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Eu-angélo!!! Buona-notizia...

IL SEGRETO DEL "SORRISO" DELLA "GIOCONDA"?! E’ NATO UN NUOVO ESSERE UMANO ... e voi che guardate NON SAPETE PIU’ ’LEGGERE’ NE’ IL VOLTO DELLE PERSONE NE’ IL VOSTRO CUORE!!!

"Amore è più forte di Morte / Passione più potente degli Inferi" (Cantico dei cantici: 8, 6-7, trad. di G. Garbini, Paideia 1992)
mercoledì 27 settembre 2006 di Federico La Sala
[...] La radiografia tridimensionale dei ricercatori canadesi ci dà una nuova interpretazione della Gioconda [...] Un lungo lavoro di analisi sulle immagini ha permesso di scoprire una vera sorpresa, rivelata ieri da Bruno Nottin, specialista del Centro di ricerca dei musei francesi. Gli strumenti canadesi consentono di vedere un particolare inedito: Mona Lisa è rivestita da un fine velo di mussolina, che all’epoca era portato dalle donne incinte o da quelle che avevano partorito da poco. (...)

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> IL SEGRETO DEL "SORRISO" DELLA "GIOCONDA" ---- E L’IMMAGINE DEL BATTISTA. Un volto androgino, un sorriso enigmatico ... come la Gioconda il dipinto era legato a Firenze (di Claudio Strinati)

domenica 29 novembre 2009

Il genio dell’arte che cambiò l’immagine di san Giovanni

-   Un volto androgino, un sorriso enigmatico, uno sguardo che è una promessa d’infinito: l’annuncio di Gesù è
-  tutto in quel dito che sbuca dall’ombra e indica la luce e il cielo

-   Il maestro lo portò con sé in Francia e lo conservò fino alla morte: come la Gioconda
-  il dipinto era legato a Firenze di cui il Santo è il protettore

-   Il Battista era stato fino ad allora un profeta allucinato come quello di Verrocchio o
-  il martire decollato di Donatello: con l’opera del Louvre prende forma il mistero

di Claudio Strinati (la Repubblica, 29.11.2009)

Leonardo da Vinci soggiornava in Francia nel palazzo di Cloux (oggi Clos-Lucé) presso il palazzo reale di Amboise come primo pittore, ingegnere e architetto di Francesco I di Francia, che l’amava moltissimo: il re - ce lo racconta Benvenuto Cellini, anch’egli un protetto del monarca - non lasciava passare giorno senza vederlo, per il fascino della conservazione di quell’uomo che sapeva tutto, combinava poco, ma nelle sue stanze conservava preziosi tesori della sua arte. Quando, il 10 ottobre del 1517, ricevette la visita del cardinale d’Aragona, il prelato vide tre quadri descritti dal suo segretario: "uno di certa donna fiorentina facta di naturale ( è forse la Gioconda del Louvre), l’ altro di San Johanne baptista giovane ( il quadro, pure del Louvre ora esposto a Milano ) et uno de la Madonna e del figliolo che stan posti in grembo di Sancta Anna ( altro quadro del Louvre)".

Dunque Leonardo teneva nello studio in Francia quadri concettualmente collegati con Firenze. La Gioconda, infatti, risulterebbe commissionata da Giuliano de’ Medici, la Vergine, Sant’Anna e il Bambino è elaborato a Firenze, il San Giovanni è fiorentino in sè essendo il Battista il protettore della città.

Il San Giovanni, nei secoli, ha avuto prima una certa sfortuna critica per diventare poi un mito supremo dell’immaginario leonardesco. Alcuni esperti si sono addirittura chiesti se il San Giovanni fosse da considerare opera certissima del maestro o opera di collaborazione con gli allievi. Ma con il tempo la qualità sovrana del dipinto ha convinto dell’assoluta autografia e certe caratteristiche hanno proiettato l’opera verso la fama universale come l’evidente androginia del personaggio, il sorriso misterioso, il dito alzato a indicare il cielo, l’ombra morbida dello "sfumato" leonardesco che plasma la figura facendola emergere da una fitta oscurità.

