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Uomini e donne, per un "cambio di civiltà" - al di là del Regno di "Mammasantissima": l’alleanza edipica della Madre con il Figlio, contro il Padre, e contro tutti i fratelli e tutte le sorelle.

USCIAMO DAL SILENZIO: UN APPELLO DEGLI UOMINI, CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE. Basta - con la connivenza all’ordine simbolico della madre [Giocasta]!!! - a c. di Federico La Sala

L’antropologia come la teologia della "sacra famiglia" della gerarchia vaticana è zoppa e cieca: è quella del ’Figlio’ che prende - accanto alla Madre - il posto del padre "Giuseppe" e dello stesso "Padre Nostro"... e fa il "Padrino"!!!
lunedì 27 novembre 2006 di Federico La Sala

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> USCIAMO DAL SILENZIO: UN APPELLO DEGLI UOMINI, CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE. Basta - con la connivenza all’ordine simbolico di "Mammasantissima" (l’alleanza edipica della Madre con il Figlio, contro il padre e contro tutti i fratelli e tutte le sorelle) !!!.

giovedì 21 settembre 2006

Tuttavia un "cambio di civiltà" è possibile: c’è speranza se questo ’accade’ non solo in Piemonte, ma anche in ... Sicilia, sul giornale "La Sicilia"!!! ... e a Gerusalemme, nella città delle tre religioni in conflitto (ri-considerare la lezione di Freud, sull’edipo completo, e su "Mosè e il Monoteismo"!!!) e tuttavia "la città della pace"! Al di là dell’amore e dell’ordine edipico, si può andare - e ri-nascere o, se si vuole, ri-sorgere!!! Ricordiamolo: AMORE è più forte di Morte (Cantico dei Cantici: 8.6; trad. di Giovanni Garbini, Paideia, Brescia 1992).


DON FRANCO BARBERO: “E IO VI DICHIARO MOGLIE E MOGLIE”

di Marco Accostato (La Sicilia, 20.09.2006)

Cinzia dice che «è stata la mia prima vera storia», il suo «primo amore». E poco importa che quell’amore sia donna, donna come lei, e si chiami Manuela. Poco importa la separazione dal marito, avvenuta poco prima, e il figlio Andrea di 7 anni che ha accompagnato lei e la sua nuova compagna all’altare. Andrea con un padre lontano e due mamme nella medesima casa. «Non riesco a capire tutto questo scandalo rispetto all’amore delle stesso sesso», dice Cinzia.

Non lo capisce neppure «don» Franco Barbero. E non sarà certo l’ultima coppia lesbica che porterà convinto all’altare. Malgrado l’allontanamento dalla chiesa disposto nel 2003 dal prefetto del sant’Uffizio divenuto Papa Benedetto XVI, sono 104 le coppie che l’animatore della comunità cristiana di base a Pinerolo ha guidato fino al «sì». Uomini con uomini, donne con donne. Alcuni desiderosi di essere genitori. «Centoquattro coppie felici - racconta Barbero -, dopo i sei incontri di preparazione e preghiera vissuti da tutti sempre con grande intensità».

Cinzia e Manuela, 39 anni la prima, 30 la seconda, sono l’ultima coppia sposata da Franco Barbero. Originarie di Roma, dove vivono e dove hanno conosciuto il sacerdote non più sacerdote che ha però reso possibile il loro sogno davanti a un altare, sotto un crocifisso. «Vi dichiaro moglie e moglie». Parole che per «don» Barbero sembrano piuttosto un errore di scrittura, «non certo di natura». «Io celebro l’assoluta normalità dell’amore omosessuale. Uomini e donne che non possiedono la verità ma la cercano. Persone che si vogliono bene e hanno fede. Ed è tutto ciò che conta, credetemi. Amore fra loro e fede nel Signore». Ridotto allo stato laicale da un decreto pontificio, Franco Barbero l’aveva annunciato subito, dopo aver letto e riletto il decreto che «con molta sofferenza», alle 7 del mattino del 13 marzo 2003, gli comunicava - firmato Monsignor Debernardi - «la tua dimissione dallo stato clericale».

«C’è una tradizione secolare che ha eretto il modello eterosessuale a unico modello - riflette, sereno, Barbero -. Gli omosessuali sono stati e sono una rivoluzione. Fanno vedere che fuori dal modello esistono diverse possibilità di amore, ma chi ha il potere vuole un modello, solo perché si governa più facilmente. Quando però l’amore esplode non lo governi più».

Lo devi benedire, dice don Barbero Normale o diverso che sia. E’ amore comunque. «E l’amore è più forte». Fisico e spirituale. Come quello fra Cinzia e Manuela, che mano nella mano entrano in chiesa, e per tutta la cerimonia non sciolgono le loro dita quasi intrecciate. Sono partite da Roma in sei, i parenti e gli amici più cari. E hanno pronunciato il loro «sì», scambiato gli anelli, festeggiato.

