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Cronaca

Prodi e la moglie spiati 128 volte, scattano perquisizioni

giovedì 26 ottobre 2006 di Emiliano Morrone
Milano, 26 ott. (Adnkronos/Ign) - Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, e sua moglie Flavia Franzoni sarebbero stati oggetto di circa 128 ’spiate’ relative alla loro posizione tributaria. Per questo sono in corso in tutte le regioni italiane 128 perquisizioni nei confronti di presunti autori degli accessi abusivi. I provvedimenti riguardano, in particolare, impiegati dell’Agenzia delle Entrate, due impiegati alle dogane, una persona in servizio presso il demanio e alcuni militari della (...)

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venerdì 27 ottobre 2006

Il Sismi spiava Prodi e la sinistra come il Sifar nel ’64 con Nenni e Moro *

C’è il reato. Grave, gravissimo che non ha alcun precedente in Europa negli ultimi vent’anni. E non ce l’ha neanche in Italia. Perché i controlli su Craxi rimasero sempre “voci” mai accertate, e il Laziogate di Storace fu fermato dopo i primi tentativi di accedere ad informazioni riservate. Qui, invece, c’è molto, molto di più. Tanti, tantissimi “spioni” sono andati a spulciare dentro i file delle tasse di Romano Prodi. E di sua moglie, Flavia. L’hanno fatto per centoventotto volte. Entrando nel data base dell’anagrafe tributaria. Entrare è il verbo giusto: nessuno, insomma, ha mai violato il sistema. Gli “spioni” sono tutti andati a spulciare fra le tasse di Prodi utilizzando la propria password. Avevano accesso insomma a quei dati, che la legge invece blinda. Se proprio occorre un precedente, occorre andare indietro di quarant’anni e passa, all’epoca del Sifar, i vecchi servizi segreti, che spiavano per ricattare intera classe dirigente. Era l’epoca in cui nasceva il primo centrosinistra, e Nenni sentiva Il “tintinnare di sciabole”, e i carabinieri tramavano e spiavano, e alla fine il centrosinistra rinunciò alle riforme.

Ma lì si era nel ’64. I fatti venuti alla luce ieri, invece, sono avvenuti qualche tempo fa, meglio: fino a qualche tempo fa, quando Romano Prodi era ancora il leader dell’opposizione e al governo c’erano Berlusconi e le destre. Da qui in poi, però, si entra nel campo delle ipotesi, quelle su cui sta lavorando la magistratura (che ieri sera, a tarda ora, stava ancora facendo perquisire qualcosa come 200 fra uffici e abitazioni). Ipotesi, allora, anche se certo le coincidenze sono davvero impressionanti. Queste: gli ingressi nel data base riservato, anche se andavano avanti da due anni, si concentrano in alcune date. Abbastanza recenti: il 21 novembre del 2005, tre giorni dopo, poi il 22 gennaio di quest’anno e il 30 marzo. Appena una decina di giorni prima del voto. Giornate che a tutti diranno poco o nulla. Sono invece esattamente le giornate che segnano le tappe della campagna lanciata dalla destra - attraverso i suoi giornali - nel tentativo di screditare Romano Prodi. In quei giorni esatti, insomma, prima Il Giornale, poi Il Tempo e Libero (alla fine, comunque, seguiti da tanta stampa, anche quella indipendente) se ne uscirono con presunte rivelazioni sulle donazioni effettuate dal leader dell’opposizione a favore dei suoi figli. Utilizzando una legge votata dalla maggioranza di destra. Di più: esattamente in un giorno dove i magistrati hanno accertato si verificò un “picco” di ingressi illegali, in tv Berlusconi accusò Prodi di aver partecipazioni in società collegate alla Lega delle Coop e all’Unipol. Affermazioni seccamente smentite, sulle quali Prodi annunciò querele. Insomma, sembra proprio che gli “spioni” entrassero in azione immediatamente prima o dopo gli scoop inventati dalla destra. A caccia di che? Questo l’accerterà l’inchiesta.

Esattamente come le indagini delle Procura di Milano dovranno accertare che cosa quest’esercito di “spioni” andasse a cercare nei documenti fiscali di altre mille persone. Cifre ufficiali non se ne fanno ma sembra che le persone controllate siano molte, molte centinaia di persone. E fra di loro anche alte cariche istituzionali, attuali e passate. Più personaggi del mondo dello spettacolo, dello sport, della cultura.

Ma come è venuto fuori questo scandalo? Ufficialmente si sa che Romano Prodi ha sporto una denuncia al ministero dell’economia nei mesi scorsi. Al dicastero è bastato fare un piccolo controllo e accertare le violazioni. Così, tutto l’incartamento è finito alla Procura. Anche in questo caso, ci sono comunque voci più dettagliate: secondo le quali l’attuale premier si sarebbe insospettito perché avrebbe sentito citare dai suoi avversari politici dati e fatti di cui nessuno poteva avere conoscenza.

Comunque sia, l’indagine è partita. E ieri sono scattate le perquisizioni. Nei confronti di alcuni dipendenti dell’Agenzia delle Entrate, di dirigenti dell’ufficio Dogane, del Demanio. E di molti militari della Guardia di Finanza. Particolare curioso: le perquisizioni, come detto, in queste ore sono condotte da uno speciale corpo della Guardia di Finanza di Roma.

Ma l’aspetto giudiziario è davvero quello meno rilevante nella giornata di ieri. Perché lo spionaggio contro il leader dell’opposizioni suscita domande e interrogativi inquietanti. Che hanno bisogno di una risposta immediata. E’ la richiesta, netta, precisa, che fa Fausto Bertinotti: “Ci siamo impegnati per altre violazioni della privacy e dei diritti della persona, e sarebbe curioso che non ci si indignasse per queste operazioni che hanno un risvolto così politico, così mirato". E allora, aggiunge: “E’ evidente che c’è un problema di bonifica, perchè stiamo parlando non di semplici cittadini”. Si tratta, insomma, di “capire quanto gli apparati dello Stato possano essere coinvolti in pratiche indifendibili e preoccupanti”.

Su queste due definizioni - “indifendibili e preoccupanti” - si ritrovano le dichiarazioni di molti leader. Di maggioranza ma anche d’opposizione. Da Giordano (“Dovremmo intervenire con grande determinazione per colpire i responsabili") a Fassino (“Non si può ricondurre tutto all’attività infedele di qualche funzionario, è bene allora che Berlusconi e Tremonti, da cui dipendevano i funzionari dell’Agenzia delle Entrate, rendano conto al Parlamento“), a tutti gli altri. Ma solidarietà, e parole preoccupate sono arrivate anche da leader dell’opposizione. A cominciare da Casini, che anzi ha rimproverato i suoi alleati di essere troppo tiepidi nella solidarietà a Prodi: “Qui il giudizio sul governo non c’entra, è un fatto in inaudito”. Da tutto ciò, si distacca però il leader dello schieramento di centro destra, Berlusconi. Lui parla di “polverone sollevato da un governo ormai allo sfascio” (e che secondo i suoi dati sarebbe sotto di dieci punti). Ancora più preoccupanti le parole di Tremonti: “Ma quale complotto? Chi organizza complotti non si rivolge ad un esercito di quasi trecento persone. Questo è un caso di mala aministrazione che va sanzionato ma niente di più”. E ancora: Tremonti parla di “guardonismo”, di curiosità di qualche funzionario. Niente di politico.

Stefano Bocconetti (venerdì 27 ottobre)

* www.liberazione.it, 27.10.2006


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