Mauro Di Vito , nel catalogo della mostra di Milano, spiega: "Il dipinto ha le dimensioni di uno specchio e riflette convesso come uno specchio. Per Leonardo lo specchio è il maestro del pittore". Si chiarisce l’impostazione data da Leonardo a questa figura contenente in sé una ancestrale contraddizione. Il Battista è una sorta di ultimo profeta che introduce nel mondo il redentore dell’umanità. Ha chiara cognizione del destino e vede la verità. Dovrà essere tacitato con la morte.

E’ l’immagine dell’enigma. Emerge dall’ombra, simbolo di mistero impenetrabile. Non manifesta un pensiero forte e terribile ma una interrogazione verso chi guarda. Sembra porre la domanda eterna di fronte all’opera d’arte: cosa significa veramente, cosa vuole dire? La figura di San Giovanni, è bene rammentarlo, accompagnò Leonardo fin da bambino, quando il suo maestro Verrocchio dipingeva con gli allievi un Battesimo di Cristo, oggi agli Uffizi. Leonardo vi fece una testa di angelo bellissima e Verrocchio un Battista magro e allucinato e fu quella la prima immagine del San Giovanni che Leonardo conobbe.

Ma prima e durante la vita di Leonardo la figura di San Giovanni appare ripetutamente nell’arte fiorentina e non solo. Donatello, anni prima, aveva scolpito la testa decollata del Battista nella formella del Duomo di Siena rimarcando il senso d’orrore della scena. Poi Leonardo stesso aveva reinventato l’immagine del Battista bambino benedetto dal Redentore appena nato nella Vergine delle Rocce dipinta a Milano in due redazioni ( oggi rispettivamente alla National Gallery di Londra e al Louvre). Anzi la tipologia del San Giovannino fanciullo che gioca con il Redentore ebbe poi immensa fortuna nei quadri fiorentini di Raffaello Sanzio. Piacque anche il San Giovanni giovane vestito solo di una pelle d’animale come lo aveva rappresentato Domenico Veneziano in pieno Quattrocento accentuandone quasi la natura ferina. Masaccio, ai primi del secolo, lo aveva raffigurato in uno sportello del Trittico della Neve a Roma ( oggi a Londra) accanto a San Girolamo, quale uomo crudo e fiero che indica la croce in preda a amara sofferenza, mentre poco dopo il senese Sassetta lo aveva inserito nell’altra pala detta della Madonna della Neve, oggi al Pitti, quale fiero sapiente, avvolto nel mantello antico e recante in mano il cartiglio della scritta "ecce agnus dei", per riporlo poi nella pala del San Francesco glorioso ( già a San Sepolcro e ora in proprietà di Berenson) ruvidamente vestito nel gesto dell’ammonizione e della preveggenza.

Ma il Battista di Leonardo è diverso da tutti: è un giovane che esprime entrambe le Nature, maschile e femminile, che annuncia l’ultraterreno e si rivolge a ciascuno di noi. Ma Leonardo non lo rappresenta nel momento canonico in cui parla alle turbe e spiega l’arrivo imminente del Redentore. Il suo Battista tace e sorride sotto una montagna di capelli che sembrano onde del mare. Eppure il Battista di Leonardo, che ora torna a trovarci in Italia, "parla" ma in modo inatteso. Va detto, allora, come in questo quadro siano contenuti proprio i due grandi temi che hanno interessato l’intera parabola del maestro di Vinci: l’annuncio e la parola. La segreta aspirazione di Leonardo fu e rimase sempre la rappresentazione impossibile del suono nella pittura. Così fece nella sua giovanile Annunciazione oggi agli Uffizi dove la voce dell’angelo fluisce come un soffio dalla bocca socchiusa, così fece nell’Ultima Cena di Milano dove è proprio la "rappresentazione" della voce di Cristo a generare la composizione. Ma il Battista di Leonardo annuncia e non parla, dato che la parola è metaforicamente contenuta nella mano destra che sale verso l’alto come un raggio di luce poggiato sulla tenebra da cui la figura sembra uscire. Lo sguardo pare voler cancellare paure e angosce per immergersi in quella dimensione dell’infinito inteso come "solennissima quiete" di cui secoli dopo, con identico sentimento, ha parlato Giacomo Leopardi in una poesia veramente leonardesca.


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