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EUROPA: LA CRISI UNGHERESE E NOI. Per il dialogo. quello vero!!!

"Forza" ITALIA ... e "Forza" UNGHERIA!!! Il paradosso del politico mentitore. Una grande LEZIONE TEOLOGICO-POLITICA, all’altezza della nostra cultura e della nostra dignitā di cittadini-sovrani e di cittadine-sovrane. Un’analisi di BARBARA SPINELLI.

lunedì 25 settembre 2006 di Federico La Sala
[...] da tempo l’Ungheria vive nell’illusione e nella menzogna delle cifre. Quel che colpisce nel paradigma ungherese č la confusione degli animi e dei ruoli. I mentitori si contrabbandano come uomini veraci. L’uomo di veritā č quello che ammette d’aver mentito e che č giudicato persona non grata, fedifraga, o come dicono le destre ungheresi: Ģmoralmente mortoģ.
Siamo in pieno paradosso del mentitore, quale enunciato da Epimenide: ĢTutti i cretesi mentonoģ, pare abbia detto il filosofo (...)

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> "Forza" UNGHERIA!!! --- "Il nostro cinema č dissenso". Ungheria, la cultura in campo. Da domani a domenica si terrā a Budapest il festival del cinema magiaro. Nuova sfida a Viktor Orbān. (di Andrea Tarquini).

mercoledì 1 febbraio 2012


-  Ungheria, la cultura in campo
-  "Il nostro cinema č dissenso"

Nuova sfida al potere autocratico del premier di destra nazionale ungherese, Viktor Orbān. il festival da domani a domenica a Budapest. Tutto autofinanziato e organizzato in pubblico dalla sola gente del cinema come un clamoroso evento pubblico di contestazione

dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI *

BUDAPEST - Nuova sfida coraggiosa del mondo della cultura al potere autocratico del premier di destra nazionale ungherese, Viktor Orbān. Da domani a domenica si terrā a Budapest il festival del cinema magiaro. Sembra un appuntamento normale, ma non lo č: il festival č tutto autofinanziato, organizzato in pubblico dalla sola gente del cinema come un clamoroso evento pubblico di dissenso. Da quando č al potere, il governo di Orbān ha fatto di tutto per normalizzare la cultura: dimezzate le universitā, tagliati i fondi, affidati i teatri a gente di fiducia (al prestigioso Uj Szinhāz, teatro nuovo, di Budapest, il nuovo responsabile č un noto nazista negazionista). E la scure della normalizzazione si č abbattuta anche sul cinema: chiusa la Fondazione del cinema, organismo indipendente che aiutava i registi a produrre, tutti i poteri sul cinema nazionale affidati ad Andrew Vajna, un ex imprenditore di Hollywood di fama non lustra, vicino al premier.

"Aiutateci, il nostro cinema č sempre stato una parte della cultura europea, vogliamo conservare questo ruolo, mandarci alla rovina vuol dire distruggere parte della cultura europea", si legge nell’appello che il grande Miklōs Jancsō, Marta Mészaros, Béla Tarr, Benedek Fliegauf, Agnčs Kocsis e gli altri protagonisti del mondo del film ungherese - che con quello polacco fu la grande voce critica sugli schermi nell’Impero del Male sovietico, sfidando con intelligenza e successo la censura di allora con tanti capolavori di livello mondiale - hanno inviato ai loro colleghi in tutto il mondo. Oggi sembra peggio di allora: il potere nazionalpopulista schiaccia, o cancella, la vita culturale, in fin dei conti pių di quanto non avesse fatto la cinica, blanda dittatura di Jānos Kādār. E ancora una volta l’Europa politica tace. A cominciare dalla Germania: la CduCsu, il partito della cancelliera federale Angela Merkel, si ostina a tenere la Fidesz, il partito di Orbān, nel Partito popolare europeo all’Europarlamento, come se l’autocrazia di Budapest avesse qualcosa a che fare coi valori di Adenauer, De Gasperi e Kohl.

