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Per l’inizio del dialogo, quello vero (B. Spinelli)

ITALIA E PAKISTAN: LA DIVINA COMMEDIA (Dante Alighieri) E IL POEMA CELESTE (Muhammad Iqbal). Ri-leggiamo insieme... le due opere e i due Autori! Un’ipotesi di rilettura di DANTE .... e un appello per un convegno e per il Pakistan!!!

DANTE PER LA PACE, PER LA PACE TRA LE RELIGIONI E TUTTI I POPOLI.
venerdì 9 novembre 2007 di Federico La Sala
[...] W O ITALY ... Dopo di lui, in Vaticano, è tornata la confusione, la paura, e la volontà di potenza e di dominio. Un delirio grande, al di qua e al di là del Tevere, ma La Legge dei nostri ‘Padri’ e delle nostre ‘Madri’ Costituenti è sana e robusta ... Dante è riascoltato a Firenze, come in tutta Italia - e nel mondo. Anche nel Pakistan - memori del “Poema Celeste” (Muhammad Iqbal) - la Commedia non è stata dimenticata!!! [...]
PENSARE UN ALTRO ABRAMO: GUARIRE LA NOSTRA (...)

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> ITALIA E PAKISTAN: LA DIVINA COMMEDIA (Dante Alighieri) E IL POEMA CELESTE (Muhammad Iqbal). --- I detti islamici di Gesù (di Giorgio Montefoschi Le parole di Cristo nel Corano).

sabato 29 agosto 2009

Le parole di Cristo nel Corano

Un Gesù più ascetico nei testi islamici

di Giorgio Montefoschi (Corriere della Sera, 29.8.2009)

Per il Corano e l’Islam Gesù non è figlio di Dio e la sua crocifissio­ne è stata «apparente» (nel senso che, secondo alcu­ni, al suo posto, morì un sosia, secondo altri fu un accadimen­to, appunto, solo apparente). È, invece, un grandissimo pro­feta e, privilegio che non è di Maometto, la sua nascita pro­viene dal grembo di una don­na vergine: Maria, oggetto di culto e di venerazione, dichia­rata dal libro sacro «eletta so­pra le donne dei mondi». È il caso unico di una religione che adotta la figura centrale di un’altra, finendo per riconosce­re questa figura come costituti­va della propria identità.

Del re­sto, non poche sono le vie di comunicazione tra le due reli­gioni: il Corano mostra stretti legami con l’Antico e il Nuovo Testamento; la biografia di Ma­ometto conferma il valore di quei legami (il suo incontro col monaco cristiano Sergio nella città siriana di Bostra, la concubina cristiana Maria la Copta dalla quale ebbe l’unico figlio maschio); i rapporti tra cristiani e musulmani nella medesima regione geografica mediorientale sono sempre stati fecondi; altrettanto fecon­di vanno considerati i contatti tra i circoli del sufismo e i mo­naci cristiani.

Sappiamo che una larga tradizione, costituita da vari scritti cristiani non ca­nonici - come, ad esempio, la Lettera di Giacomo , il Vange­lo di Tommaso , il Vangelo de­gli Ebioniti , il Vangelo degli Egiziani - attesta come le pa­role pronunciate da Gesù nella sua vita, non siano soltanto quelle attribuitegli dai quattro Vangeli.

I detti islamici di Ge­sù (edizioni Mondadori-Loren­zo Valla, a cura di Sabino Chia­là, pp. 220, e 24), raccoglie i detti di Gesù che, dall’VIII al XIX secolo dopo Cristo, appaio­no, oltre che nel Corano, nella moltitudine dei trattati religio­si o filosofici, talvolta di gran­de pregio letterario, nei quali si riferiscono detti o insegna­menti attribuiti a vari mistici o asceti e tra questi Gesù. È un libro molto interessante. I let­tori vi troveranno parecchie pa­role simili o quasi a quelle che conoscono dai Vangeli; altre diverse, eppure riconducibili alla medesima verità; altre an­cora completamente scono­sciute; infine, attraverso il Ge­sù dell’Islam, leggeranno l’Islam.

Come il Gesù cristiano, il Ge­sù dell’Islam guarisce i malati e resuscita Lazzaro. Cammina sulle acque e al discepolo che gli viene incontro affondando dice: «Dammi la mano, uomo di poca fede. Se il figlio di Ada­mo avesse la misura di un chic­co o di un atomo di fede sicu­ra, certamente camminerebbe sull’acqua». A chi si preoccupa del proprio sostentamento di­ce: «Non vedete forse gli uccel­li del cielo, che non seminano e non mietono, eppure Dio che è in cielo li sostenta? Man­giate pane d’orzo ed erbe selva­tiche e sappiate che, se neppu­re per quelle cose voi rendete grazie, come potreste farlo per cose superiori a quelle?». A chi gli chiede di insegnargli in che modo un servo può essere ve­ramente devoto verso Dio, ri­sponde: «Devi veramente ama­re Dio con il tuo cuore, agire per lui con tutta la diligenza e la forza di cui sei capace ed es­sere misericordioso con quelli della tua razza come lo sei con te stesso», specificando che «quelli della tua razza» sono tutti i figli di Adamo. Al Getse­mani, conosce la tristezza e la paura della morte; rimprovera i discepoli che non riescono a vegliare con lui; (ma è a loro che chiede di intercedere pres­so Dio per ritardare la sua ora: quindi, non è il Figlio, non chiama suo Padre, non si rivol­ge direttamente a Lui - come in Marco, Matteo e Luca - di­cendo: «Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà»). Finalmente, ai discepoli che, una volta torna­to fra loro, gli raccontano che Giuda si è ucciso impiccando­si, dice che se Giuda «mai si fosse rivolto verso Dio, Dio si sarebbe volto verso di lui» - e così spiega il perdono.

Rispet­to al Gesù cristiano, il Gesù del­l’Islam è più ascetico e, se vo­gliamo, più severo. La sua os­sessione è il mondo. Anche il Gesù dei Vangeli ammonisce che la vera vita non è di questo mondo. Le parole che il Gesù dell’Islam pronuncia a condan­na del mondo, sono le stesse o non molto dissimili da quelle pronunciate dal Gesù della tra­dizione cristiana: «La dolcezza del mondo è amarezza dell’al­dilà e l’amarezza in questo mondo è dolcezza dell’aldilà... Non cercate il mondo perden­do voi stessi ma cercate voi stessi lasciando ciò che è in es­so... Se siete miei commensali e compagni, disponetevi a es­sere nemici del mondo e a odiarlo; se non l’avrete fatto, non sarete miei compagni e fratelli». È pure vero, tuttavia, che la congiunzione divina del Padre e del Figlio nella carne, consente al cristiano «ospite del mondo» di guardare al mondo con maggiore indul­genza e una segreta riserva d’amore.


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