Entro gennaio convocati gli esperti che hanno preparato la ricerca per la Ue. Nel conto i danni a turismo e agricoltura e le sanzioni per le violazioni di Kyoto
Clima, minaccia per l’economia l’Italia rischia decine di miliardi
Padoa-Schioppa: una commissione sui costi dell’effetto serra
di ANTONIO CIANCIULLO *
ROMA - L’ombra del disastro climatico pesa sul futuro del nostro sistema economico. Tanto da aver convinto il ministro dell’Economia e delle Finanze, Tommaso Padoa Schioppa, a istituire una Commissione ministeriale per la contabilità ambientale. Per la prima volta si prende ufficialmente atto dell’entità del danno potenziale da cambiamento climatico che non è più solo di una questione ambientale ma un problema di rilevanza economica e finanziaria.
Entro gennaio la Commissione convocherà gli esperti che hanno preparato la ricerca dell’Unione europea sul costo del global warming. Subito dopo verrà ascoltato l’economista Nicholas Stern, ex dirigente della Banca Mondiale e autore di uno studio secondo il quale il 20 per cento del Pil mondiale è a rischio a causa dei cambiamenti climatici. Poi si cominceranno a mettere nero su bianco le contromosse necessarie a salvaguardare le basi su cui poggia la nostra economia.
Il lavoro della Commissione, presieduta dal sottosegretario Paolo Cento, dei Verdi, parte dall’analisi del costo della mancata attuazione del protocollo di Kyoto. Dopo aver assunto l’impegno di tagliare le emissioni di gas serra del 6,5 per cento entro il 2012, l’Italia ha continuato a far crescere queste emissioni fino a raggiungere, nel 2004, quota 583 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Sono 97 milioni di tonnellate di eccedenza annua che ci costeranno cari, anche perché, in assenza di misure correttive, la situazione peggiorerà. Nel periodo in cui scatteranno le sanzioni (tra il 2008 e il 2012) arriveremo a 614 milioni di tonnellate, portando a 128 milioni di tonnellate la distanza dall’obiettivo fissato.
A quel punto il conto da pagare diverrà salato. La Commissione europea e la Banca mondiale calcolano che il prezzo di mercato dei crediti di carbonio, cioè delle misure compensative per annullare gli effetti negativi dell’emissione dei gas serra, sia pari a 20 euro per tonnellata di anidride carbonica. Moltiplicando i 128 milioni di tonnellate di anidride carbonica emessi in violazione del protocollo di Kyoto per 20 si arriva a 2,56 miliardi di euro l’anno. Nell’arco del quinquennio 2008-2012 aver chiuso gli occhi di fronte al disastro climatico rinviando le decisioni politiche (rilancio delle fonti rinnovabili, efficienza energetica, passaggio dal trasporto su gomma al trasporto su ferro) potrebbe perciò costarci, se non riusciremo a correggere la rotta all’ultimo momento, 12,8 miliardi di euro.
"Ma dopo il rapporto Stern e lo studio della Commissione europea risulta evidente che questa cifra rappresenta solo una piccola frazione del danno economico che rischiamo di subire", spiega Cento. "Prendiamo due aspetti evidenziati dagli esperti della Commissione: il turismo e l’agricoltura nei paesi del Sud del Mediterraneo rischiano il tracollo a causa dell’instabilità del clima. Ora il turismo vale il 12 per cento del Pil italiano e l’agricoltura tra il 14 e il 15 per cento: insieme fanno oltre un quarto della ricchezza nazionale. Il che vuol dire che il rischio finanziario complessivo riguarda un fatturato oltre 100 volte superiore ai 2,5 miliardi annui che potremmo essere costretti a pagare per il mancato rispetto degli impegni contro l’effetto serra".
Per evitare la possibilità di un collasso di settori chiave della nostra economia si dovrà perciò mettere a fuoco una strategia mirata a sviluppare l’innovazione tecnologica in direzione dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. In questo modo da un lato si eviterebbe la penalizzazione diretta (le compensazioni per il mancato rispetto degli impegni previsti dal protocollo di Kyoto) e dall’altro si farebbe guadagnare competitività al sistema Italia.
* la Repubblica, 8 gennaio 2007.