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KOYAANISQATSI. LA VITA SENZA EQUILIBRIO. Life out of Balance ...

ITALIA. ALLARME MALA-SANITA’: 90 MORTI AL GIORNO PER ERRORI DEI MEDICI O CATTIVA ORGANIZZAZIONE

lunedì 23 ottobre 2006 di Federico La Sala
[...] secondo Venturini, si sta affacciando un nuovo tipo di errore, imputabile questo ai recenti cambiamenti del sistema, che tende a risparmiare nelle spese: "E’ quello che gli anglosassoni chiamano ’quicker and sicker’, cioé il dimettere precocemente il paziente (troppo velocemente, quicker), quando é ancora non stabilizzato (più sofferente, sicker)". Altri errori - secondo un elenco del Tribunale dei diritti del malato - sono provocati dalla somministrazione di farmaci sbagliati per la (...)

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> ITALIA. ALLARME MALA-SANITA’ ---- La clinica degli orrori, Le cinque piaghe di Santa Rita... Quanto emerso dalle indagini sulla Clinica Santa Rita di Milano non può essere liquidato come l’ennesimo caso di malasanità. In esso si intrecciano infatti almeno cinque elementi diversi di mal funzionamento nel rapporto pubblico-privato, emersi non a caso proprio in Lombardia, dove la logica della competizione e della concorrenza esasperata in Sanità ha evidentemente facilitato comportamenti come quelli registrati in questo caso drammatico (di LIVIA TURCO).

venerdì 13 giugno 2008


-  La clinica degli orrori
-  Le cinque piaghe di Santa Rita

di Livia Turco (l’Unità, 13.O5.2008)

-  Il governo deve intervenire subito avviando un’immediata ispezione dei Nas in tutte le cliniche private accreditate per la verifica del rispetto dei termini contrattuali dell’accreditamento

Quanto emerso dalle indagini sulla Clinica Santa Rita di Milano non può essere liquidato come l’ennesimo caso di malasanità. In esso si intrecciano infatti almeno cinque elementi diversi di mal funzionamento nel rapporto pubblico-privato, emersi non a caso proprio in Lombardia, dove la logica della competizione e della concorrenza esasperata in Sanità ha evidentemente facilitato comportamenti come quelli registrati in questo caso drammatico.

Il primo elemento di disfunzione è quello relativo al sistema di pagamento delle cliniche private accreditate. Esso, salvo alcune eccezioni, avviene secondo tariffe per prestazioni che, così come oggi formulate, incentivano indirettamente gli operatori privati ad effettuare prestazioni generalmente più onerose e quasi sempre più invasive per il paziente, anche quando non è necessario.

Mi spiego. L’asportazione totale della mammella per un cancro al seno ha una tariffa più alta di un intervento meno invasivo che si limita a togliere il tumore, salvaguardando la mammella della donna. Ma i costi della mastectomia, che sono effettivamente più alti di quelli di una quadrantectomia, non lo sono però in misura proporzionale all’aumento della tariffa. Ecco allora che, per un pugno di euro in più, si può arrivare all’orrore di quanto risulta essere stato fatto più di una volta in quella clinica.

Il secondo elemento da considerare è relativo al sistema di accreditamento delle strutture private. Esso ha dimostrato da tempo i suoi limiti tant’è che con la legge finanziaria del 2007 il Governo Prodi ha posto le basi per un completo riassetto del sistema che, salvo colpi di spugna dell’attuale maggioranza, andrà a regime entro il 2009. Esso si articola in tre mosse: dal 1 gennaio 2008 è prevista la decadenza di tutti gli accreditamenti concessi automaticamente in via transitoria dalle Regioni e non ancora in linea con i nuovi criteri di accreditamento stabiliti dalla legge Bindi del 1999, che prevedono standard qualitativi e meccanismi di verifica molto più approfonditi di quelli delle vecchie convenzioni. Poi, sempre dal primo gennaio 2008, sarà vietato qualsiasi nuovo accreditamento in assenza di uno specifico atto di programmazione sanitaria regionale che ne dimostri l’esigenza e la coerenza con il fabbisogno assistenziale locale.

Infine, entro il 31 dicembre 2009, tutte le Regioni dovranno aver concluso le verifiche presso tutte le strutture accreditate per l’accertamento del possesso dei requisiti. Dopo questa data, quindi, solo chi ha i requisiti documentati e verificati e risponde alle effettive esigenze di programmazione regionale resterà accreditato.

