Ambasciatore mi faccia incontrare Maria *
di Furio Colombo
Egregio Ambasciatore della Bielorussia, le scrivo, in qualità di senatore della Repubblica italiana, per chiederle di incontrare in Bielorussia la bambina Maria e le spiego perché. Nelle scorse settimane abbiamo assistito alla inquietante storia della piccola Maria senza poter mai ascoltare - sia pure attraverso la mediazione di persone autorevoli e competenti - la voce della bambina. Mi permetta di riassumere la storia di Maria che a me, come a molti, appare una storia oscura e non a lieto fine. Nel corso di un programma di solidale e affettuosa assistenza da parte di famiglie italiane a bambini e adolescenti del suo Paese (un programma che è cominciato dopo che sono diventate note le paurose conseguenze di Cernobyl specialmente sulle persone più giovani) alla famiglia italiana Giusto è toccato di accogliere per l’estate la bambina Maria.
La bambina è proveniente da un orfanotrofio (non da un’altra famiglia) di Bielorussia per un periodo concordato di alcuni mesi, nell’ambito di un programma che riguarda centinaia di altri bambini e adolescenti.
Il caso di Maria è nato quando la famiglia ospitante si è resa conto che quella loro ospite dell’età di 10 anni ha confidato di avere subìto, nell’orfanotrofio da cui proveniva, la peggiore esperienza che possa toccare a un minore isolato e indifeso: violenza e sevizie.
Si tratta, a quanto pare, di un racconto coerente, espresso in modo consistente (senza apparenti invenzioni e alterazioni) e chiaro abbastanza da suscitare non solo attenzione ma grave allarme della famiglia (due coniugi e le loro madri o "nonne" della bambina) e di chi ha potuto ascoltare la piccola.
C’è stato, a questo punto, un appello che non ha violato in nessun punto né i doveri di ospitalità (che non sono patria potestà ma pur sempre dovere di prestare attenzione a un bambino e di accogliere una così grave segnalazione di pericoli), né quelli dei rapporti internazionali. Investigare, con sufficienti ragioni di sospetto un presunto mafioso italiano in Bielorussia non costituisce offesa all’Italia e non comprometterebbe i rapporti internazionali, più di quanto una preliminare verifica di quanto detto dalla bambina sulle vicende dello orfanotrofio bielorusso avrebbe costituito offesa o pregiudizio alle relazioni fra la Bielorussia e l’Italia.
Ma Lei, Signor Ambasciatore, ha scelto di minacciare l’Italia di interruzione di tutti i rapporti che coinvolgono migliaia di bambini e migliaia di famiglie. Non so spiegarmi perché il mio Paese abbia accettato la sua minaccia, abbandonando al suo destino una bambina la cui gravissima denuncia non è stata verificata e neppure ascoltata al di fuori della famiglia che ha scelto di difenderla, come qualunque adulto, in coscienza, ha il dovere di fare in simili circostanze.
Faccio notare a Lei, Signor Ambasciatore, ma anche ai miei concittadini, ai miei colleghi giornalisti e ai miei silenziosi colleghi parlamentari, che esiste una legislazione internazionale che consente di indagare ed eventualmente di processare e condannare in Italia un nostro cittadino che sia accusato di abusi su bambini in un altro Paese. Un principio fondamentale del diritto, quello del giudice naturale legato al luogo del reato, è stato trascurato pur di proteggere i bambini da gravi catene di reati (il turismo sessuale).
È evidente che un simile percorso giuridico non può che avere un risvolto di reciprocità: se un bambino ospite in un altro Paese denuncia di avere patito lo stesso reato in una pubblica istituzione del Paese da cui proviene, chi lo ospita (non solo persone, ma anche autorità e governo) non può svestirsi dello stesso dovere di protezione solo perché il gravissimo sospetto di reato viene scoperto dalla parte del bambino che ha subito il danno invece che dalla parte dell’adulto che lo ha commesso.
Dunque sarebbe stato giusto anzi doveroso trattenere la bambina temporaneamente lontana dal presunto pericolo. E sarebbe stato bello se Lei, Signor Ambasciatore, invece di minacciare l’intera rete di rapporti solidali e fraterni fra i due Paesi in materia di assistenza ai bambini ci avesse detto: «stiamo investigando».
Non solo ciò non è accaduto, non solo tante autorità e media sembrano essere volentieri e prontamente caduti nel gioco di immaginare la bambina bugiarda e l’ambasciatore il solo autorevole deus ex machina di tutta la vicenda. Ma si è mentito a tutti su tutto.
Si è mentito dicendo che la vicenda della bambina sarebbe stata verificata, si è mentito facendo pensare a un periodo di "decompressione" intelligente e pedagogicamente sensata intorno alla piccola Maria, prima di prendere una decisone sul suo futuro. Si è ovviamente mentito trasportando la piccola improvvisamente via dall’Italia, una vera e propria "rendition" realizzata da due governi che hanno voluto ignorare il diritto di una bambina in nome di buone relazioni, esattamente come avviene per le altre "renditions".
So benissimo, Signor Ambasciatore, che da parlamentare italiano non ho alcun diritto nel suo Paese. Ma da rappresentante dei cittadini italiani ho il diritto di sapere quando, perché la parte italiana di questa vicenda ha mentito. E a nome dell’ansia e incertezza di chi mi ha eletto, ho diritto di sapere se questa bambina, che ha avuto fiducia nei suoi custodi italiani, è davvero stata affidata a una struttura diversa da quella in cui ha subito tormenti. Infine vorrei portare direttamente alle autorità giudiziarie del Suo Paese la testimonianza resa da Maria alla sua famiglia italiana, in nome di quella posizione ormai prevalente fra le giurisdizioni democratiche, secondo cui i reati contro i bambini vanno perseguiti dovunque. E non possono mai essere lasciati cadere nel vuoto o annegati negli eufemismi e nelle finzioni diplomatiche.
Se c’è una buona fede in almeno una parte delle affermazioni che Lei ha ritenuto di fare, delle pressioni che ha esercitato e delle promesse (tutte finora non mantenute) che ha usato sia come persuasione che come minaccia, La prego di rispondere in pubblico a questa richiesta. Incontrare Maria non è che un tardivo rimedio alla grave decisione di farla partire in segreto, come se la parte tremenda della sua storia fosse avvenuta in Italia e non in una istituzione pubblica del Paese in cui la piccola è ritornata. La visita è importante e urgente perché a Maria sono state tolte le garanzie stabilite dalla Convezione Onu di New York sui diritti del Fanciullo del 20 novembre 1989 ratificata in Italia il 27 maggio 1991: «Al fanciullo capace di discernimento è garantito il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo riguarda; le opinioni espresse dal fanciullo devono essere prese debitamente in considerazione».
La prego di rendersi conto che incontrare la bambina Maria, così ingiustamente trattata come un oggetto, significa almeno fugare la tremenda impressione della sua scomparsa dentro un universo irraggiungibile e ignoto. Sarebbe un evento non tollerabile nel diritto italiano e certo anche in quello del Suo Paese.
Resto, come molti altri italiani, in attesa di una Sua risposta e della indicazione tempestiva di una data in cui l’incontro con la bambina sarà reso possibile.
*
www.unita.it, Pubblicato il: 02.10.06 Modificato il: 02.10.06 alle ore 9.01