«Mi hanno chiuso una porta e mi si è aperta una finestra», dice, «felice di essere sacerdote», Barbero. Ma niente telecamere né fotoreporter in Chiesa. In fondo non vede eccezionalità, nel suo gesto. «E’ la normalità dell’amore». Amore così uguale e così diverso. Un’altra coppia lesbica come Cinzia e Manuela dice che, in realtà, «il nostro non ha nulla che vedere con l’amore né con l’amicizia». E qualcosa di diverso ancora, «qualcosa che non puoi descrivere. Che provi e vivi».


LA BATTAGLIA DEI GAY ISRAELIANI

di Michele Giorgio (Il Manifesto, 20.09.2006)

Gerusalemme - Festa grande ieri all’Open House di Gerusalemme. Noa Satat, a capo dell’associazione omosessuale, per tutto il giorno ha fatto fatica a contenere la felicità. «Alla fine abbiamo avuto partita vinta, la Corte suprema ha riconosciuto la legittimità del Gay pride nella nostra città. E’ stata un vittoria del diritto sull’arbitrio. La manifestazione di quest’anno avrà per noi un’importanza particolare, alla luce della sobillazione che è stata organizzata nei nostri confronti», ha detto ai giornalisti che si sono precipitati alla sede di Open House dopo la sentenza dei massimi giudici israeliani che, pur ritenendo fondate le preoccupazioni della polizia per il mantenimento dell’ordine pubblico, hanno sentenziato che non si possono negare i diritti di una intera comunità a manifestare in pubblico. Vittoria ma non totale.

Il Gay Pride si farà il 10 novembre, dalle prime ore della mattina fino all’inizio del riposo sabbatico, ma vi parteciperanno solo gli omosessuali israeliani. L’evento mondiale nella Città santa - previsto tra luglio e agosto - di cui si parla ormai da due anni è stato ancora una volta rinviato, ufficialmente a causa di circostanze politiche - nel 2005 per il concomitante ritiro unilaterale di soldati e coloni ebrei da Gaza; quest’anno per l’offensiva israeliana contro il Libano - in realtà per le pressioni delle potenti istituzioni religiose ebraiche che quando si parla di lotta agli omosessuali ricevono l’appoggio incondizionato anche dei leader cristiani e musulmani locali. I rappresentanti delle tre fedi monoteiste - alleati contro «l’abominio che ferisce la sensibilità religiosa di milioni di persone», avevano lanciato anche un appello a Benedetto XVI. Battuti dalla sentenza della Corte suprema, i religiosi ebrei torneranno certamente alla carica in questi due mesi che mancano alla manifestazione per tentare di impedirla.

Per stabilire la data del 10 novembre sono occorse numerose schermaglie con il municipio israeliano di Gerusalemme, guidato dal sindaco ebreo ortodosso Uri Lupoliansky, e con la polizia che dietro i timori per l’ordine pubblico ha nascosto il suo sostegno alle ragioni dei religiosi. Nessun risultato, ad esempio, hanno dato le indagini avviate, formalmente, per individuare i responsabili di intimidazioni a danno delle organizzazioni degli omosessuali. Nei mesi scorsi a Mea Sharim e altri rioni ebraici sono apparsi manifesti in cui si offriva un compenso di 3 mila euro a chiunque uccidesse un omosessuale o una lesbica. In passato dalle minacce ai fatti passò un ebreo ortodosso che accoltellò tre omosessuali ferendone uno in modo grave. Alla polizia spiegò di aver agito per impedire che «il Male» si manifestasse nella Città santa. Aggressioni simili potrebbero accadere nelle prossime settimane.

Un esponente dell’estrema destra israeliana, Baruch Marzel, noto per le sue ripetute aggressioni a danno dei palestinesi - che, naturalmente, lasciano indifferenti esercito e polizia - ha avvertito che il Gay pride scatenerà «una guerra santa». «Impediremo quella manifestazione con tutti i mezzi a nostra a disposizione», ha detto. Voci che girano in città riferiscono di ortodossi pronti anche a far uso di molotov contro il corteo omosessuale.

L’ostilità nei confronti del Gay pride a Gerusalemme è cresciuta soprattutto in questi ultimi due anni. Le manifestazioni degli anni passati, sebbene ostacolate e condannate, avevano potuto attraversare anche una parte del centro della zona ebraica della città. I raduni avevano anche visto la partecipazione di associazioni - come «Lavanderia sporca» di Tel Aviv - che alla lotta per i diritti degli omosessuali e delle lesbiche nello Stato ebraico univano anche il sostegno al diritto dei palestinesi di mettere fine all’occupazione israeliana e di costruirsi un futuro di indipendenza e libertà. I responsabili di Open House si attendono la presenza alla manifestazione del 10 novembre anche di omosessuali dei Territori Occupati. Una partecipazione che tuttavia è fortemente condizionata al permesso dell’esercito.


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