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Uno scintillio di mille colori ...

Allo scrittore turco, Orhan PAMUK, il premio Nobel per la Letteratura. Una "analisi" di Barbara Spinelli, e una recensione di Pietro Citati

«È perché le nostre menti moderne sono così precarie, scivolose, che la libertà d’espressione diventa così importante: ne abbiamo bisogno per capire noi stessi, i nostri umbratili, contraddittori, più intimi pensieri; la fierezza e la vergogna che ci abitano»
domenica 15 ottobre 2006 di Federico La Sala
[...] Il mio nome è rosso, che Orhan Pamuk compose nel 1998 (ora in edizione tascabile: Einaudi, traduzione di Marta Bertocchi e Semsa Gezgin, pagg. 456, euro 11,80) è probabilmente il più bel romanzo apparso negli ultimi anni in qualsiasi lingua. è un robusto romanzo realistico: una favola a cui sia l’ Oriente sia l’ Occidente prendono parte: un colorato testo shakespeariano come quelli di Dickens: una nera storia di delitti notturni: una superba architettura intellettuale; un libro di (...)

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lunedì 16 ottobre 2006

IL PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA A ORHAN PAMUK di FABIO SALOMONI *

Lo scrittore turco Orhan Pamuk ha vinto il Nobel per la letteratura 2006. Indicato da giorni come possibile favorito insieme al siriano Adonis, Pamuk, il cui nome era gia’ entrato in passato nella rosa dei candidati, e’ il primo scrittore turco ed il secondo scrittore, dopo Nagib Mahfuz, proveniente da un paese islamico, ad aver ottenuto il prestigioso riconoscimento. Nel passato prima di Pamuk almeno altri due autori turchi, il poeta Nazim Hikmet ed il romanziere Yasar Kemal erano stati candidati alla vittoria del Nobel.

Nella motivazione si parla "dell’arte del romanzo, dell’abilita’ di destreggiarsi attraverso identita’ e personalita’ plurime". Il segretario dell’Accademia Reale ha tenuto a precisare che motivazioni di ordine politico non hanno influenzato la scelta di premiare Pamuk. Il riferimento esplicito era alle sue disavventure giudiziarie vissute in patria. (...)

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Orhan Pamuk e’ figlio di una facoltosa famiglia borghese del quartiere di Nisantas a Istanbul. Dopo aver coltivato a lungo, ai tempi dell’Universita’, il sogno di diventare un pittore, a 23 anni ha deciso di diventare scrittore.

Come mi raccontava in un’intervista di alcuni anni fa "mi sono chiuso dentro casa e ne sono uscito solo dopo aver finito il mio primo romanzo". Si tratta del monumentale Il Signor Cevdet e figli, la storia, chiaramente autobiografica, di una famiglia borghese di Istanbul vista attraverso tre generazioni, un ideale punto di osservazione per raccontare il tribolato passaggio dal crollo dell’mpero ottomano alla nascita della repubblica kemalista.

Il romanzo e’ l’unico a non essere stato tradotto in italiano e del resto verso questo romanzo Pamuk ha a lungo avuto un atteggiamento ambivalente: "Per molto tempo non ho voluto che fosse tradotto - ha detto lo scrittore - perche’ non mi sembrava abbastanza postmoderno". A seguire una lunga serie di romanzi che gli hanno fatto guadagnare la notorieta’ internazionale: La casa del silenzio, Roccalba, il Libro nero, la Nuova vita, Il mio nome e’ Rosso.

Romanzi spesso di ambientazione ottomana nei quali, con un stile ed una scrittura raffinata, Pamuk scandaglia i grandi temi del suo paese. La cultura orientale, l’incontro con la tradizione occidentale, gli effetti che questo incontro produce, i conflitti dentro l’identita’ turca. Parlando de Il mio nome e’ Rosso, forse il suo romanzo migliore, Pamuk raccontava del tarlo che lo rodeva: "Io voglio una Turchia occidentalizzata, io sono per la cultura occidentale ma quello che mi interessa e’ capire le sofferenze ed i drammi che la sua introduzione ha portato nel paese". Pamuk non e’ pero’ uno scrittore politico, egli stesso nega di esserlo. Anche in un romanzo ambientato nella Turchia moderna come La nuova vita, che narra dei travagli di giovani universitari, le scottanti questioni dell’attualita’ politica rimangono sullo sfondo. A prevalere e’ ancora il tema dell’identita’ culturale e degli effetti dell’occidentalizzazione.

