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"TFR", FONDI PENSIONI, VECCHIE LIQUIDAZIONI. Che fare? Sei mesi per decidere ...

venerdì 27 ottobre 2006 di Federico La Sala
Dopo l’accordo tra governo e parti sociali, 6 mesi per scegliere
dall’inizio del 2007. Un vademecum per capire cosa conviene fare
Fondi pensione o vecchie liquidazioni:
che fine farà il Tfr degli italiani
Obiettivo: recuperare almeno una parte del pesante gap futuro
tra attuale stipendio e pensione. I diversi rendimenti a confronto
di ROSARIA AMATO *
ROMA - Tfr o fondi pensione? L’idea di "trasformare" in una rendita vitalizia la liquidazione (trattamento di fine rapporto), che per (...)

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giovedì 28 giugno 2007


-  Quanto vale la pensione di scorta
-  Il 30 si chiude, il rischio di non scegliere

Con mille euro ai fondi, fra vent’anni 2.739 euro l’anno di rendita. Quanto può fruttare la previdenza complementare e di quanto si riduce la retribuzione nel passaggio tra vita lavorativa e pensione. Le stime di Mefop sulla base delle linee guida della Covip. Rischio silenzio-assenso per quasi un milione di italiani. TABELLE PENSIONE COMPLEMENTARE: quanto vale per i 25enni, 30enni, 35enni, 40enni, 45enni e 50enni. CALCOLA: la tua pensione obbligatoria. INTERATTIVO: scopri che fine fa il Tfr. LE COSE DA SAPERE: 3 passi per una scelta

di FEDERICO PACE *

Tfr o previdenza complementare? Molti dipendenti hanno già scelto. Ma tanti sono quelli che rinviano ancora. Tanto che sulle scrivanie dei responsabili del personale mancano all’appello diversi moduli. Secondo un’indagine realizzata dall’Associazione direttori risorse umane- Gruppo direttori del personale (Gidp/Hrda) fino a pochi giorni fa solo il 30 per cento aveva già consegnato il documento con la propria decisione. A rischio silenzio-assenso, secondo le proiezioni di Gfk Eurisko-Assogestioni, sono quasi un milione di persone. Dipendenti che non prenderanno alcuna decisione né ora né il 30 giugno. Per loro, forse inconsapevoli, sarà la regola del silenzio-assenso a decidere.

Se non si sceglie. Ma cosa succede nel caso in cui si rinuncia a compilare il modulo e consegnarlo al datore di lavoro? Se non si esprimerà alcuna decisione entro il 30 giugno (e entro sei mesi dalla assunzione per chi è entrato in azienda dopo il 1 gennaio) ci si ritroverà di fatto a destinare le quote del proprio Tfr ai fondi pensione. Quali? Dipende da alcune condizioni.

Nel caso in cui non esistono fondi con adesione collettiva per l’azienda e settore in cui si lavora, e il dipendente non aderisce già a un fondo, il Tfr verrà trasferito al Fondinps (vedi qui). Se il dipendente già aderisce a un fondo pensione, e esistono più fondi, il datore di lavoro conferirà il residuo Tfr maturando alla forma complementare collettiva alla quale già si aderisce. Con più fondi, se invece non si versano già contributi alla previdenza complementare, il Tfr viene trasferito integralmente alla forma pensionistica collettiva con il maggior numero di adesioni di lavoratori dell’azienda (vedi qui l’interattivo "cosa succede al Tfr")

La pensione obbligatoria. Ma come fare per scegliere? E’ bene farsi per prima cosa un’idea di quanto ci si può aspettare dalla previdenza obbligatoria. Se si prende l’esempio di un uomo di 45 anni che dal gennaio del 1986 lavora presso un’azienda privata con un reddito annuale netto di 25 mila euro, la sua pensione netta di anzianità sarà pari a 33.851 euro annui. Ovvero l’83,4 per cento dell’ultimo reddito netto annuo (40.594 euro). Il neopensionato dovrà affrontare quindi una riduzione del reddito netto pari al 16,6 per cento.

