Inviare un messaggio

In risposta a:
"Amore" (Charitas) o "Mammona" (Caritas)?!

"Deus" è "caritas" ("caro-prezzo")!!! L’idolatria del denaro nell’Occidente cristiano. Una straordinaria lezione di Arturo Paoli, sull’amore ( "charitas") evangelico - a c. di Federico La Sala

domenica 15 ottobre 2006
[...] Le varie spiritualità cattoliche seguite dai laici nel tempo attuale sembrano non includere la responsabilità del mondo. Sono restate agganciate al dualismo greco, anima e corpo, anima che vive soprannaturalmente quasi estranea alla materia, corpo fatalmente esposto allo provvisorietà, al relativismo, senza considerare che il relativismo è diventato assoluto. Invano il Concilio ecumenico Vaticano II ha solennemente e infallibilmente proclamato che il centro della predicazione di Gesù (...)

In risposta a:

> AD ARTURO PAOLI, PER I SUOI 100 ANNI --- Il secolo (lunghissimo) di Arturo Paoli (di Marco Giorgetti)

martedì 4 dicembre 2012

Il secolo (lunghissimo) di Arturo Paoli

di Marco Giorgetti (“popoli”, dicembre 2012)

«Sono contento della mia vita, perché molte volte ho visto chiaramente l’intervento del Signore, posso dire con serenità che è stata una vita interamente guidata dalla mano di Dio». Parola di Arturo Paoli, 100 anni il prossimo 30 novembre, quasi tutti trascorsi al servizio degli «ultimi» in varie aree del mondo.

Il corpo tradisce gli inevitabili acciacchi di chi arriva a questa età, ma la mente e lo spirito sono in gran forma. Siamo andati a trovarlo sulle colline lucchesi dove ora risiede e da dove molti anni fa iniziò, appena dopo la sua ordinazione sacerdotale (avvenuta nel giugno 1940), il suo cammino insieme ai poveri e ai perseguitati. Era da poco passato l’8 settembre 1943 e, partecipando attivamente alla resistenza, Arturo Paoli collabora con la rete clandestina Delasem (Delegazione per l’assistenza degli emigranti ebrei), diretta da Giorgio Nissim, per l’assistenza agli ebrei perseguitati.
-  «Sono stati anni duri - ricorda -. Il mondo cattolico lucchese era una grande rete clandestina per l’aiuto ai fratelli ebrei. Suore, sacerdoti, monaci, erano tutti impegnati in modi diversi per la loro salvezza. Molti hanno pagato con la vita; ricordo la strage della Certosa di Farneta (12 monaci trucidati dalle Ss, ndr) e molti altri preti furono assassinati successivamente».

Per questo suo impegno nel 1999 lo Stato di Israele lo ha insignito dell’onorificenza di «Giusto delle Nazioni» e nel 2006 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi lo ha premiato con la medaglia d’oro al valore civile.
-  «Sinceramente non mi aspettavo questi riconoscimenti, mi hanno fatto piacere, anche se a me basta sapere di avere servito bene il Signore e i fratelli in vicende difficili, il resto sono cose di uomini».

Dopo la guerra, nel 1949 viene chiamato a Roma da mons. Giovanni Battista Montini (allora pro-segretario di Stato e futuro papa Paolo VI), e inizia l’impegno in Azione cattolica come vice-assistente nazionale.
-  «Erano gli anni della rinascita dell’Italia, furono anni belli e intensi. Ho un bellissimo ricordo di monsignor Montini, un uomo che mi è stato profondamente amico, con il quale ho condiviso grandi progetti, non solo nell’Azione cattolica. Ma non voglio negare anche il difficile rapporto con Luigi Gedda (presidente della stessa Ac) e con i suoi comitati civici, che sono stati a mio parere la rovina della Democrazia cristiana. Si verificarono continue divergenze che in poco tempo mi portarono a lasciare “forzatamente” l’Italia».

RINASCERE NEL DESERTO

Dopo un periodo come assistente spirituale agli emigranti sulle navi dirette verso il continente americano, Arturo Paoli affronta un’esperienza che cambierà la sua vita: il deserto algerino.
-  «Nel deserto sono morto e risuscitato. Ho rischiato di perdere totalmente la fede, senza la quale per me rimaneva solo il suicidio. Fu un periodo tremendo, non avevo desiderio di vita, davanti a me solo il nulla. Ma, proprio nel deserto, Dio si è fatto sentire nitidamente. La mia resurrezione è avvenuta attraverso un pellegrinaggio di 600 chilometri, a piedi. Il Signore camminava con me, sentivo forte la sua presenza e una frase che ripetutamente mi risuonava dentro: “Non siete voi che amate me, ma sono io che amo voi”».

Dopo l’ingresso nella congregazione religiosa dei Piccoli Fratelli di Gesù, ispirata a Charles de Foucauld, il sacerdote toscano cerca di rientrare in Italia, ma le numerose pressioni politiche esercitate da Gedda in Vaticano lo portano nuovamente lontano. Sceglie l’Argentina e il Sudamerica, dove rimarrà circa 45 anni.

