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Per l’inizio del dialogo, quello vero (B. Spinelli)

ITALIA E PAKISTAN: LA DIVINA COMMEDIA (Dante Alighieri) E IL POEMA CELESTE (Muhammad Iqbal). Ri-leggiamo insieme... le due opere e i due Autori! Un’ipotesi di rilettura di DANTE .... e un appello per un convegno e per il Pakistan!!!

DANTE PER LA PACE, PER LA PACE TRA LE RELIGIONI E TUTTI I POPOLI.
venerdì 9 novembre 2007 di Federico La Sala
[...] W O ITALY ... Dopo di lui, in Vaticano, è tornata la confusione, la paura, e la volontà di potenza e di dominio. Un delirio grande, al di qua e al di là del Tevere, ma La Legge dei nostri ‘Padri’ e delle nostre ‘Madri’ Costituenti è sana e robusta ... Dante è riascoltato a Firenze, come in tutta Italia - e nel mondo. Anche nel Pakistan - memori del “Poema Celeste” (Muhammad Iqbal) - la Commedia non è stata dimenticata!!! [...]
PENSARE UN ALTRO ABRAMO: GUARIRE LA NOSTRA (...)

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> PAKISTAN --- Lotta al terrorismo ed emergenza umanitaria causata dalle devastanti alluvioni: è la doppia sfida al Pakistan. Serve l’aiuto internazionale (di Gabriele Nicolò).

giovedì 12 agosto 2010

Serve l’aiuto internazionale

Il Pakistan tra alluvioni e terrorismo

di Gabriele Nicolò *

Lotta al terrorismo ed emergenza umanitaria causata dalle devastanti alluvioni: è la doppia sfida al Pakistan e che, nello stesso tempo, sollecita il sostegno della comunità internazionale. In un Paese già segnato dalla povertà, è facile prevedere, anche sulla base delle ultime stime del Fondo monetario internazionale, che l’endemica crisi economica, a seguito delle alluvioni, (che hanno colpito circa 14 milioni di persone) assumerà presto proporzioni ancor più vaste. La popolazione è in ginocchio, mentre incombono carestia e malattie. La comunità internazionale ha cominciato a mobilitarsi con l’obiettivo di alleviare, per quanto possibile, queste ferite profonde. Ma sul fronte della lotta al terrorismo, la stessa comunità internazionale si dice scettica sull’atteggiamento delle autorità di Islamabad, sospettate di non fare abbastanza per estirpare dal territorio la presenza talebana. E, fatto non meno grave, di dare rifugio ad alcuni leader guerriglieri, considerati le menti di attentati e imboscate.

Le autorità di Islamabad, oltre a respingere ogni addebito, si stanno offrendo, con sempre maggiore insistenza, come interlocutore privilegiato nell’ambito degli sforzi diplomatici per uscire dalla crisi afghana e regionale. Sull’effettivo contributo che il Pakistan può dare alla lotta al terrorismo pesa la difficile realtà, sociale e politica, con la quale il Paese deve fare i conti: una realtà che le alluvioni, e il conseguente disastro ambientale, hanno reso ancor più drammatica.

Sul piano politico, dunque, la comunità internazionale valuta con sospetto l’atteggiamento ondivago del Pakistan nei riguardi del terrorismo. Ma Islamabad - il cui Governo, tra l’altro, è segnato da tensioni interne - non demorde e si dice determinata a rivelarsi una delle chiavi per risolvere la crisi regionale.

Quando il presidente pakistano Zardari ha valutato, in un’intervista a "Le Monde", che l’Occidente sta perdendo la guerra contro il terrorismo, Kabul ha replicato sostenendo che, di fronte a tale sfida, occorrerebbe una più forte cooperazione regionale e globale. Il presidente pakistano, nel lanciare il suo allarme, intendeva sottintendere, come rilevano alcuni analisti, che la guerra contro il terrorismo potrebbe avere miglior sorte se il ruolo di Islamabad fosse adeguatamente valorizzato.

Recentemente le autorità pakistane hanno comunicato di aver arrestato il numero due nella gerarchia talebana, il mullah Abdul Ghani Baradar, da tempo ricercato. Islamabad ha sottolineato che il suo arresto è anche un segno della volontà di cooperare nella lotta al terrorismo nell’intera regione, nonché la risposta a quanti sospettano che il Pakistan, in proposito, non faccia abbastanza. L’accusa è stata rinnovata nei giorni scorsi dal premier britannico David Cameron. La reazione di Islamabad non si è fatta attendere: durante l’incontro, a Londra, con Cameron, il presidente pakistano Zardari ha rivendicato il ruolo del proprio Paese nella lotta al terrorismo, chiedendo più fiducia in Islamabad.

Quella di Cameron è solo l’ultima di una serie di critiche che la comunità internazionale ha rivolto al Pakistan. Non fu certo tenero il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, quando, nei mesi scorsi, le autorità di Islamabad firmarono un’intesa con i talebani per gestire il controllo della strategica valle dello Swat. Il capo della diplomazia statunitense accusò il Pakistan di "eccessiva accondiscendenza" nei riguardi dei guerriglieri. Clinton parlò anche di "compromesso" che avrebbe potuto avere gravi ripercussioni sui già fragili equilibri nella regione. Al segretario di Stato americano fece presto eco l’Unione europea, dicendo di dubitare dell’affidabilità del Pakistan quale alleato nella lotta al terrorismo. Zardari e il premier Gilani hanno sempre ribattuto a queste accuse, replicando con la promessa di un vero impegno per estirpare dal territorio la presenza talebana.

Negli ultimi tempi, con l’arresto di vari terroristi e con offensive militari nelle aree giudicate più a rischio, il Pakistan sta riacquistando la fiducia della comunità internazionale. Di recente lo stesso presidente Obama ha preso le difese di Islamabad, accusato di "collaborazionismo" con i talebani: il capo della Casa Bianca ha tenuto a sottolineare che il Pakistan rimane un alleato prezioso nello scenario mondiale. Certo la fuga di notizie sulla guerra in Afghanistan (oltre novantamila documenti segreti del Pentagono) da cui emergerebbero legami tra i servizi segreti pakistani e i talebani, non aiuta a migliorare le credenziali del Pakistan. Colpisce, tuttavia, l’immediata difesa formulata dall’Amministrazione statunitense che, sgombrando il campo da possibili speculazioni, ha dichiarato che i rapporti fra Washington e Islamabad non subiranno ripercussioni: tanto meno da congetture tutte da verificare.

Spicca dunque la riserva di fiducia sulla quale il Pakistan (nonostante le critiche che gli vengono mosse) può ancora contare, anzitutto da parte degli Stati Uniti, che a loro volta, secondo un chiaro calcolo politico, sanno che volgere le spalle a Islamabad significherebbe privarsi di un utile sostegno nella guerra al terrorismo. La recente visita di Hillary Clinton a Islamabad è stata indicativa di questa strategia del "bastone e della carota": il capo della diplomazia statunitense, mentre invitatava le autorità pakistane a impegnarsi più a fondo contro i terroristi, annunciava cospicui aiuti economici a beneficio di Islamabad.

* ©L’Osservatore Romano - 13 agosto 2010


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