Wwf: «Nel 2050 servirà un altro pianeta»
Allarme lanciato dal Living Planet Report, il debito ecologico è preoccupante
(La Stampa, 24/10/2006)
ROMA. «Un pianeta non basta, tanto che nel 2050 ce ne vorranno ’duè se continua l’attuale ritmo di consumo di acqua, suolo fertile, risorse forestali, specie animali tra cui le risorse ittiche. Gli ecosistemi naturali si stanno degradando ad un ritmo impressionate, senza precedenti nella storia della specie umana». È quanto riporta con grande chiarezza il Living Planet Report 2006 (Pdf), l’ultimo rapporto del Wwf, giunto alla sua sesta edizione, lanciato oggi al livello mondiale proprio da uno dei paesi a più rapido sviluppo, la Cina.
Il Living Planet Report conferma anche una continua perdita di biodiversità, così come analizzato nelle precedenti edizioni. I grafici degli andamenti delle popolazioni delle specie viventi dimostrano globalmente una pericolosa discesa: il rapporto dimostra che in 33 anni (dal 1970 al 2003) le popolazioni di vertebrati hanno subito un ’tracollò di almeno 1/3 e nello stesso tempo l’Impronta Ecologica dell’uomo - ovvero, quanto ’pesà la domanda di risorse naturali da parte delle attività umane - è aumentata ad un punto tale che la Terra non è più capace di rigenerare ciò che viene consumato.
Siamo in un debito ecologico estremamente preoccupante, considerato che i calcoli dell’impronta ecologica sono per difetto. Consumiamo le risorse più velocemente di quanto la Terra sia capace di rigenerarle e di quanto la Terra sia capace di «metabolizzare» i nostri scarti - ha dichiarato Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia - E questo porta a conseguenze estreme ed anche molto imprevedibili. È tempo di assumere scelte radicali per quanto riguarda il mutamento dei nostri modelli di produzione e consumo.
Il primo indicatore, l’Indice del Pianeta Vivente si basa sui trend di oltre 3.600 distinte popolazioni di 1300 specie di vertebrati in tutto il mondo. In tutto sono stati analizzate 695 specie terrestri, 344 di acqua dolce e 274 specie marine. Negli oltre trent’anni presi in considerazione le specie terrestri si sono ridotte del 31%, quelle di acqua dolce del 28% e quelle marine del 27%.
Il secondo indice, l’Impronta Ecologica, misura la domanda in termini di consumo di risorse naturali da parte dell’umanità. Il ’pesò dell’ impatto-umano sulla Terra è più che triplicato nel periodo tra il 1961 e il 2003. Questo rapporto mostra che la nostra impronta ha già superato nel 2003 del 25% la capacità bioproduttiva dei sistemi naturali da noi utilizzati per il nostro sostentamento. Nel rapporto precedente (quello pubblicato nel 2004 e basato sui dati del 2001) era del 21%. In particolare, l’Impronta relativa alla CO2, derivante dall’uso di combustibili fossili, è stata quella con il maggiore ritmo di crescita dell’intera Impronta globale: il nostro ’contributò di CO2 in atmosfera è cresciuto di nove volte dal 1961 al 2003.
L’Italia ha un’impronta ecologica (sui dati 2003) di 4,2 ettari globali pro capite con una biocapacità di 1 ettaro globale pro capite, dimostrando quindi un deficit ecologico di 3.1 ettaro globale pro capite. Nella classifica mondiale è al 29 posto, ma in coda rispetto al resto dei paesi europei. Paesi con oltre un milione di abitanti con l’Impronta ecologica più ’vasta ’ calcolata su un ettaro globale a persona, sono gli Emirati Arabi, gli Stati Uniti, la Finlandia, il Canada, il Kuwait, l’Australia, l’Estonia, la Svezia, la nuova Zelanda e la Norvegia. La Cina si pone a metà nella classifica mondiale, al 69mo posto, ma la sua crescita economica ed il rapido sviluppo economico che la caratterizza giocheranno un ruolo chiave nell’uso sostenibile delle risorse del pianeta nel futuro.