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Van-gélo ... o ... Eu-angélo!? Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!

Verona. IV Convegno Ecclesiale della Chiesa Cattolica. Prolusione del Card. Dionigi Tettamanzi. Già dall’inizio, quasi un aut-aut. La parola del Dio-"Caritas" (Mammona) o la Parola del Dio-"Charitas" (Amore)?!

mercoledì 18 ottobre 2006 di Federico La Sala
[...] E ora l’ultima parola. Non è da me, ma viene da lontano, dall’Oriente, da un vescovo martire dei primi tempi della Chiesa, da sant’Ignazio di Antiochia. Desidero che la sua voce risuoni in questa Arena e pronunci ancora una volta una parola d’estrema semplicità, ma capace di definire nella forma più intensa e radicale la grazia e la responsabilità che come Chiesa in Italia chiediamo di ricevere da questo Convegno.
E che, per dono di Dio, il cuore di ciascuno di noi ne sia toccato e (...)

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> Verona. Quarto Convegno Ecclesiale della Chiesa Cattolica. Prolusione del Card. Dionigi Tettamanzi. Già dall’inizio, quasi un aut - aut: "Caritas" (Mammona) o "Charitas" (Amore)?!

sabato 30 giugno 2007

CRISTIANI OGGI

il documento Il testo consegnato dai vescovi alle comunità ecclesiali suggella l’assemblea dell’ottobre 2006 e offre il profilo di una fede che sa incidere nella società complessa

Italia, ecco il cammino

Nella Nota dopo il Convegno di Verona le scelte per il futuro della Chiesa nel Paese

di Francesco Ognibene (Avvenire, 30.06.2007)

Un ritratto di Chiesa viva, aperta sul futuro, consapevole delle sfide, una cosa sola con la gente: lo si coglie nella «Nota pastorale», introdotta dal presidente della Cei monsignor Angelo Bagnasco, con cui il nostro episcopato suggella il 4° Convegno ecclesiale di Verona, mettendolo nelle mani della comunità cristiana. Il documento, articolato in quattro capitoli e trenta paragrafi, intende infatti «riconsegnare l’esperienza del Convegno» a tutte le comunità ecclesiali d’Italia attraverso una riflessione snella, vivida e chiara, perché esse «vi possano individuare le scelte più adatte per la loro vita». A ispirarle sarà l’intuizione scolpita nelle parole di Benedetto XVI nel suo discorso veronese, con quel «grande "sì" di Dio all’uomo» - espressione divenuta quasi un simbolo del Convegno - nel quale si riassume il profilo che la Chiesa italiana intende assumere.

Il «terreno favorevole». La Nota anzitutto riflette attorno a un’altra bella espressione del Papa (l’Italia di oggi costituisce «un terreno assai favorevole per la testimonianza cristiana») per ricordare che «la Chiesa italiana ha scelto di mettere al centro della sua azione l’impegno a comunicare il Vangelo» decidendo di darsi una «chiara connotazione missionaria fondata su un forte impegno formativo e su una più adeguata comunicazione del mistero di Dio».

Le tre scelte. I vescovi indicano alcune opzioni «di fondo» che - scrivono - «vorremmo diventassero patrimonio comune»: «Il primato di Dio nella vita e nella pastorale della Chiesa», «la testimonianza, personale e comunitaria, come forma dell’esistenza cristiana capace di far adeguatamente risaltare il grande "sì" di Dio all’uomo» e «una pastorale che converge sull’unità della persona».

Il centro di tutto. È solo «l’incontro con il Risorto» e «la fede in lui» a rendere i cristiani « persone nuove, risorti con lui»: questo, non altro, è «il centro delle nostre comunità». L’«essenziale della nostra vita nel cuo re della fede» è «il primato di Dio e del suo amore»: in una «stagione difficile e complessa» come la nostra è decisivo puntare a quella «misura alta e possibile del nostro essere cristiani» che è la «santità». Questo è il centro di tutto: «Dall’essere "di" Gesù - spiega la Nota - deriva il profilo di un cristiano capace di offrire speranza». A credenti così animati è chiesto «un forte impegno nel far nascere e sostenere percorsi che riavvicinino le persone alla fede», capaci di scorgere come la stessa «immigrazione si presenta quale nuovo areopago di evangelizzazione»