Sale concesse gratis dai gestori, hotel che offrono camere per ospiti e invitati, gente che presta l’auto per trasportarli. E’in un clima di sfida ottimista, mi spiega Béla Tarr, presidente dell’associazione dei cineasti ungheresi, che il festival dei resistenti della pellicola č stato organizzato. Non vuole anticipare quali film saranno presentati, ma sono tutti autoprodotti low cost, e tutti tesi a narrare con occhio critico la realtā. Come ’Csak a szél’(solo il vento), di Benedek Fliegauf, presentato ieri anche a Berlino. Storie dei drammi dei Rom maltrattati, e perseguitati dall’ultradestra.

"Vogliamo continuare a fare cinema come ci piace, come abbiamo sempre fatto. E’quello che loro non vogliono: hanno bisongo d’una nuova cultura, non so che cosa sia, quale sia l’idea di nuova cultura ungherese, ma non vogliono le nostre voci", mi dice Béla Tarr, uno dei grandi del cinema magiaro, organizzatore del festival dei resistenti. Andrew Vajna "adesso č il governatore del cinema con poteri speciali", mi spiega. "Che vuol dire governatore? Serve un governatore davanti alle catastrofi, il cinema ungherese non č nella catastrofe", continua. "Sopravviveremo anche a loro. Quando i miei colleghi mi hanno chiesto di divenire presidente dell’Associazione dei cineasti ungheresi, ho accettato subito, per sopravvivere". Nel nuovo sistema del ’governatore governativō non č stato prodotto nessun film. E il regime di Orbān, prima di nominare Vajna, ha chiuso la Fondazione del cinema. "Col pretesto che era indebitata: sciocchezze, č ovvio che prima si finanziano i film e poi i profitti vengono un po’dopo che il film č sul mercato", nota Tarr.

"Non capisco cosa vogliano, quali siano le loro ambizioni", continua. Essere regista oggi č difficile, nel paese che dette al cinema mondiale ’Silenzio e gridō o ’I giorni freddė di Jancsō, per citare solo alcuni esempi. Pių di allora, a conti fatti. Da un anno e mezzo, cerco invano di produrre un bel film che Péter Gothar, un regista di prima classe, propone, ma nessuno si fa avanti. "Da vent’anni, dopo la caduta dei Muri, con la nostra Fondazione e la sua indipendenza funzionava, la Fondazione lavorava in modo democratico e capiva qualcosa di arte e cultura. Loro l’hanno chiusa senza chiederci niente". Ecco i risultati. Ora devi pregare il governatore Vajna per fare un film. Il festival dice no, e da domani sfida il potere in nome della cultura. "Dobbiamo farlo, rispondere in piedi mostrando che il cinema ungherese č vivo, pluralista, colorato, vicino al pubblico con la sua narrazione critica della realtā e della Storia. Fatto da gente con dignitā che non ha bisogno del potere", nota Tarr. "Un festival gratis, realizzato grazie ai volontari che ci aiutano, dalle sale cinematografiche agli alberghi a chi presta l’auto. Questa č libertā".

Anche i film sono autofinanziati, anche gli attori sono volontari. "Un primo successo ce lo ha giā dato il pubblico, per ogni proiezione c’č il tutto esaurito dei biglietti, gli intellettuali sono con noi. Il nostro problema non č il pubblico, sono ottimista", egli sottolinea. Sfida dal cinema a Orbān, dunque, mentre un nazista prende in mano un prestigioso teatro, e la vecchia direzione - artisti di professione - di quel teatro si č congedata dal pubblico con due prime senza rappresentazioni successive. Tra cui, simbolicamente, ’La montagna incantatā tratta dal romanzo di Thomas Mann, il grande amico della cultura democratica ungherese del passato. La sfida va in scena al cinema a Budapest, l’Europa tace. La sua personalitā pių potente, Angela Merkel, vola intanto a Pechino per chiedere aiuto cinese all’eurozona. Come fa Orbān, chiedendo alla Repubblica popolare di salvare la compagnia di bandiera magiara Malév in bancarotta.

* la Repubblica, 01 febbraio 2012


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