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Morale e oiko-nomia

Sette lamentazioni contro la FINANZIARIA. Per Adam Smith, la filosofia morale era un ingrediente essenziale e pre-giudiziale dell’economia politica. E’ bene non scordarlo mai. Un commento di Eugenio SCALFARI

domenica 8 ottobre 2006 di Federico La Sala
[...] il governo, volendo equilibrare un po’ una scala di redditi fortemente squilibrata, è stato generoso nel senso che ha diminuito il prelievo sui contribuenti fino ai 40-50 mila euro e lo ha accresciuto al di sopra di quella fascia. Si dice: doveva tagliare gli sprechi. Doveva riformare il "welfare". Doveva colpire gli statali. Doveva doveva doveva.
Mi viene in mente la risposta di Don Abbondio al cardinal Federico Borromeo che gli rimproverava di non aver celebrato il matrimonio tra (...)

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> Sette lamentazioni contro la FINANZIARIA. Per Adam Smith, la filosofia morale era un ingrediente essenziale e pre-giudiziale dell’economia politica. E’ bene non scordarlo mai. Un commento di Eugenio SCALFARI

sabato 7 ottobre 2006

Ormai è una vera questione nazionale

Ebbene sì, sugli evasori d’accordo con Padoa-Schioppa

Il problema del cittadino evasore e della sua sostanziale impunità rimane. Ed è di tale incidenza da meritare a nostro avviso il titolo di "Questione fiscale", un qualcosa cioè che dovrebbe assumere una rilevanza sociale, etica

di Giorgio Ferrari (Avvenire, 05.10.2006)

Su una cosa almeno - in attesa che il dibattito parlamentare chiarisca e, speriamo, modifichi ed emendi quei tratti per taluni in odore di soviet della legge finanziaria - ci sentiamo di concordare con il ministro dell’Economia Tomaso Padoa Schioppa: chiosando un pamphlet degli anni Cinquanta del polemista Ernesto Rossi dal significativo titolo Settimo non rubare, Padoa Schioppa ci ricorda come il vero ladro, il rapinatore occulto non è lo Stato che mette le imposte, bensì chi quelle imposte e quei tributi evade, letteralmente sottraendo dalle tasche dei cittadini onesti il denaro che essi pagano due volte, una per sé e una per conto degli evasori.

Aggiungiamo doverosamente una puntualizzazione: il cittadino a reddito fisso di per sé non è necessariamente più onesto o più virtuoso di quello che un reddito fisso - dunque certo - non ce l’ha; semplicemente il contribuente a reddito fisso non può, lo voglia o no, evadere o eludere il fisco. La sua è una virtù apprezzabile seppure per certi versi coatta, o, come suggeriscono taluni sociologi, una coazione alla virtù.

Il problema del cittadino evasore e della sua sostanziale impunità rimane. Ed è di tale incidenza da meritare a nostro avviso il titolo di "Questione fiscale", un qualcosa cioè - come lo furono nell’Ottocento il Rapporto Sonnino sul meridione o l’Inchiesta Jacini sull’agricoltura - che dovrebbe assumere una rilevanza sociale, etica, epocale.

Prerogativa del nostro Paese - ma non siamo gli unici al mondo, sia chiaro - è una secolare riluttanza a pagare le imposte, cui si aggiunge un’altrettanto secolare abilità nell’evaderle. Il motivo di fondo è la sfiducia sostanziale nello Stato, l’elevato tasso di inefficienza (e non di rado di corruzione) dell’amministrazione pubblica, la sottile persuasione che la tassa sia un furto perpetrato dall’alto e che dunque il denaro raccolto dagli esattori vada a beneficio esclusivo delle oligarchie al potere. In altre parole manca in la rghi strati della società italiana la convinzione che vi sia un bene comune da tutelare e da salvaguardare, uno spazio giuridico cioè che prescinda le convinzioni politiche e le ideologie e che viceversa appartiene sempre e comunque ai cittadini.

Evadere il fisco, non rilasciare scontrini e fatture, assumere dipendenti in nero, finisce così per diventare una sorta di necessità storica, un esercizio qualificante di furbizia collettiva al quale solo gli sfortunati salariati a reddito fisso o gli ingenui non possono sottrarsi. Gli altri, ricchi o poveri che siano, lo fanno con condiviso compiacimento.

E’ questo tipo di sottocultura che Padoa Schioppa avversa, e noi con lui. Sottocultura cui da sempre si affianca - e negarlo sarebbe ipocrita - una tolleranza dello Stato nei confronti del contribuente infedele che altrove - e parliamo di società avanzate come la Svezia, la Germania, l’Olanda, gli Stati Uniti, la Svizzera - è da secoli impensabile. Paesi in cui al rigore del fisco (c’è il carcere per una dichiarazione infedele in America) si accompagna però la consapevolezza che lo Stato siamo noi, i cittadini e che a questo servono le tasse, al bene di tutti noi.


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