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Terra, come Marte?!

EFFETTO SERRA. LA TERRA AL "CAPOLINEA" ... IL RAPPORTO CHOC dell’economista britannico Nicholas Stern, ex dirigente della Banca Mondiale.

Accelerazione del mutamento del CLIMA. Non solo le rane arlecchino stanno scomparendo, ma la stessa economia mondiale è minacciata.
lunedì 6 novembre 2006 di Federico La Sala
[...] non tutti riescono a sopravvivere spostandosi o mutando le loro abitudini: molti non hanno il tempo, o lo spazio, per scappare. Per le rane arlecchino del Costa Rica il nuovo clima è stato fatale. Le notti sempre più calde e lo strato di nuvole in crescita che durante il giorno blocca parte della radiazione solare hanno favorito la proliferazione di un fungo patogeno che attacca la pelle delle rane impedendo l’assorbimento dell’acqua attraverso i pori. Questa piccola mutazione (...)

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> EFFETTO SERRA: LA TERRA AL "CAPOLINEA" ... Accelerazione del mutamento del CLIMA.

lunedì 8 gennaio 2007

Clima, disastro annunciato: «Cambiare subito rotta»

di Pietro Greco *

Da 37mila a 87mila morti in più ogni anno in Europa. E, inoltre, sulle sponde del Mediterraneo: erosione delle coste, maggiore siccità, ridotta fertilità del suolo, aumento degli incendi e della frequenza delle «onde di calore». Con danni devastanti per l’agricoltura, la pesca e il turismo. Con costi economici di decine di miliardi di euro l’anno. E con decine di milioni di vacanzieri che, intorno al 2100, sciameranno verso le tiepide coste scandinave per sfuggire alle torride estati di quel deserto cui ormai sono ridotti Capri e Maiorca, la penisola iberica e il Mezzogiorno d’Italia, insieme alla Grecia e alla costellazione delle sue isole una volta magnifiche. Hanno scosso l’opinione pubblica i pochi tratti del rapporto «Peseta» sugli effetti dei cambiamenti del clima globale anticipati dal «Financial Times» di Londra. Poiché «Peseta» è un programma di ricerca che risale alla Commissione Europea, è lecita la domanda che ci siamo fatti tutti: ma, allora, è questo il futuro che ci attende? Diciamo subito che il rapporto «Peseta» è un’analisi di tipo socio-economico. Non un rapporto scientifico sui cambiamenti del clima, dunque. Ma una proiezione da parte di economisti e scienziati sociali (italiani della Fondazione Enrico Mattei, tedeschi dell’università di Amburgo e inglesi dell’università di Southampton) su cosa potrebbe succedere se la temperatura media del pianeta dovesse continuare a salire da oggi al 2100. Gli scenari presi in esame dal rapporto sono due: uno relativo a un aumento di 2 gradi della temperatura media planetaria e l’altro relativo a un aumento di 3 gradi. I calcoli degli effetti sociali ed economici di questi due possibili scenari climatici sono diversi: molto seri nel primo caso, devastanti nel secondo.

Il rapporto, anticipato dal giornale inglese, non è ancora disponibile. Cosicché, in mancanza di dati più precisi e in attesa della pubblicazione integrale, è difficile dire se sia fondato. Certo è che l’esercizio di previsione socio-economica sulla scala dei decenni è impresa difficile, perchè le variabili in gioco sono moltissime, non tutte conosciute, sviluppano i loro effetti in maniera non lineare e alcune dipendono dalle nostre stesse azioni: quanto faremo per prevenire i cambiamenti climatici, quanto faremo per adattarci. Azioni che a loro volta dipendono dal credito che diamo a rapporti tipo «Peseta». Ma, al netto di questi (enormi) fattori di retro-azioni e di imprecisioni, va detto anche che i presupposti scientifici su cui si basa il rapporto «Peseta» non sono affatto campati in aria. Davvero corriamo il rischio che la temperatura media da qui al 2100 aumenti di alcuni gradi. Davvero corriamo il rischio che il livello dei mari aumenti di diverse decine di centimetri.