Cosa sta facendo l’attuale governo per garantire l’applicazione di questa legge? Ad oggi, tolte generiche dichiarazioni del ministro Sacconi sulla necessità di rivedere il sistema, non se ne sa nulla.

Il terzo elemento da valutare dopo lo scandalo della Santa Rita è sul piano dei controlli e delle verifiche. Evidentemente i controlli attuali, per stessa ammissione delle Regioni, sono troppo burocratici e poco incisivi sul piano della qualità medica e prestazionale delle cliniche private. Ad esempio, se fossero stati fatti controlli che avessero incrociato i dati della patologia con quelli della terapia adottata, sarebbe risultato evidente il numero anomalo di mastectomie della Santa Rita rispetto alla media regionale e si sarebbe potuti intervenire prima, chiedendo lumi e facendo verifiche ad hoc sul perché di quelle anomalie.

Anche su questo terreno il Governo Prodi aveva avviato il cambiamento approvando un disegno di legge, poi decaduto insieme alla legislatura, che istituiva un vero e proprio «sistema nazionale di valutazione della qualità delle prestazioni» che affiancasse i controlli di tipo economico. Solo così, intrecciando spesa e qualità delle cure, si possono tenere sotto controllo gli operatori privati e anche quelli pubblici. Cosa intende fare in proposito il ministro Sacconi? Anche su questo è urgente sapere il suo orientamento. La quarta questione da affrontare è quella relativa allo status del personale sanitario nelle cliniche private accreditate. Pochissimi contratti a tempo indeterminato e, al loro posto, rapporti professionali saltuari o a prestazione che alimentano di fatto la rincorsa all’intervento più costoso e quindi più remunerativo.

Non è accettabile. Perché dobbiamo capire una volta per tutte che le strutture accreditate agiscono per nome e per conto del Ssn. Sono pagate con i soldi della sanità pubblica e non possono che avere le stesse regole di qualità, sicurezza, modalità di remunerazione del personale e coerenza negli obiettivi da perseguire.

E qui veniamo all’ultimo insegnamento della vicenda di Milano. Una constatazione che troppe volte abbiamo in qualche modo taciuto in ossequio alle logiche del mercato, della competizione e della concorrenza. Il privato in sanità, salvo le realtà no profit, ha un indiscusso obiettivo da raggiungere: il profitto. È chiaro che esso può essere conseguito con trasparenza e correttezza e anche grande qualità, di cui, fortunatamente, abbiamo molti esempi nel nostro Paese. Ma resta il fatto che, se al raggiungimento del profitto non si coniugano altri traguardi morali tipici del privato sociale, il rischio di considerare l’attività sanitaria come una qualsiasi altra attività commerciale è molto alto. A prescindere dalla deriva delinquenziale. Se ho in mente prima di tutto il profitto é evidente che il mio scopo, pur restando nei limiti della legalità, sarà quello di ottenere il massimo dando il minimo. E quindi, contratti con il personale al ribasso, apparecchiature più scadenti, ricerca dei pazienti più convenienti e rifiuto di quelli che richiedono molta assistenza ma anche molti investimenti per poterli assistere (come spiegare altrimenti le pochissime terapie intensive private?).

Tutto ciò ci dice il caso di Milano. Ed è veramente assordante il silenzio del Governo di fronte a uno scenario così drammatico e denso di questioni da affrontare. È ovvio che va rispettato il lavoro dei magistrati (ci mancherebbe!), come ha dichiarato l’altro giorno a Ballarò il ministro Sacconi. Ma il Governo può e deve intervenire subito, al di là delle indagini e del caso specifico. Avviando un’immediata ispezione dei Nas in tutte le cliniche private accreditate per la verifica del rispetto dei termini strutturali e contrattuali dell’accreditamento. Concordando con le Regioni un’ulteriore azione di verifica sulla qualità e l’appropriatezza dei servizi resi dalle strutture accreditate. E infine prendendo in mano la questione delle tariffe per cambiare l’attuale sistema di rimborsi che, e se è accaduto alla Santa Rita potrebbe accadere anche altrove, rischia di incentivare l’inappropriatezza a danno dei pazienti e anche della spesa pubblica.


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