Solidarietà spontanea e dissenso civile in Ungheria
di Leila Kozma (alfapiù, 28 settembre 2015)
Gli ungheresi non debbono essere identificati con il loro governo. Si è parlato molto delle decisioni governative con cui è stata affrontata la crisi dei rifugiati, ma non si sono raccontate le azioni dal basso compiute per combattere le circostanze disumane che i rifugiati hanno dovuto sopportare.
La maggior parte del popolo ungherese si vergogna profondamente dell’atteggiamento mentale terroristico scatenato dal governo Orban, ma non dispone di canali attraverso i quali esprimere il suo dissenso. A parte alcuni rari esempi, come la lettera aperta firmata da intellettuali ben conosciuti, per i cittadini non c’è stata la possibilità di manifestare il disgusto verso la retorica fascista che il governo ha tentato di istillare nell’opinione pubblica.
Inoltre non si è manifestata una posizione uniforme dell’opinione pubblica: un senso generale di apatia è stato prevalente negli ultimi anni. e alle due proteste che si sono svolte recentemente, una contro la crisi dei rifugiati e l’altra contro le misure legali che peggiorano gli effetti di quella crisi, hanno partecipato circa tremila persone ciascuna. Molti provano compassione, rabbia, e desiderio di aiutare, però non dispongono dei mezzi per rendere noti i loro sentimenti e le loro azioni.
Perciò molti hanno scelto di affrontare il conflitto dei cittadini contro lo stile politico dominante attraverso la creazione di piccoli gruppi auto-organizzati. Questi gruppi considerano essenziale protestare contro la disumanizzazione e contro le condizioni impossibili prodotte dalle decisioni dei gruppi dirigenti ungheresi col risultato di mettere a rischio la vita stessa dei rifugiati. Questi gruppi agiscono con l’intenzione di ristabilire la solidarietà, l’empatia e la compassione tra esseri umani. Questi gruppi sono costituiti da singolarità che pensano sia necessario prendersi cura l’uno dell’altro a prescindere dalla nazionalità, dalle identità, e dalle posizioni politiche personali.
Le azioni che compiono questi gruppi non possono avere una risonanza nazionale, non tentano di istituzionalizzare la resistenza, e queste azioni hanno carattere effimero, provvisorio e non sono necessariamente destinate a coordinarsi. Sono motivate da relazioni interpersonali e sono stimolate dall’informazione che circola sui social media. La mancanza di visibilità, l’informazione che passa da una persona all’altra, e il sospetto e la paura sono inevitabili in un periodo in cui l’azione dello stato è finalizzata a sfruttare la buona volontà dei cittadini. Recentemente è stata avanzata addirittura una proposta di legge intesa a permettere agli agenti di polizia di entrare nelle case private senza notifica e di perquisire, in caso di sospetta presenza dei migranti o di attività in loro favore.
Di seguito riportiamo alcune azioni copiate in modo spontaneo dai gruppi che ritengono che sia possibile rimanere umani e non perdere il sentimento di compassione verso altri esseri umani.
Bekefeszek è una piattaforma aperta attraverso cui dei cittadini rendono pubblica la disponibilità per qualche notte di spazi gratuiti nelle loro case. Molti nella città di Budapest offrono ospitalità e cibo in modo tale che i migranti rimasti davanti alla stazione di Keleti, senza l’informazione necessaria per sapere se potranno continuare il viaggio, si possano riposare, possano mangiare un pasto caldo e possano trovare temporanea ospitalità. Questo lavoro diventa estremamente importante se pensiamo agli attacchi e alle condizioni meteorologiche cui i rifugiati sono stati esposti.
Un’applicazione telefonica chiamata InfoAid ha la finalità di distribuire le ultime notizie e di tradurre l’informazione fornita ai rifugiati. Questa applicazione raccoglie informazioni sugli orari dei treni e degli autobus, e aiuta la gente in fuga a trovare un temporaneo rifugio. Dato che i campi allestiti lungo le frontiere ungheresi sono gestiti dalle autorità ungheresi e l’ungherese è la sola lingua parlata nei campi e dalla polizia, questo servizio ha un carattere essenziale. Il rifiuto dei burocrati di parlare in un linguaggio comprensibile da tutti è stata la principale causa di manipolazione nelle settimane passate.
Vestiti, cibo, medicine e altre donazioni sono state fornite da due organizzazioni di solidarietà, MigSzol e MigrationAid . Quanto al trasporto è diventata abitudine di molti individui comprare biglietti ferroviari e consegnarli ai rifugiati, e organizzare servizi automobilistici col rischio di essere accusati di partecipare a un traffico illegale di esseri umani.
Dottori e studenti di medicina si sono messi a disposizione per aiutare. Le farmacie hanno fornito i loro materiali per migliorare le condizioni igieniche generalmente piuttosto cattive. La Telecom ungherese ha fornito gratuitamente internet per tutti quelli che soggiornavano davanti alla stazione ferroviaria Keleti.
Altri hanno organizzato delle azioni di animazione creativa, proiezioni cinematografiche, lezioni di disegno, programmi di infermeria per rendere più tollerabili le condizioni di ira dei rifugiati.
In Ungheria la popolazione è arrabbiata con il governo. Molti non riescono a capire perché le condizioni umane fondamentali debbono essere violate, e perché si possa venir accusati come criminali per aver fornito aiuto ad altri esseri umani.
Per fornire aiuto si sono dovuti creare piccoli gruppi di base e la finalità principale è stata quella di ridurre gli effetti dannosi che il governo ha provocato con le sue scelte e i suoi temporeggiamenti.
Non si deve sottacere il ruolo svolto dai civili. Senza di loro la crisi dei rifugiati sarebbe stata ancora più intollerabile. E’ grazie agli aiuti volontari, al lavoro volontario di dottori farmacisti, cuochi, autisti, traduttori, grazie ai contributi anonimi della popolazione, che i rifugiati hanno potuto per qualche momento avere la sensazione di essere un po’ più a casa loro.