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"TFR", FONDI PENSIONI, VECCHIE LIQUIDAZIONI. Che fare? Sei mesi per decidere ...

venerdì 27 ottobre 2006 di Federico La Sala
Dopo l’accordo tra governo e parti sociali, 6 mesi per scegliere
dall’inizio del 2007. Un vademecum per capire cosa conviene fare
Fondi pensione o vecchie liquidazioni:
che fine farà il Tfr degli italiani
Obiettivo: recuperare almeno una parte del pesante gap futuro
tra attuale stipendio e pensione. I diversi rendimenti a confronto
di ROSARIA AMATO *
ROMA - Tfr o fondi pensione? L’idea di "trasformare" in una rendita vitalizia la liquidazione (trattamento di fine rapporto), che per (...)

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venerdì 8 dicembre 2006

Quando gli operai dicono: «Ora ci dovete ascoltare»*

Ritornano le assemblee operaie. E’ già questa è una notizia. Era da tempo che non avevamo notizia di assemblee nei luoghi di lavoro, di discussioni vere, di confronti con i dirigenti sindacali, fossero essi nazionali o locali. Magari leggevamo di referendum ai quali partecipavano masse non esigue di lavoratori e di impiegati, ma chiamati solo per esporre un "si" oppure un rifiuto, senza la possibilità di cambiare, correggere. Magari le assemblee si sono sempre tenute, anche in questi recenti tempi spesso un po’ burocratici, mettendo in pratica quel diritto così faticosamente conquistato oltre 35 anni or sono. Non c’è stata però nessuna eco, come fossero assemblee clandestine, tenute da carbonari. Qualche giornale oggi parlerà, tanto per farci tornare al passato, di incontri tumultuosi, di contestazioni agguerrite. I testimoni oculari, compresi seri giornalisti, come il nostro cronista dell’Unità, assicurano di un confronto vivace ma non certo di assalti all’arma bianca, come spesso si vedono nei talk-show televisivi. E molto diversi anche da altre occasioni, allorchè i Trentin, i Carniti, i Benvenuto dovevano schivare lanci di bulloni. Così era stato in quella tremenda mattina dell’autunno del 1980, proprio a Mirafiori, quando in discussione c’era un accordo che superava i licenziamenti ma dava il via ad una massiccia cassa integrazione. Proprio in quella fabbrica sono ritornati ieri Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti. Non a discutere delle sorti dell’azienda che sembra aver intrapreso la strada della resurrezione, bensì le sorti del Paese.

Ed è su questo ultimo aspetto, condensato nella Legge Finanziaria, che si è espresso il dissenso operaio. Con critiche argomentate rivolte a diversi aspetti del provvedimento, ma soprattutto cariche di un timore rivolto al futuro. Perché siamo alla vigilia di importanti negoziati su temi che incidono sulla vita di chi passa tre quarti della propria esistenza lavorando. Sono i temi del sistema previdenziale, se si intende affrontare l’improvvido "scalone" voluto dal centrodestra. E sono i temi di una nuova legislazione del lavoro, in grado di dare una risposta al fenomeno dilagante di una flessibilità che si trasforma in precarietà. Mentre, nello stesso tempo, si ipotizza un "patto sulla produttività", in grado di aiutare la crescita economica del Paese. Sono argomenti sui quali si è intrattenuto, in diverse fasi, il "faccia a faccia" di ieri. Quei pesanti malumori scaturiti dalle assemblee non potranno non incidere sui futuri tavoli del negoziato. E’ una discussione che dovrà proseguire: l’auspicio è che possa sboccare in una piattaforma unitaria. I leader sindacali del passato, da Giuseppe Di Vittorio a Luciano Lama (per rimanere in casa Cgil), hanno insegnato che non sempre gli operai hanno ragione. Ma che però bisogna saperli ascoltare, sempre. E’ uno "scambio" che fa bene a tutti. Un tempo si chiamava "democrazia sindacale" e sovente è stato accantonato proprio perché le assemblee si trasformavano in tumultuosi, inconcludenti ring. Anche nel mondo del lavoro, insomma, attecchiscono i corporativismi, soprattutto quando si perde di vista la prospettiva generale, la fiducia in un cambiamento complessivo, in una proposta condivisa. Quando prevalgono certe campagne fuorvianti e magari si accorre ad una manifestazione berlusconiana, per applaudire la demagogia populista. Una delle accuse emerse ieri lamentava come fosse meglio lasciare il Tfr nelle imprese che consegnarlo all’Inps. E’ una sollecitazione fomentata soprattutto dalla Confindustria. La quale dimentica quante volte il Tfr di proprietà dei lavoratori, sia stato disperso in crack aziendali, in fallimenti che hanno reso poi difficile il reperimento dei risparmi accantonati con tanto sudore.

* www.unita.it, Pubblicato il: 08.12.06. Modificato il: 08.12.06 alle ore 12.59


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