Fao, non c’è sviluppo senza comunicazione
di Luigina D’Emilio *
JMeno propaganda, più impegni concreti sul campo. Meno monologhi, più dialoghi. Con questo messaggio si è conclusa a Roma venerdì 27 novembre la tre giorni del primo Congresso Mondiale sulla Comunicazione per lo Sviluppo, organizzata dalla Fao e dalla Banca Mondiale.
«Il luogo adatto dove ribadire che comunicazione e sviluppo sono due facce della stessa medaglia, entrambe indispensabili per colmare le distanze tra Paesi ricchi e Paesi poveri», ha spiegato Jacques Diouf, direttore generale dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) delle Nazioni Unite.
«Un forum mondiale che dà voce al mondo dove la parola d’ordine è dialogo. Non ci sono insegnamenti unici, ma la necessità di oltre 500 rappresentanti di governi, università, centri di ricerca, ong e associazioni della società civile di confrontarsi sui legami tra comunicazione e sviluppo sociale» replica Paul Mitchell, responsabile della divisione di Comunicazione per lo sviluppo della Banca Mondiale.
Una necessità nata dalla consapevolezza che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno accelerato la crescita economica in tutto il mondo e hanno creato un mercato globale che però può rappresentare un pericolo per molti Paesi. Infatti, proprio il ritmo al quale le nuove frontiere avanzano rischia di far aumentare il distacco tra coloro che hanno accesso a telefoni cellulari e rete web ed il miliardo di persone che non ce lo hanno.
Il rischio, secondo la Fao è quello di allargare ancora di più il divario tra tutti coloro che mangiano tre pasti al giorno e gli 854 milioni che si considerano fortunati se ne hanno uno.
Lo sviluppo, dunque, non può non passare dalla partecipazione e quindi dalla comunicazione che ha almeno due ruoli fondamentali da svolgere: consentire la comunicazione dal basso verso l’alto che permette a chi fa politica di entrare in contatto con i destinatari delle politiche. Ed essere il controllore delle politiche stesse, della loro implementazione e della loro efficacia.
E, infatti, l’obiettivo di questo appuntamento - spiegano gli organizzatori - è «quello di riuscire a perseguire una comunicazione efficace che ha il potenziale di cambiare la vita di tantissime persone inculcando il seme della conoscenza e della speranza tra i poveri del mondo».
La comunicazione vista come elemento acceleratore nel campo della riduzione della povertà, della sicurezza alimentare, della salute pubblica, del buon governo e dello sviluppo sostenibile.
Questi i temi dibattuti, ma anche esempi concreti di Paesi che hanno sviluppato idee innovative, creative e utili. È il caso di Mission 2007, questo il nome del progetto che coinvolge alcune zone dell’India e che prevede la costruzione di poli di comunicazione rivolti alla cittadinanza più povera come contadini raggruppati in forum di discussione radiofonici.
Ma si toccano argomenti anche più gravi, come la significativa diminuzione della pratica dell’infibulazione in Burkina Faso grazie a mirate strategie di comunicazione.
Non sono però solo i paesi più poveri a godere degli effetti benefici legati ad alcune tecniche di comunicazione, basta pensare che un altro progetto educativo nasce in Irlanda del nord dove, ai bambini, vengono trasmessi cartoni animati che lanciano messaggi per ridurre il distacco dai coetanei inglesi.
Il termine comunicazione, dunque, è considerato nella totalità degli strumenti che comprende: «anche quando si fa musica si comunica - spiega il rappresentante del Marocco che parla del festival musicale del suo Paese - noi così valorizziamo le differenze di tutti perché anche tramite queste manifestazioni si può e si deve dialogare per conoscere ciò che consideriamo diverso».
E ovviante come ogni iniziativa che si rispetti a fare capolino anche le polemiche di chi ritiene che sia necessario capire quali politiche linguistiche vadano adottate per preservare l’identità dei popoli e non creare discriminazione.
Ma alla Fao rispondono convinti del fatto che è arrivato il tempo di ascoltare, «di dare voce alle persone aiutandole a far sì che le loro parole vengano ascoltate, solo in questo modo lo sviluppo diviene sostenibile; anche essere buoni ascoltatori aiuta, perché abbiamo molto da apprendere dagli altri».
Nei prossimi anni, dunque, le linee guida della comunicazione per lo sviluppo, secondo l’organizzazione delle Nazioni Unite, devono basarsi innanzitutto sull’ascolto e per i rappresentanti delle istituzioni che hanno partecipato al congresso il messaggio più importante è stato chiaro e semplice:«andate a casa e ascoltate i vostri cittadini».
* www.unita.it, Pubblicato il: 27.10.06 Modificato il: 27.10.06 alle ore 18.53