MATEMATICA
Le speculazioni numeriche risalgono ai Semiti ma con i Padri della Chiesa diventano una forma di sapienza estetica
Un simbolo dietro ogni cifra
Dopo Dio, niente è più perfetto delle serie numeriche. Ma dall’uno al dodici, pagani e cristiani rintracciano in essi le risposte ai misteri universali e alle domande sulla natura
Di Elio Guerriero (Avvenire, 19.07.2007)
John Barrow, professore di matematica all’università di Cambridge, ha vinto nel 2006 il prestigioso premio Templeton. Nel discorso di accettazione dell’onorificenza, ha esaltato la disciplina dei numeri perché le equazioni matematiche, in fondo pochi scarabocchi su pezzi di carta, ci dicono come si comporta l’universo: «C’è una logica più grande dell’universo, e ci stupisce perché ci permette di capirne una parte significativa».
A dire il vero, la logica e soprattutto la meraviglia che genera non sono nuove. Le tradizioni numeriche risalgono al tempo dei Semiti e dei Greci e trovano estesa applicazione nella Bibbia. È tuttavia nell’antichità cristiana che l’interpretazione e la simbolica dei numeri divengono una forma di sapienza che alla visione del mondo dei Padri della Chiesa conferivano impronta di conoscenza e oggettività, carattere estetico. E se per Boezio «le cose costruite dalla natura all’inizio, sembrano formate con calcolo numerico», Agostino subito alza il tono: «Guarda il cielo, guarda il mare, ciò che brilla là in alto e ciò che striscia in basso, guarda ciò che vola e ciò che nuota: tutto è bello, perché tutto racchiude un numero. La mano che opera, le membra che si compongono per l’atto gratuito della danza, il tempo che scorre, la musica che si modula, tutto ha per anima e artista nascosto il numero». Ma il discorso si allargava ulteriormente. Per Isidoro di Siviglia il numero è all’origine di ordine, misura, ritmo e proporzione.
La visione generale veniva poi approfondita con la speculazione sui singoli numeri. Questa partiva da Dio, autore del numero, il cui nome, però, non può essere pronunciato così come non può essere misurato. Dopo Dio, tuttavia, niente è più perfetto del numero. L’unità non rientra propriamente nella serie numerica, ma è principio, fonte e origine di ogni numero. È generatrice della moltitudine, numerosa al di sopra di tutti i numeri, che ad essa possono essere ridotti per sottrazione e divisione. Il nu mero due non possiede principio di unità: è piuttosto l’unità divisa, per questo significa scissione, opposizione, scandalo. Era questa l’opinione degli Orfici e di Platone. Un verso di Virgilio: «Dio trova piacere nel numero dispari», la rese popolare anche tra i Padri della Chiesa. Ne seguono alcune applicazioni: ad una considerazione storica i Testamenti sono due, appena si guarda, tuttavia, con l’occhio della fede essi contribuiscono a formare l’unica rivelazione di Dio.
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