Teo-con in corsa, Tettamanzi frena
di Red. Pol. (il manifesto, 17.10.2006)
Roma. Tra «cattolici adulti» e «teo-con» di provata fedeltà, popolari di ritorno e laici devoti, governanti e oppositori, il corpaccione cattolico della politica italiana aspetta con ansia la messa-evento che Joseph Ratzinger celebrerà giovedì prossimo a Verona. Allo stadio (Bentegodi) come è prassi nei paesi dove il papa arriva ad evangelizzare popoli lontani, ma stavolta giocando in casa. I politici ad omaggiare santa romana chiesa tra i 40mila degli spalti saranno in tanti, tanti che uno che se ne intende come il democristiano Publio Fiori, che adesso guida una «rifondazione Dc», denuncia «un’ipocrita caccia al voto dei cattolici». Ci sarà il presidente del Consiglio, ma non vuole mancare nemmeno il leader dell’opposizione Berlusconi. Si aspettano i capi dei partiti centristi, Casini e Mastella ma anche Rutelli, che del cardinale Ruini padrone di casa è buon amico. Fassino probabilmente sarebbe troppo, anche se il segretario della Quercia già tempo fa si è dichiarato credente, aggiungendo però che si tratta di «un fatto privato».
Una corsa e un’ansia che dev’essere sembrata eccessiva al cardinale arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, che in veste di organizzatore aprendo le giornate veronesi ieri ha citato le scritture per dire che «è meglio essere cristiano senza dirlo che proclamarlo senza esserlo». Certo i «teo-con» e anche i neonati «teo-dem» che militano sulla sponda bipolarmente opposta hanno sempre un posto nel cuore delle gerarchie ecclesiastiche - specie quando si stratta di far passare o bloccare leggi gradite e sgradite -, ma le parole di Tettamanzi qualche pensiero ai più sfrenati tra i politici papisti dovrebbero suggerirlo. «Quelli che fanno professione di appartenere a Cristo si riconosceranno dalle loro opere - ha continuato nella citazione l’arcivescovo di Milano -, non si tratta di fare una professione di fede a parole». Ognuno al suo posto, è sembrato voler dire Tettamanzi, assegnandone uno importante ai «politici cristiani», citati espressamente. E però anche ridimensionati in qualche modo: «Mi rimangono indimenticabili - ha detto - le parole di Paolo VI, ’la politica è una maniera esigente, ma non la sola, di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri».
Sandro Bondi (Forza Italia), Pierferdinando Casini (Udc), Maurizio Gasparri (An) da una parte, Pierluigi Castagnetti, Paola Binetti e Luigi Bobba (Margherita tutti e tre) dall’altra hanno già per conto loro contribuito all’appuntamento di Verona, partecipando due settimane fa ad un incontro romano di preparazione per esercitarsi proprio sui temi proposti dai vescovi italiani. Binetti e Bobba in particolare sono reduci dalla presentazione «urbi et orbi» della componente - «ma non chiamatela corrente» - «teo-dem» con la quale si propongono di sostenere le posizioni confessionali all’interno del partito democratico. Avanzando, all’interno del partito che dovrebbe nascere dalla fusione tra i Ds e la Margherita, una linea di «resistenza ad un laicismo da combattimento che ha fatto dei diritti individuali un assoluto e che vuole confinare il fattore religioso unicamente nella sfera del privato». A Verona saranno a casa loro.