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"Gomorra" italica ...

CALABRIA. OMICIDIO FORTUGNO. Locri: "L’Asl infiltrata dalle cosche". I risultati dell’indagine voluta da Pisanu.

mercoledì 25 ottobre 2006 di Federico La Sala
[...] L’azienda sanitaria è quella dove aveva lavorato Fortugno anche in qualità di primario, prima di dedicarsi alla politica e diventare vicepresidente del consiglio regionale calabrese, e dove lavora ancora la moglie Maria Grazia Laganà (attualmente deputata della Margherita) e dove lavoravano, fino all’arresto nel marzo 2006, i presunti mandanti dell’omicidio legati al clan Cordì. Basta scorrere le quasi 200 pagine della relazione per rendersi conto di quanto fosse inquinato il contesto (...)

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> CALABRIA. OMICIDIO FORTUGNO. --- Quattro ergastoli: è la richiesta di condanna fatta dal procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, per presunti mandanti ed esecutori dell’omicidio di Francesco Fortugno.

martedì 9 dicembre 2008

Omicidio Fortugno, chiesti quattro ergastoli

"Delitto politico-mafioso in fase di cambiamento"

-  Locri, le richieste dei pm per l’assassinio del vice presidente del Consiglio regionale
-  avvenuto il 16 ottobre del 2005 nell’edificio in cui si tenevano le primarie dell’Unione

LOCRI (Reggio Calabria) - Quattro ergastoli: è la richiesta di condanna fatta dal procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, per presunti mandanti ed esecutori dell’omicidio di Francesco Fortugno. Il vice presidente del Consiglio regionale della Calabria fu ucciso il 16 ottobre 2005 a Locri, nell’edificio in cui si svolgevano le primarie per la scelta del candidato premier dell’Unione.

Pignatone, intervenuto davanti ai giudici della Corte d’assise di Locri proprio per formulare le richieste del suo ufficio, ha chiesto l’ergastolo per Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, ritenuti i mandanti del delitto; per Salvatore Ritorto, accusato di essere l’autore materiale dell’omicidio, e per Domenico Audino, al quale viene contestato anche un tentato omicidio compiuto a Locri.

Pignatone ha poi chiesto la condanna anche per gli altri quattro imputati nel processo che rispondono, a vario titolo, di associazione mafiosa, danneggiamento ed altro: 16 anni per Vincenzo Cordì, 12 per Carmelo Dessì, otto per Antonio Dessì, tre anni e sette mesi per Alessio Scali.

Il procuratore, inoltre, ha chiesto di procedere per il reato di falsa testimonianza nei confronti di alcuni dei testi che hanno deposto nel corso del processo soprattutto per quanto riguarda l’alibi presentato da Giuseppe Marcianò che ha sempre dichiarato di essersi trovato in un centro commerciale fuori da Locri. I testimoni in questione sono Giuseppe Ritorto, fratello di Salvatore; Patrizia Gallo, fidanzata di Salvatore Ritorto; Maria Teresa Reale, moglie di Giuseppe Marcianò; Francesca Gallo, cugina di Patrizia; Gianni Livigni e Ferdinando Lio, tutti accusati di aver sostenuto gli alibi degli imputati durante le fasi dibattimentale del processo.

"Quello di Fortugno è stato un delitto politico-mafioso aggravato dalle modalità e dal luogo scelto e dal fatto che in Calabria si stava realizzando una fase di cambiamento", ha detto Pignatone, prima di fare le richieste di condanna. Il procuratore ha preso la parola per pochi minuti al termine della requisitoria condotta, in cinque udienze, dai pm Mario Andrigo e Marco Colamonaci. E ha detto anche di "condividere appieno l’impostazione accusatoria avanzata dai pm della Dda di Reggio Calabria".

Al momento delle richieste era presente in aula anche la vedova Fortugno, la parlamentare del Pd Maria Grazia Laganà.

L’udienza è stata incentrata sulla cosca Cordì, egemone nella Locride e "una delle più potenti della fascia ionica reggina" secondo la direzione distrettuale di Reggio Calabria. La requisitoria di Andrigo ha evidenziato la "figura dominante" di Vincenzo Cordì, nonostante detenuto da tempo, all’interno della stessa cosca. Cordì, ha sottolineato il pm, "si è premurato di scrivere ai due collaboratori, Domenico Novella e Bruno Piccolo, per rassicurarli dopo il loro arresto e dare indicazioni sulle persone a cui rivolgersi in caso di bisogno, all’interno delle case circondariali dove erano detenuti".

Tutti gli arrestati, secondo il pm, sono affiliati alla cosca e nella loro disponibilità "avevano un cospicuo numero di armi come risulta dalle intercettazioni". Il pm ha ricordato anche che Novella e Piccolo erano stati arrestati per traffico di armi il 4 novembre 2005 nell’ambito dell’operazione lampo.

Dopo la sospensione, per il pranzo, è stata la volta dell’altro pm marco colamonaci, che ha concluso la sua requisitoria.

* la Repubblica, 9 dicembre 2008


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