Alla fine pero’ arriva anche il romanzo politico, Neve, del 2002, "Il mio primo e ultimo romanzo politico". Ambientato a Kars, una cittadina di montagna al confine con l’Armenia, il romanzo, che forse non il migliore dal punto di vista letterario, si tuffa nel cuore dell’attualita’ politica e sociale turca. Gli strascichi delle contrapposizioni ideologiche tra destra e sinistra ma soprattutto la questione della crescita dell’islam politico, la questione del velo e la condizione femminile.

Un romanzo che ha avuto l’innegabile merito di aver fatto conoscere ad una opinione pubblica internazionale a corto di informazioni, uno spaccato dei travagli che attraversano la societa’ turca.

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Se quest’ultimo romanzo consacrava il nome di Pamuk nell’Olimpo della letteratura mondiale, in patria la figura di Pamuk e’ pero’ rimasta abbastanza controversa. Molto letto certo, Pamuk e’ stato pero’ spesso accusato di scrivere "per l’Occidente" e di usare una lingua molto ricca, a volte difficile da capire. Molti poi, e non soltanto tra i suoi colleghi, di fatto semplicemente non gli hanno mai perdonato di essere molto popolare all’estero e di vendere molto.

Questo groviglio di sentimenti ed invidie ha avuto l’occasione di venire apertamente allo scoperto all’indomani delle sue dichiarazioni sul genocidio ameno. Nel 2005 ad un inserto culturale svizzero Pamuk ha dichiarato che "i turchi hanno ucciso un milione di armeni e 30.000 curdi. Nessuno ha il coraggio di dirlo e allora lo faccio io".

Come ha raccontato poi in un articolo al quotidiano "Radikal" le conseguenze sono state una valanga di minacce di morte e campagne d’odio orchestrate della stampa nazionalista che lo accusava "di aver svenduto il paese per qualche copia in piu’". Di fatto il solito refrain servito ora in chiave nazionalista: Pamuk per essere cosi’ popolare all’estero racconta quello che gli occidentali vogliono ascoltare e denigra il nostro paese. Un vero e proprio linciaggio morale che lo ha costretto ad un lungo silenzio ed all’esilio su una delle isolette che stanno di fronte ad Istanbul.

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Non e’ bastato pero’ per calmare le acque perche’ su iniziativa dell’avvocato Kerincsiz, un vero e proprio professionista della provocazione nazionalista nei confronti degli intellettuali turchi, un tribunale ha aperto un procedimento contro di lui in base ad un famigerato articolo del riformato codice penale, il 301, quello che parla di "oltraggio alla turchita’". Concetto astratto dai contorni quasi esoterici che si presta alle piu’ disinvolte interpretazioni, esso rappresenta da tempo una vera e proprio spada di Damocle che pende sulla liberta’ di pensiero e di espressione in Turchia.

Le udienze del processo Pamuk, che i nazionalisti hanno saputo trasformare in una gazzarra indegna, hanno pero’ permesso di riportare il tema della liberta’ di espressione ed il contenuto dell’articolo 301 al centro dell’agenda politica ed anche dell’attenzione internazionale. La notorieta’ di Pamuk ha di fatto trasformato lo scrittore in un simbolo ed ha permesso che si parlasse anche delle decine di scrittori ed editori meno noti costretti a comparire davanti ad un tribunale per difendersi dall’accusa di aver violato questo articolo. L’ultimo caso, poche settimane fa, quello della scrittrice Elif Safak, prosciolta, come prosciolto e’ stato anche Pamuk.

L’articolo 301 e’ diventato cosi’ uno dei temi caldi delle relazioni turco-europee. Nell’ultimo rapporto sullo stato delle riforme, l’Unione Europea chiedeva esplicitamente al governo turco di abolire questo articolo. A lungo il governo Erdogan ha resistito a queste richieste, temendo di apparire debole di fronte alle pressioni europee. Il primo ministro ha sempre chiesto che si guardasse non al contenuto dell’articolo ma alle decisioni dei tribunali. Se e’ vero che gran parte degli accusati e’ stata assolta, ve ne sono alcuni che sono stati condannati, come lo scrittore armeno Hrant Dink. E poi come ha ricordato Hans Georg Kretschmer, rappresentante dell’Unione uropea in Turchia, in nessun paese europeo gli scrittori sono trascinati davanti ai tribunali per i loro scritti.


