Il testo, approvato con 60 voti contro 39, è diverso da quello varato dalla Camera
Inizia ora il lavoro di armonizzazione, il via libera definitivo a fine gennaio o a febbraio
Usa, sì del Senato alla riforma sanitaria
un successo storico per Obama
dal nostro inviato ANGELO AQUARO *
WASHINGTON - La riforma sanitaria di Barack Obama ha tagliato il traguardo storico che non era riuscito a nessun presidente - neppure a Bill Clinton. Con un voto nel giorno della vigilia di Natale, alle 7.16 il Senato ha licenziato il suo "bill", il provvedimento (60 a 39 il voto finale) che adesso dovrà essere armonizzato con quello già approvato il mese scorso dalla Camera. Se ne parla dopo le feste, naturalmente, e con ogni probabilità la firma definitiva, che il presidente non vede l’ora di apporre, non potrà arrivare prima di fine gennaio o inizi di febbraio, vista la particolare difficoltà del dibattito: giusto in tempo perché la controversa legge diventi argomento di discussione della campagna elettorale di mid-term in cui i democratici si preparano a pagare il calo di consensi di Barack.
Ma per ora è tempo di festeggiare, in tutti i sensi. Il presidente ha rimandato le vacanze alle Hawaii proprio per presenziare da Washington all’ultimo, anzi penultimo, atto della battaglia su cui si sta giocando tutta la sua credibilità politica. Il voto ha seguito le aspettative della vigilia: i senatori avevano detto sì già tre volte nelle votazioni procedurali di questa settimana. I democratici si sono allineati dietro le direttive di Harry Reid, il capogruppo che ha dovuto mediare tra le diverse anime del partito e farsi garante di una serie di concessioni, politiche ed economiche. Il Wall Street Journal di Rupert Murdoch, che avversa la riforma, ha stilato il lungo elenco degli aiutini che sono serviti a catturare il voto di tutti i 58 senatori democratici e dei due indiependenti che votano con loro (il quorum di 60 voti era necessario per evitare il filibustering, la battaglia cavillare, dei repubblicani): nel Connecticut concessi 100 milioni al centro medico dell’Università, in Florida una clausolda da 5 miliardi di dollari "salva" i nonni che rischiavano di perdere l’assicurazione Medicare, 500 i milioni di aiuti al Massachussettes, 100 milioni al Vermont, esenzioni previste per il Michigan...
I democratici sostengono che il provvedimento riuscirà a coprire 31 milioni di americani per cui l’assicurazione sanitaria oggi non è prevista. La legge vieta anche alle compagnie di negare la copertura ai bambini e a chi ha particolari "precedenti" medici (una discrezionalità scandalosamente penalizzante per i cittadini). La chiave del provvimento risiede nella norma che prevede l’obbligatorietà dell’acquisto di una assicurazione sanitaria a tutti: previsti anche sussiddi per chi non se la può permettere e multe per le aziende con più di 50 dipendenti che non forniscono l’assicurazione.
Non c’è, invece, nel testo passato oggi al Senato, alcun riferimento alla cosidetta opzione pubblica, una sorta di assicurazione di stato: l’accenno è scomparso dopo che l’indipendente Joe Lieberman (l’uomo che quando militava nei democratici fu candidato alla vicepresidenza con Al Gore) aveva minacciato di non concedere il suo indispensabile sì. Come alla Camera, è passata invece la norma che limita ancora di più l’uso di fondi pubblici per l’aborto terapeutico: una concessione già digerita con amarezza dai democratici più liberal ma che è servita al Senato a strappare il voto, anche questo necessario, del sessantesimo senatore, Ben Nelson.
Obama ha già detto che il traguardo del Senato è "storico", la fine di una battaglia "secolare" che permetterà allo Stato di "salvare tante vite e tanti soldi", con un risparmio sul deficit calcolato da qui a dieci anni. La palla passa adesso alla conferenza Camera-Senato che dovrà stilare quel provvedimento da far approvare nell’ordine ai due rami del Parlamento. L’appuntamento è all’anno prossimo ma il lavoro degli sherpa - una triangolazione tra Camera, Senato e Casa Bianca - è già cominciato.
© la Repubblica, 24 dicembre 2009