Chi ha valutato questi rischi? La comunità scientifica internazionale, con una crescente uniformità di giudizio. Da cosa derivano? Non solo è non tanto da cause naturali, ma anche e soprattutto da cause antropiche. Quasi tutti gli scienziati esperti ne sono convinti: la temperatura media del pianeta aumenta anche perché noi sversiamo nell’atmosfera troppi gas serra. E se continueremo a farlo con i ritmi attuali, è possibile che la temperatura aumenti effettivamente da 2 a 6 gradi entro il 2100. Non ci sono solo le proiezioni al computer. L’aumento della temperatura media del pianeta è già in atto. Nell’ultimo secolo è aumentata di oltre mezzo grado. E con essa è aumentato, un po’, il livello dei mari ed è aumentata la frequenza dei fenomeni meteorologici estremi (come tempeste e onde di calore). Certo, non sempre ce ne accorgiamo. Sia perché l’aumento di questi fenomeni non è né continuo, né lineare, né diffuso in maniera omogenea nel mondo. Sia perché ci sono altri effetti che lo mascherano. Il fenomeno di El Nino, che in questo momento interessa il Pacifico, provoca di per sé un momentaneo aumento della temperatura, soprattutto in Asia e in America, che si sovrappone a quello del cambiamento climatico globale. Ma la stessa frequenza e intensità di El Nino è correlata al cambiamento globale del clima. A riprova della complessità del sistema di cui parliamo. E del fatto che anche gli effetti dei cambiamenti per così dire strutturali del clima non sono né lineari né progressivi. Tuttavia è lecito attendersi, sulla base delle conoscenze acquisite, che nei prossimi decenni l’aumento della temperatura continuerà, sarà accompagnato da un aumento del livello dei mari e anche - come sostiene un recente rapporto scientifico, «Going to the extremes», elaborato dagli esperti americani del National Center for Atmospheric Research e finanziato dal governo degli Stati Uniti, attraverso la National Science Foundation, il Department of Energy e l’Environmental Protection Agency - da un aumento della frequenza degli eventi meteorologici estremi, come tempeste (soprattutto negli Usa) e onde di calore. Il cambiamento globale comporterà, ovviamente, anche il mutamento dei climi locali. Il Mediterraneo andrà incontro a una sorta di tropicalizzazione. Il Nord Europa a una sorta di mediterranizzazione. La Siberia diventerà coltivabile. Quali le conseguenze sociali ed economiche? Qui l’incertezza aumenta ancora. Non c’è dubbio che saranno i paesi poveri a pagare il conto più salato. Il Bangladesh rischierà di essere sommerso per larga parte dal mare. L’Africa vedrà avanzare ancora i deserti. Molti demografi prevedono già nei prossimi anni un aumento delle migrazioni: nel 2050 i «rifugiati per cause ambientali» saliranno dagli attuali 25 milioni a 50 milioni. È per tutto questo che molti studiosi e persino i servizi segreti americani considerano i cambiamenti del clima la minaccia più grave che in questo secolo incombe sull’umanità. Ora gli esperti europei, con il loro rapporto «Peseta», sostengono che anche il nostro continente - e in particolare l’Italia, insieme alla Spagna e alla Grecia - subiranno danni sociali ed economici insostenibili. È possibile, anche se non è certo.

E, in ogni caso, non è scontato. Quegli scenari previsti da «Peseta» infatti possono essere modificati. Devono essere falsificati. Avviando per tempo azioni di adattamento. Ma soprattutto investendo sulla prevenzione: andare subito «oltre Kyoto» e abbattere al più presto le emissioni antropiche di gas serra. Un euro investito oggi, può far risparmiare molti euro e molti disagi ai nostri figli. E molte vite all’intera umanità.

* l’Unità, Pubblicato il: 08.01.07 Modificato il: 08.01.07 alle ore 11.23


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