Da un «sì» all’altro Il "sì" che «Dio pronuncia sull’uomo» fonda il "sì" con cui il credente «risponde ogni giorno» con «l’amore nei confronti della vita, di ogni persona, del mondo plasmato dalle mani di Dio». Questo duplice "sì" prende forma nella «testimonianza personale e comunitaria», «radicata in una spiritualità profonda e culturalmente attrezzata» «Il testimone - scrivono i vescovi - comunica con le scelte di vita» perché «il linguaggio della testimonianza è quello della vita quotidiana», a cominciare dai cinque àmbiti sui quali lavorò il Convegno (la Nota riassume efficacemente le proposte dei gruppi di lavoro che li esaminarono): vita affettiva, lavoro e festa, fragilità umana, tradizione, cittadinanza.

La sfida culturale. Centrale nella Nota è il ruolo della cultura: «Fede e cultura si richiamano reciprocamente», un dato ormai acquisito dodici anni dopo l’intuizione del Progetto culturale al Convegno ecclesiale di Palermo. È il momento ora di imprimergli «un nuovo impulso» puntando al «suo consolidamento e radicamento, sia in chiave formativa sia in prospettiva missionaria», con l’obiettivo di «un nuovo incontro tra la fede e la ragione» a partire da una elaborazione culturale «curata anzitutto nelle sue forme ordinarie e popolari». Un punto determinante, tanto che «l’elaborazione culturale e la formazione delle coscienze» vengono definiti come «i primi obiettivi de l discernimento ecclesiale».

Chi è l’uomo? Due filoni del Progetto culturale vengono sottolineati: la "questione antropologica" - «ossia la domanda su che cosa sia e che cosa significhi essere uomo» - e la «questione della verità» nel tempo del relativisimo, da intrecciare alla libertà mostrando come «la coscienza umana non esca mortificata, ma anzi arricchita, dal confronto con la verità cui la fede ci fa rivolgere». Vengono qui registrati i «notevoli passi compiuti» dai media dei cattolici, incluso Avvenire.

Il bene della società. Nell’«interesse per il rispetto della dignità della persona umana in ogni momento della vita, per il sostegno alla famiglia fondata sul matrimonio, per la giustizia e la pace, per lo sviluppo integrale e il bene della comunità» si esprime una vera «sollecitudine per il bene della società umana»: questo «fa sì che la Chiesa, senza rischiare sconfinamenti di campo, parli e agisca non per preservare un "interesse cattolico" bensì per offrire il suo peculiare contributo per costruire il futuro della comunità sociale in cui vive e alla quale è legata da vincoli profondi». E i cattolici che si impegnano in politica? Citando il Papa i vescovi ricordano come essi «sanno che "operano come cittadini sotto propria responsabilità"» e che «devono essere protagonisti di uno stile politico virtuoso, guidati da una coscienza retta e informata, illuminata dalla fede e dal magistero della Chiesa».

La persona al centro. Chiara l’opzione pastorale: rispetto a un’impostazione centrata «sui tre compiti fondamentali della Chiesa (l’annuncio del Vangelo, la liturgia e la testimonianza della carità)» la Nota indica di «mettere la persona al centro», scelta che «costituisce una chiave preziosa per rinnovare in senso missionario la pastorale e superare il rischio di ripiegamento», attraverso una «pastorale sempre più "integrata"».

Le aggregazioni dei laici. Il recente «percorso che avvicina le esperienze e le sensibilità» ha condotto molti laici a scoprire «il valore che l’essere insieme aggiunge alle proprie iniziative, condotte come espressione corale di una testimonianza cristiana che, pur nelle molteplici forme, attinge all’unico Vangelo». Questo cammino «che porta a una fisionomia laicale non omologata né uniforme, non dispersa né contrapposta» va senza dubbio accelerato: esso è animato infatti da «uno spirito di comunione che sa generare testimonianza unitaria».


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