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EU-ROPA

O.N.U. PRODI A NEW YORK: L’ITALIA PER LA PACE E PER UN’ORGANIZZAZIONE ALL’ALTEZZA DEL PRESENTE.

Per "un’azione corale" da parte dei paesi del nord e del sud del mondo
mercoledì 20 settembre 2006 di Federico La Sala
[...] Prodi ha detto: "Esistono gli estremismi e i fanatismi. Civiltà e religioni sono fatte per dialogare,per confrontarsi, per arricchirsi reciprocamente". Il presidente del Consiglio ha aggiunto che "possiamo promuovere questo rapporto costruendo nuove politiche di vicinato con i Paesi della Riva Sud del Mediterraneo, puntando a fare di questo mare il bacino della pace edella convivenza armonica tra le diverse civiltà".
Sul dossier nucleare iraniano, l’Italia - ha spiegato Prodi alla (...)

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mercoledì 3 gennaio 2007

Ridare senso all’Onu Luigi Bonanate

La violenza espressa dall’impiccagione di Saddam Hussein ha ancora rafforzato nella maggior parte dell’opinione pubblica mondiale il rifiuto per questa barbara via d’uscita dalle difficoltà di gestione dei grandi sconfitti della storia. La stessa vicenda Pinochet lo ha mostrato, ancorché molti abbiano cercato di liberarsene, compiacendosi che il dittatore cileno abbia tolto il disturbo da solo, prima che una Corte dovesse ingiungerglielo. Ma comunque il problema rimane: non si uccidono così i dittatori, potremmo dire, o meglio: non è giustiziandoli che si eliminano i pericoli delle dittature.

È proprio in questo senso che va intepretata la mossa annunciata ieri dall’Italia al suo rientro nel Consiglio di sicurezza Onu. L’iniziativa italiana alle Nazioni Unite - affinché la sua proposta di moratoria mondiale sulla pena di morte (appoggiata anche dall’Unione europea) venga posta al centro degli impegni di questa istituzione - non soltanto costringerà gli oppositori (e cioé prima di tutti, gli Stati Uniti e la Cina) a dire la loro, a spiegarsi con argomenti non di comodo o di emergenza, ma arriva nel momento in cui due congiunture la rendono particolarmente opportuna: l’ingresso in carica del nuovo Segretario generale, il sud-coreano Ban Ki Moon, e il rientro dell’Italia nel Consiglio di sicurezza, anche se in posizione non permanente. Il nostro Paese ha una tradizione di attaccamento ideale all’Onu che merita (quale che sia il giudizio che ciascuno vuol dare sul funzionamento di questa istituzione) il massimo apprezzamento da parte dell’opinione pubblica e testimonia la volontà del governo di mantenere la proposta nel suo ambito: se tutti avessero lo stesso nostro atteggiamento, le decisioni dell’Onu avrebbero ben altro peso e rispetto nel mondo. Ricordiamo tutti bene, poi, che l’Italia è stata attivissima nei dibattiti sulla riforma della Carta dell’Onu, specie con riferimento alla composizione del Consiglio di sicurezza e dunque al peso da attribuire a determinate regioni o Paesi che nel corso di questo mezzo secolo hanno modificato la logica dei rapporti di forza internazionali. Questa iniziativa, che di per se stessa mirava (ma finora senza successo) a fare dell’Italia un membro permanente del Consiglio di sicurezza, ci dice, in primo luogo, che effettivamente partecipare serve, e poi che partecipare vuol dire proporre grandi temi su cui aprire dibattiti mondiali.

La moratoria è un buon modo per realizzare tutto ciò, ma maggiormente - vorrei dire - per indicare quella che sarebbe una vera riforma dell’Onu: rimettere la politica al primo posto, sollevare dibattiti internazionali sui valori e sulle grandi questioni comuni dell’umanità. E non perdere il tempo a discutere di armi di distruzione di massa, come gli Stati Uniti fecero scrivendo una pagina ignobile della storia di questa istituzione.

La vera riforma sarebbe insomma ridare all’Onu decoro e compiti davvero realistici. È un po’ lo stesso problema della riforma della Costituzione italiana di cui da anni si discute e che si ritocca a pezzettini: ma che cosa davvero è cambiato? In realtà molto meno di quello che la quantità di parole spese avrebbe comportato: la ragione ne è semplicemente che ciò che produce veri cambiamenti sono le decisioni pubbliche, il voto degli elettori; gli articoli di un testo fondamentale, poi, non fanno che fotografare l’esito di quel voto, e non possono né devono (per questo è scorretto imporre riforme dei sistemi elettorali subito prima delle elezioni) influirvi. Analogamente, più o oltre che la riforma della Carta dell’Onu (specie con riferimento al diritto di veto, naturalmente) il vero obiettivo mi pare quello di rimettere questa grande istituzione - che con la sua antenata Società delle Nazioni, è ormai in pista da quasi un secolo - al centro della vita politica internazionale.

Questa conclusione ci consente di tornare al nuovo Segretario che nel suo primo giorno di lavoro, tuttavia, non è stato felicissimo: sulla moratoria della pena di morte è stato davvero generico e banale senza prender direttamente posizione (come per non inimicarsi gli Stati Uniti e la Cina in un colpo solo!) limitandosi a un semplice auspicio, mentre il tema consente a uno spirito illuminato di ogni parte del mondo di svolgere argomenti di grande valore etico e destinati a raccogliere anche una quantità di elogi. In secondo luogo, se avessi avuto la possibilità di dargli, almeno oggi, un altro consiglio, gli avrei detto di evitare di esser tanto vago e ovvio come è stato nel dichiarare che i tre pilastri della sua azione futura saranno la sicurezza internazionale, lo sviluppo economico e la tutela dei diritti umani. Tre temi sacrosanti e importantissimi. Ma chi al mondo non li sottoscriverebbe, almeno a parole? Il nuovo Segretario non può non essere consapevole che la società internazionale è sotto lo shock del disastro iracheno: da qualsiasi parte lo si guardi, ormai questa è la valutazione unanime.

Questa triste esperienza ci sta dicendo, ogni giorno più forte, che la politica internazionale è la politica di tutti noi e non possiamo disinteressarcene, anche se è complessa e difficile. La politica deve tornare al primo posto, perché non esiste alcun problema al mondo che possa essere risolto meglio dalle armi e dalla violenza piuttosto che dal dibattito e dalla politica. Oggi tutti noi, statunitensi compresi, abbiamo bisogno di politica, di discussione, magari anche ideologicamente aspra, ma diretta e sincera, e non di bugie sui missili intercontinentali della Corea del Nord, sulle bombe atomiche iraniane, sulle armi di distruzione di massa irachene. Il nuovo Segretario a questo dovrebbe dedicarsi inizialmente: far uscire l’Onu dalla sindrome del (quasi) pronto soccorso militare estemporaneo, provvisorio (e purtroppo sovente inutile), a favore di iniziative incisive, frutto di impegno e di determinazione, condiviso dai più grandi Stati del mondo che, non dimentichiamolo, non possono più illudersi di governare il mondo senza consenso: se vogliono il nostro, se lo devono guadagnare.

* l’Unità, Pubblicato il: 03.01.07, Modificato il: 03.01.07 alle ore 11.05


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