Tra stupri e violenze, in India l’unica speranza è il coraggio delle donne
di Silvia Truzzi (Il Fatto, 05.01.2014)
IN INDIA il 2014 è iniziato con la morte di una ragazzina di 12 anni stuprata una prima volta da sei uomini a Madhyagram, vicino a Calcutta, il 26 ottobre. La violenza si è ripetuta il giorno successivo, dopo che la ragazza aveva denunciato i fatti alla polizia. L’Hindustan Times ha scritto che la sua famiglia aveva ricevuto minacce perché la denuncia venisse ritirata, tanto da essere costretta a cambiare casa.
Ma non è stato sufficiente: il 23 dicembre due uomini l’hanno trovata e le hanno dato fuoco. È morta il primo dell’anno, era incinta: le persone accusate di averla violentata e uccisa sono in carcere. Due giorni fa è stato reso pubblico un altro caso: a Kanpur una donna è stata violentata due volte in 12 giorni da un branco. Secondo i media, la polizia le avrebbe offerto 5 mila rupie per non denunciare le aggressioni. Ieri è toccato a una turista polacca, violentata da un tassista che le aveva offerto un passaggio a Nuova Delhi.
Ma sono solo gli ultimi episodi: omicidi, stupri, aggressioni con l’acido contro le donne in India sono oltre l’emergenza. Le cronache raccontano che non sono risparmiate nemmeno le bambine: il 31 dicembre 2012 una bimba di sette anni fu violentata da un uomo a Bangalore. A metà gennaio, un’altra piccola di sette anni fu stuprata nel bagno della sua scuola nello Stato di Goa. Ad aprile fu trovato in una discarica a New Delhi il cadavere di una bimba di cinque anni violentata e strangolata.
Il 16 dicembre 2012, sempre a New Delhi, una ragazza di 23 anni venne stuprata, picchiata e seviziata su un autobus da un branco: morì pochi giorni dopo. Il caso ebbe un’eco mondiale per l’ondata di proteste che attraversò tutto il Paese. Per quella morte a metà settembre sono stati condannati alla pena capitale quattro uomini.
A seguito della sentenza, in una nota, Amnesty International aveva giustamente commentato: “La pena capitale non basterà a stroncare l’e n d e m i co problema della violenza contro le donne in India”. I due recentissimi episodi nel Paese di Gandhi lo dimostrano.
La Corte suprema indiana ha diffuso un rapporto: nei primi dieci mesi del 2013, a New Delhi si sono registrati 1330 stupri, il doppio rispetto ai 706 casi dell’intero anno precedente. Forse il numero dipende dal fatto che maggiori sono le denunce: comunque è un dato di cui tenere conto. Ovviamente lo stupro non è un reato che si consuma solo in India, anche se molti attivisti e commentatori di quel paese denunciano che questa violenza è frutto di una bassa e primitiva considerazione della donna.
ORA IL GOVERNO sta correndo ai ripari: in aprile è entrata in vigore una legge che punisce le molteplici forme di violenza sulle donne e pochi giorni fa è stato varato un programma per rendere più sicuri i mezzi pubblici, su cui verranno installati telecamere e sistemi d’allarme per chiedere aiuto. Ed è un bene: la ricetta non può essere dire alle donne “non prendete l’autobus”, “non camminate per strada da sole”, “non uscite la sera”. Le precauzioni non cambiano i costumi sociali, la paura non è una tutela. Ma qualcosa può cambiare: basta guardare le manifestazioni, le imponenti mobilitazioni delle associazioni, la sempre maggiore attenzione della stampa. In quest’orrore che suscita indicibili sentimenti verso gli aggressori, il coraggio delle donne che a migliaia scendono nelle piazze e rompono il silenzio è il più grande segnale di speranza.