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Van-gélo ... o ... Eu-angélo!? Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!

Verona. IV Convegno Ecclesiale della Chiesa Cattolica. Prolusione del Card. Dionigi Tettamanzi. Già dall’inizio, quasi un aut-aut. La parola del Dio-"Caritas" (Mammona) o la Parola del Dio-"Charitas" (Amore)?!

mercoledì 18 ottobre 2006 di Federico La Sala
[...] E ora l’ultima parola. Non è da me, ma viene da lontano, dall’Oriente, da un vescovo martire dei primi tempi della Chiesa, da sant’Ignazio di Antiochia. Desidero che la sua voce risuoni in questa Arena e pronunci ancora una volta una parola d’estrema semplicità, ma capace di definire nella forma più intensa e radicale la grazia e la responsabilità che come Chiesa in Italia chiediamo di ricevere da questo Convegno.
E che, per dono di Dio, il cuore di ciascuno di noi ne sia toccato e (...)

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> La parola del Dio-"Caritas" (Mammona) o la Parola del Dio-"Charitas" (Amore)?! --- SOBRIETA’ E SOLIDARIETA’ (di Aldo Maria Valli - Tettamanzi, luci a Milano).

sabato 5 dicembre 2009

Tettamanzi, luci a Milano

di Aldo Maria Valli (Europa, 5 dicembre 2009)

Che cosa fa veramente grande una città? Forse le infrastrutture? Forse i grattacieli? Forse le opere d’arte? Certo, tutte queste cose sono necessarie per fare più bella e funzionale una città, ma per farla grande occorre altro. Occorre, precisamente, un’anima. E se la città in questione è Milano, occorre che riscopra le sue qualità universalmente riconosciute ma ormai piuttosto sbiadite: generosità e solidarietà.

La festa di sant’Ambrogio del sette dicembre è tradizionalmente il momento in cui l’arcivescovo di Milano si rivolge alla città con un messaggio a vasto raggio, e quest’anno il cardinale Dionigi Tettamanzi ha deciso di intitolarlo così: Milano torni grande con la sobrietà e la solidarietà, titolo che contiene sia l’obiettivo da porsi sia la strada da seguire per raggiungerlo.

Dice Tettamanzi: «Non possiamo stancarci di parlare di solidarietà, una solidarietà non a parole ma a fatti. La solidarietà è inseparabile dalla giustizia, ha una destinazione sociale. Alla sua radice ci sono sempre gli altri». Nessuno di noi può pensare di fare da solo. Sono principi certamente cristiani, ma il cardinale si premura di ricordare che sono principi anche costituzionali.

Tra i principi fondamentali della nostra Carta fondamentale viene infatti affermato il legame tra i «diritti inviolabili dell’uomo» e «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (articolo 2). È questo il patto sociale che mantiene in vita una città, e «qui è in gioco la giustizia!».

Ora per il cardinale la domanda è: Milano è una città solidale, all’altezza della sua tradizione? È, per esempio, solidale con i bambini che hanno bisogno di asili nido, scuole materne e parchi gioco? È solidale con i ragazzi che hanno bisogno di opportunità educative per prevenire il disagio? È solidale con i giovani nel momento in cui offre loro «un lavoro quasi sempre precario, quasi a voler sfruttare le loro necessità»? È solidale con le tante famiglie alle prese con problemi economici? È solidale con gli anziani «senza relazioni e prospettive per il futuro»? È solidale con gli immigrati «spesso confinati, per chiusura o rifiuto, nei propri gruppi etnici»?

Il cardinale non gira attorno alle parole. Milano offre ancora molti esempi di solidarietà, specie a opera del volontariato e della Chiesa, ma ciò che occorre è «una solidarietà che sia in grado di animare il corso delle istituzioni».

Un esempio calzante è il comportamento nei confronti dei nomadi: «La risposta della città e delle istituzioni alla presenza dei rom non può essere l’azione di forza senza alternative e prospettive, senza finalità costruttive».

Per Tettamanzi la solidarietà si costruisce nella sobrietà. «Nella nostra città c’è chi sta molto bene, mentre sempre più aumenta il numero di chi fa più fatica». La sobrietà «ci aiuta a costruire la giustizia», perché «agisce secondo la giusta misura, superando sempre eccessi e sprechi ». La sobrietà, in quanto istanza etica, non danneggia l’economia e non è contro il mercato, «ma è a favore di una realizzazione sapiente dell’economia perché mette al centro la persona e le sue esigenze vere ».

Milano ha davanti a sé un appuntamento importante, l’Expo 2015, il cui tema, Nutrire il pianeta, energia per la vita, si presta a una riflessione proprio sulla sobrietà. La sfida presuppone un ripensamento circa l’uso delle risorse e i modi di produrle e scambiarle. E bisogna partire proprio dalla città. Milano è conosciuta come la città del fare. La sobrietà può essere un modo per ridare sostanza a questo appellativo, «un risultato che si raggiungerà eliminando ciò che è vuota apparenza, spreco di risorse», perché si ha la sensazione che «si punti a campagne di comunicazione e immagine, nascondendo la consistenza dei problemi, più che alla loro soluzione e all’offerta di servizi efficienti».

Chi è chiamato a operare per gli altri, come l’uomo delle istituzioni, «deve essere sobrio per mettere al centro delle proprie attenzioni i problemi delle persone e per risolverli». Occorre «un sussulto di moralità e spiritualità nei nostri stili di vita». Milano è coinvolta in progetti di sviluppo che esigono grandi quantità di denaro «e per i quali sono possibili infiltrazioni di criminalità organizzata ». Per questo è urgente da parte di tutti «il rispetto di norme semplici, chiare ed efficaci», nel «confronto con la coscienza morale, la rettitudine nell’agire, la gestione corretta del denaro pubblico».


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