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[Dal quotidiano "Liberazione" del 13 ottobre 2006 riportiamo ampi stralci del seguente articolo.

Fabio Salomoni e’ corrispondente da Istanbul per l’Osservatorio sui Balcani. Orhan Pamuk, 54 anni, coraggioso scrittore turco, gravemente minacciato dai nazionalisti e duramente perseguitato dal regime per aver nelle sue opere denunciato i massacri commessi dalla stato turco - il genocidio degli armeni, la feroce repressione dei curdi -, e’ stato quest’anno insignito del premio Nobel per la letteratura. Dal sito www.unita.it riprendiamo la seguente scheda: "Un autore ’in cerca della malinconica anima della sua citta’ natale ha scoperto nuovi simboli dello scontro e dell’intreccio tra le culture’.

Cosi’ l’accademia svedese spiega le motivazioni con cui si e’ giunti ad assegnare il premio Nobel per la letteratura allo scrittore turco Orhan Pamuk. Nato nel 1952 in una famiglia borghese benestante di alterne fortune (il padre fu il primo dirigente della sezione turca dell’Ibm), tranne una breve parentesi trascorsa negli States, ha sempre vissuto a Istanbul. Ha iniziato a scrivere romanzi nel ’74 ma il successo popolare arriva nel 1990 con il romanzo Il libro nero, che diventa rapidamente una delle letture piu’ controverse della letteratura turca, grazie alla notevole complessita’ e ricchezza narrativa.

La reputazione internazionale di Pamuk cresce, nel 2000, in seguito alla pubblicazione di Benim Adim Kirmizi (Il mio nome e’ rosso). Il romanzo, ambientato nell’Istanbul del sedicesimo secolo, mescola mistero, passione e filosofia. Viene tradotto in 24 lingue e vince, nel 2003, il piu’ remunerativo dei premi letterari internazionali: l’International Impac Dublin Literary Award.

Nonostante sia considerato, anche in Turchia, uno dei maggior autori contemporanei, una significativa parte dell’opinione pubblica turca si e’ schierata contro di lui quando, alla fine del 2005, viene incriminato per violazione del famigerato articolo 301 del codice penale contro ’l’oltraggio all’identita’ turca’. ’In un’intervista per una rivista svizzera ho detto che in Turchia sono stati uccisi un milione di armeni e 30.000 curdi. E anche che penso che nel nostro paese non si parli di queste cose perche’ rappresentano un tabu’’ racconta Pamuk in un articolo.

Forse, proprio grazie alla sua popolarita’ internazionale, alla fine le accuse contro di lui cadono. Nonostante questo un sottoprefetto della citta’ di Isparta ordino’ addirittura la distruzione dei suoi romanzi nelle librerie e biblioteche. Molto noto come commentatore politico e sociale, Pamuk rivendica pero’ di essere in primis uno scrittore senza alcuna ’agenda politica’. Vero e’ che, oltre alla condanna della censura sul genocidio di armeni e curdi, Pamuk ha preso posizioni anche su altri argomenti ed e’ stato anche il primo autore nel mondo musulmano a condannare pubblicamente la ’fatwa’ contro Salman Rushdie".

Tra le opere di Orhan Pamuk: Cevdet Bey Ve Ogullary (Il signor Cevdet e i suoi figli, 1982); La casa del silenzio (1983, in Italia pubblicato da Frassinelli); Il castello bianco (1991, in Italia pubblicato da Einaudi); Il libro nero (1994, in Italia pubblicato da Frassinelli); La nuova vita (1997, in Italia pubblicato da Einaudi); Il mio nome e’ Rosso (2001, in Italia pubblicato da Einaudi); Neve (2004, in Italia pubblicato da Einaudi); Istanbul (2005, in Italia pubblicato da Einaudi)]

LA NONVIOLENZA E’ IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 1450 del 16 ottobre 2006


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