la svolta
Il Pakistan e il film-denuncia
Il premier: «Basta delitti d’onore»
Nawaz Sharif all’anteprima di «A Girl in the River», in corsa agli Oscar di domenica, ha promesso nuove leggi per punire chi commette questi reati «degradanti» e «ignobili»
di Alessandra Muglia *
In Pakistan oltre mille ragazze vengono uccise brutalmente in nome dell’onore ogni anno. Un delitto «assolutamente contro l’Islam, chiunque lo compia deve essere punito molto duramente, bisogna cambiare la legge il più presto possibile». A sollecitare un cambiamento che sa di rivoluzione in questo Paese non è ora un attivista dei diritti umani ma il premier pachistano in persona.
La decisa presa di posizione di Nawaz Sharif, raccolta dal Guardian, arriva dopo la proiezione a Islamabad del docufilm sui delitti d’onore in corsa agli Oscar di domenica. Ed è già una prima vittoria per «A Girl in the River: The Price of Forgiveness» (Una ragazza nel fiume: il prezzo del perdono), storia della diciannovenne pachistana Saba Qaiser sopravvissuta miracolosamente al tentativo di delitto d’onore da parte del padre e dello zio.
All’inizio del film la ragazza ripete più volte «non li perdonerò mai» ma alla fine si ritrova ad ammettere di aver ceduto, esausta, alle richieste dei parenti. Il documentario svela l’immensa pressione esercitata da una società fortemente patriarcale per indurre la giovane a perdonare i suoi aggressori. L’interpretazione corrente della sharia permette agli assassini di evitare la pena se perdonati dalla famiglia delle vittime.
«Omidici premeditati»
«Non può esserci perdono per il crimine d’onore, si tratta di omicidi premeditati», è la denuncia lanciata dalla regista Sharmeen Obaid-Chinoy, già vincitrice dell’unico Oscar pachistano con un altro documentario (nel 2012, sulle donne sfregiate dall’acido). «Prima di arrivare a cambiare la mentalità delle persone, dobbiamo mandare i colpevoli in prigione, così la gente può iniziare a capire che uccidere qualcuno è una cosa grave che merita una lunga detenzione» ha detto.
«Nessun onore»
La sfida è stata raccolta dal premier Sharif, presente all’anteprima del film a Islamabad:«Il documentario mostra che non c’è nessun onore nei delitti d’onore», ha dichiarato, definendo tale pratica «degradante» e «ignobile», «contraria agli insegnamenti del Corano e agli ideali di Mohammad Ali Jinnah», padre fondatore della nazione. Per questo la legge islamica che permette alle famiglie di uccidere le loro figlie in nome dell’onore e di evitare le pene sarà presto contrastata, ha assicurato.
Sfida all’establishment religioso
Un coraggioso atto di sfida all’establishment religioso più conservatore per alcuni osservatori sorprendente da parte di Sharif che nei suoi primi due mandati da primo ministro, negli anni ’90, aveva portato avanti politiche islamizzanti pro sharia. Mufti Kifayatullah, leader del partito religioso Jamiat Ulema-e-Islam, ha ammesso un «cattivo uso della legge islamica», avvertendo però che ogni tentativo di riforma sarà contrastato. «Abolire le leggi islamiche non sarà tollerato, visto che questo Paese è nato nel nome dell’Islam. I partiti religiosi non permetteranno al governo di risolvere il problema in questo modo». La guerra è cominciata. E Los Angeles può dare una mano a vincerla.
* Corriere della Sera, 23 febbraio 2016 (ripresa parziale).