Qui, oltre a fondare diverse comunità dei Piccoli Fratelli, si impegna nell’assistenza ai parenti dei desaparecidos, nelle lotte a fianco dei campesinos sfruttati dai latifondisti, nell’assistenza a ragazze madri e a bambini abbandonati.

Nel 1969 Arturo Paoli aderisce alla Teologia della liberazione, un’esperienza perlopiù osteggiata dalle gerarchie, ma su cui Paoli non ha dubbi.
-  «La Teologia della liberazione è stata vittima di numerosi equivoci. Volutamente strumentalizzata dai suoi avversari, da chi aveva paura di perdere privilegi, è stata prima accostata a teorie marxiste e poi a derive di lotta armata. Ma non c’entra niente con queste falsità. È solo un cammino cristiano di liberazione dalla miseria e di presa di coscienza dei propri diritti. Oggi ci sono molti gruppi, soprattutto in Brasile, che stanno riprendendo quel cammino».

Gli anni Settanta, in America latina, sono anche quelli del golpe cileno, della dittatura militare in Argentina e delle guerre civili in America centrale.
-  «In Argentina ho visto cose inenarrabili - racconta padre Arturo -, a partire da una Chiesa quasi totalmente connivente con il regime militare. Se l’episcopato argentino (come quello cileno, peraltro) si fosse opposto fermamente alla repressione, sono sicuro che le gerarchie militari non avrebbero osato fare quello che hanno commesso; lo ha confessato recentemente anche lo stesso generale Arturo Videla. Ben diversamente andarono le cose in America centrale. Anche lì sono stati pagati enormi tributi di sangue, ma la posizione della Chiesa è stata diversa. Basti ricordare Oscar Romero e la grande testimonianza dei gesuiti salvadoregni, oppure l’esperienza del governo sandinista in Nicaragua nel 1979, al cui interno c’erano quattro religiosi con cariche ministeriali. Credo sia stato giusto da parte loro portare un contributo diretto, il Nicaragua si stava rialzando dopo una guerra civile cruenta».

PER USCIRE DALLA CRISI

Cosa pensa, chiediamo, della situazione attuale dell’America Latina?
-  «Il continente ha fatto passi enormi da quei tempi. Oggi credo che il Brasile possa rappresentare un punto di riferimento importante in quell’area, grazie anche alle scelte fatte sotto la presidenza Lula, che hanno sviluppato una rete di collaborazioni privilegiate, su vari settori, con altri Stati sudamericani, più che con le solite superpotenze. Questa scelta politica rappresenta la via per l’effettiva emancipazione del Sud del mondo: allearsi tra simili, cercando l’indipendenza dai soliti “giganti” del Nord».

Ma quello di Arturo Paoli è uno sguardo lungo un secolo, che non si concentra solo sulle vicende latinoamericane. Viene spontaneo allora chiedergli qualche parola anche sulla crisi, non solo economica, in cui siamo immersi.
-  «Dobbiamo uscire dall’idolatria del “mercato”. La politica si è sottomessa da tempo ai dettami economici che creano, direttamente o indirettamente, migliaia di morti e molta sofferenza. L’uomo deve riprendere le redini della propria esistenza, uscire dalle ipocrisie che si è creato da solo; il precariato, grandissima piaga sociale, viene chiamato “flessibilità”. Ci siamo creati, da soli, dogmi economici che non osiamo mettere in discussione, anche se è evidente che stiamo scivolando sempre di più in fondo al baratro. Viviamo una frammentazione causata da un individualismo alimentato ad arte da una certa cultura. Abbiamo più mezzi di comunicazione, ma siamo più isolati: tutto a vantaggio dei grandi « centri di potere economico che ci manipolano mediaticamente a loro piacimento. Anche in questo la Chiesa ha responsabilità, con le sue connivenze silenziose con governi dei potenti di turno».

Si torna sempre lì, a una Chiesa così amata, ma a cui don Arturo Paoli non risparmia critiche:
-  «Io verifico da tempo, tra le tante cose, anche il precipitare delle vocazioni sacerdotali; i nostri seminari e i nostri conventi sono vuoti. È una cosa che mi addolora profondamente: se fossimo stati fedeli alle riforme del Concilio Vaticano II non ci troveremmo in questa condizione. Dobbiamo interrogarci su cosa siamo chiamati a fare, come testimoni di Cristo, nel terzo millennio. Dobbiamo uscire da una teologia astratta, da una fede dottrinale: dovremmo vivere più concretamente il Vangelo, cercando anzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia».

A 100 anni la morte fa meno paura?
-  «Spero di incontrare presto il Padre di noi tutti, molto spesso prego perché ciò si realizzi, ho atteso tutta una vita. Lo riconoscerò perché mi sorriderà, un Padre sorride sempre con amore guardando i suoi figli».


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: