuore. E questa non è Taizé, ma Dio. In italiano c’è quella bellissima parola che non esiste in altre lingue: essenzialità. In una situazione dove non ci sono tutte le comodità che normalmente riempiono la vita dei giovani oggi, si può scoprire una dimensione più essenziale dell’esistenza».

Maria, quale icona per eccellenza della fedeltà a Dio, continua a rendere docili i cuori dei tanti giovani che si pongono in atteggiamento di ricerca e serio cammino di discernimento vocazionale. Ma fra tante incertezze presenti nella società, quali aiuti e consigli per riscrivere ognuno il proprio «Eccomi». «Il sì al fondo del nostro cuore - hanno ricordato ai giovani i frères di Taizé - non viene fuori quando siamo obbligati, ma quando ci sentiamo capiti ed amati come siamo, da qualcuno che vede i nostri difetti ma vede anche e soprattutto in noi qualcosa di più profondo, un cuore fatto per il dono di sé. Questo sì a Dio, che viene dal più profondo del cuore umano - hanno proseguito - è quindi innanzitutto un sì all’amore, alla vita. Poi si concretizza in diverse maniere: formando una famiglia o prendendo il cammino della vita sacerdotale o religiosa».

In una cultura dell’immediato e fruibile, pensare e pregare per ciò che ha sapore del «per sempre» non è semplice coltivare i semi del Vangelo. Ma dalla comunità d’oltralpe di Taizé non tarda il monito che incoraggia i giovani: «Molti giovani oggi hanno sperimentano innanzitutto le rotture dell’amore - raccontano Leandro è Cristiàn - e quindi fanno fatica a credere che una continuità in una scelta di vita sia possibile. La Chiesa non è forse chiamata ad essere il luogo dove si scopre il volto di un Dio compassionevole e fedele? E quando si parla della Chiesa - concludono i frères - si parla ovviamente di tutti noi, chiamati a testimoniare con la nostra esistenza che un sì a Dio per tutta la vita, sulle orme della Vergine Maria e di tanti santi, può essere una realtà oggi».


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