Proprio a questo rapporto (tra stipendio netto e pensione netta), più che a quello tra stipendio lordo e pensione lorda, si dovrà guardare per capire di quanto si riduce il gruzzolo che ci si ritroverà in tasca per le spese e, quando possibile, per i risparmi, quando si finirà di lavorare (calcola qui il tuo rapporto reddito netto /pensione netta).

Molto peggio andrà a un 30enne che si ritrova con un contratto di collaborazione da cinque anni e prende 800 euro netti al mese. Per lui a fine carriera, a partire da luglio 2041, si stima una pensione netta di anzianità pari a 16 mila euro annui che rappresentano il 48,2 per cento dell’ultimo reddito netto di lavoro.

Le rendite della previdenza complementare. Ma quanto potrà ricevere dal secondo pilastro l’impiegato di 45 anni? Con un versamento di 1.000 euro l’anno ricaverebbe (a partire dai 63 anni) - da un fondo pensione - una rendita annua nominale (ovvero al lordo del costo della vita) pari a 1.215 euro nel caso di una linea di investimento cauta (100 per cento obbligazioni) e di 1.595 euro con una linea di investimento più “aggressiva” ed esposta al rischio finanziario (100 per cento titoli azionari). A 65 anni, la rendita oscilla tra 1.542 euro e 2.078 euro (vedi tabella).

Con una linea di investimento intermedia la rendita sarà pari a 1.788 euro, ovvero il 4 per cento del suo ultimo reddito netto. Per “recuperare” completamente il 16 per cento, dovrà quindi contribuire con circa 4 mila euro annui. Le stime sono quelle realizzate da Mefop, la società per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione partecipata dal ministero dell’Economia, basate sulle bozze del provvedimento dove la Covip fisserà le linee guida per la definizione dei modelli di sviluppo della previdenza complementare (vedi qui le ipotesi e i 3 passi per una scelta).

Per i dipendenti più giovani le rendite raggiungeranno valori più elevati, ma più basso sarà il rapporto tra la pensione netta e l’ultimo reddito netto e maggiore l’esigenza di recuperare reddito. Per un dipendente di 25 anni, ad esempio, la rendita attesa annuale, nel caso di una linea di investimento misto, sarà pari a 7.635 euro (vedi tabella per i 25enni). Per un dipendente di 30 anni si arriva a 5.532 euro (vedi tabella per 30enni) e per un dipendente di 35 anni si scende a 3.889 euro (vedi tabella per i 35enni).

Un dipendente di 40 anni può attendersi, con un contributo di mille euro annui, una rendita annua pari a 2.739 euro ( vedi tabella) mentre si tratta solo di 1.128 euro per un dipendente di 50 anni che iniziasse oggi a contribuire a una forma di previdenza complementare (vedi tabella).

I più esposti di tutti, al rischio di un ulteriore impoverimento al momento della pensione, sono quindi i collaboratori. Quelli che, in considerazione dei percorsi frammentati, dei passaggi sempre più frequenti con contratti atipici e con paghe da fame, avranno più bisogno di un’integrazione alla pensione ma che non avranno i soldi per potersi permettere di “integrare” la pensione.

Prendere una decisione pare sempre un’impresa difficile. Per il fatto che sembra sempre di non avere sufficienti informazioni. Per la convinzione di non sapere mai tutto quello che serve. Così, è facile che si rinvii. In attesa di un tempo più propizio. Posporre è in fondo l’arte dell’uomo. Lo scrittore cubano Guillermo Cabrera Infante scriveva: “Todos es posponer”; e aggiungeva: “La vita propone, Dio dispone e l’uomo pospone”. Forse però, almeno in questo caso, sarà meglio evitare di rinviare ancora. Meglio informarsi e scegliere.

* la Repubblica, 28 giugno 2007


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