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Per l’inizio del dialogo, quello vero (B. Spinelli)

ITALIA E PAKISTAN: LA DIVINA COMMEDIA (Dante Alighieri) E IL POEMA CELESTE (Muhammad Iqbal). Ri-leggiamo insieme... le due opere e i due Autori! Un’ipotesi di rilettura di DANTE .... e un appello per un convegno e per il Pakistan!!!

DANTE PER LA PACE, PER LA PACE TRA LE RELIGIONI E TUTTI I POPOLI.
venerdì 9 novembre 2007 di Federico La Sala
[...] W O ITALY ... Dopo di lui, in Vaticano, è tornata la confusione, la paura, e la volontà di potenza e di dominio. Un delirio grande, al di qua e al di là del Tevere, ma La Legge dei nostri ‘Padri’ e delle nostre ‘Madri’ Costituenti è sana e robusta ... Dante è riascoltato a Firenze, come in tutta Italia - e nel mondo. Anche nel Pakistan - memori del “Poema Celeste” (Muhammad Iqbal) - la Commedia non è stata dimenticata!!! [...]
PENSARE UN ALTRO ABRAMO: GUARIRE LA NOSTRA (...)

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> ITALIA E PAKISTAN: LA DIVINA COMMEDIA (Dante Alighieri) E IL POEMA CELESTE (Mohammad Iqbal)..... "Ieri sera ricevo una mail da un amico: «Hai visto? Osama bin Laden è stato ucciso». C’è un link. Vado a vedere. È Benazir Bhutto che parla, intervistata da Al Jazeera in lingua inglese. Dice, testualmente, tra molte altre cose, che Omar Sheikh è «l’uomo che ha ucciso Osama bin Laden». Riguardo, straluno. Controllo una seconda volta. Inequivocabile. Un lapsus? Non sembra: Benazir parla con assoluta calma e indica nomi con perfetta precisione. Controllo la data. È il 2 novembre 2007" (OSAMA E’ MORTO, LO DISSE BENAZIR - di Giulietto Chiesa).

venerdì 18 gennaio 2008

Osama è morto, lo disse Benazir

Sul Web il nome dell’assassino

di GIULIETTO CHIESA

Omar Sheikh è «l’uomo che ha ucciso bin Laden»

da www.lastampa.it *

15/1/2008 (8:6) - LO SCOOP

Ieri sera ricevo una mail da un amico: «Hai visto? Osama bin Laden è stato ucciso». C’è un link. Vado a vedere. È Benazir Bhutto che parla, intervistata da Al Jazeera in lingua inglese. Dice, testualmente, tra molte altre cose, che Omar Sheikh è «l’uomo che ha ucciso Osama bin Laden». Riguardo, straluno. Controllo una seconda volta. Inequivocabile. Un lapsus? Non sembra: Benazir parla con assoluta calma e indica nomi con perfetta precisione. Controllo la data. È il 2 novembre 2007, due mesi e dodici giorni fa. L’intervistatore, David Frost, è giornalista esperto. Ma assorbe la notizia come se non l’avesse sentita. Non chiede nemmeno «quando?». Passa oltre. Sbalorditivo. Guardo il contatore delle persone che, nel frattempo, sono andate a vedere quel filmato: in quel momento sono 292.364. Altre decine di siti web stanno commentando quello che vedo io su You Tube.

Ma anche Wikipedia ne è pieno. Decine di migliaia di persone ne discutono. Ma non un solo giornale ha ripreso la notizia. Da due mesi. Non un solo telegiornale l’ha fatta vedere. Da oltre due mesi. Nemmeno Al Jazeera, stavolta molto distratta. Non un solo governo commenta. Nemmeno la Cia, nemmeno l’Fbi. Neppure per smentire. Un silenzio assordante come pochi. Eppure Osama aveva sulla sua testa una taglia americana da 25 milioni di dollari, dead or alive, vivo o morto. Come minimo dovrebbero accertare se devono erogarla a Omar Sheikh, quello stesso che, per inciso, consegnò a Mohammed Atta, secondo l’inchiesta ufficiale, 100 mila dollari qualche giorno prima dell’11 settembre, e che era a Washington, quel giorno fatale, guarda caso. Poi Benazir è stata ammazzata, al secondo tentativo.

E non ci potrà più dire nulla delle sue fonti d’informazione. Nessuno di coloro che l’hanno pianta, o commemorata, ha ricordato la sua rivelazione del 2 novembre. Nemmeno l’illustre Economist - che ha dedicato al Pakistan la copertina del penultimo suo numero, con il titolo «Il paese più pericoloso del mondo» - si è accorto di quelle parole di Benazir. Tutti molto distratti. Resta solo da chiedere al presidente Musharraf - non senza avergli augurato lunga vita - di fornirci qualche ulteriore informazione sul signor Omar Sheikh, che lavorava allora per i suoi servizi segreti. Qualcosa deve saperne, almeno lui, visto che nel suo libro del 2006 («In the line of fire: a memoir», Free Press) affermava di sospettare che avesse lavorato, negli anni ‘90, per il servizio segreto di Sua Maestà britannica, il famoso Mi 6.

* Il dialogo, Venerdì, 18 gennaio 2008


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