Beppino Englaro, padre di Eluana in coma da 12 anni: «Valga la volontà della famiglia»
di Maristella Iervasi*
Cinquemila 366 giorni. 12 anni, 8 mesi e 9 giorni di battaglia. A Eluana Englaro in stato vegetativo permanente servirebbe una legge sul testamento biologico? Beppino, il suo papà, è fiducioso. «Bisogna che la volontà del malato espresse in casa - sottolinea il genitore al telefono - siano equiparate al consenso scritto».
Cosa chiede da 14 anni per voce di Eluana?
«Non chiedo l’eutanasia ma una richiesta di rifiuto delle cure. Mia figlia giace in una clinica di Lecco da quando ventenne ebbe un incidente stradale: la sua auto si schiantò contro un muro e poi contro un palo. Fin da subito non ci furono e non ci sono tutt’ora divergenze cliniche: mia figlia è in stato vegetativo permanente, non ha stimoli di fame e di sete. Viene alimentata forzatamente con un sondino nasogastrico. Chiedo per voce di Eluana che possa morire in pace. E invece è prigioniera del giuramento di Ippocrate e dell’ordinamento giuridico».
Ora, dopo il caso Welby si profila in Parlamento un accordo sul testamento biologico. Basterebbe?
«I pazienti in stato vegetativo permanente necessitano - oltre all’alimentazione e all’idratazione forzata - di diversi altri supporti terapeutici per mantenerli liberi da embolie polmonari, da decubiti e da alterazioni metaboliche. Queste tre cose sono anche dentro un progetto di legge a firma Ignazio Marino. Lo spirito era affrontare questo problema, lasciando flessibilità per tutte le situazioni come quelle di Eluana. Serve proprio la concretezza di persone fuori da carri politici e voti. E Ignazio Marino e Umberto Veronesi lo sono.
Marino ora è presidente della Commissione Sanità del Senato...
«Sul caso Welby ha già parlato il Capo dello Stato Napolitano, ora tocca a Marino».
Ha fiducia?
«Marino è un uomo di scienza al servizio della politica. Ho proprio davanti a me la sua proposta di legge, dove si può capire che siamo indietro di 30 anni rispetto agli Usa. Bisogna confrontarsi su queste cose, parliamo di scienza. E le libertà fondamentali di una persona devono essere svincolate da ideologie politiche o confessionali».
Sua figlia non ha lasciato nulla di scritto.
«Sono io il suo portavoce. Lei sapeva cos’era cos’era la rianimazione ad oltranza. Un suo amico, Alessandro, entrò in coma nella stessa rianimazione dove capitò a Eluano un’anno dopo e un giorno. Lei, ogni volta che andava a trovarlo in ospedale tornava a casa sconvolta. Ci diceva sempre: "Quella non è vita. Non è dignità. Non ha senso tenerlo così. Se capitasse a me fatemi morire in pace". E invece le volontà di Eluana vengono ignorate da medici e giudici».
* www.unita.it, Pubblicato il: 27.09.06 Modificato il: 27.09.06 alle ore 9.52