Miss Liberty, la statua riciclata
Marco Carminati (Il Sole 24 Ore, 10 aprile 2011)
Le guide dicono tutte più o meno la stessa cosa: che la statua della Libertà piazzata sull’isolotto davanti a Manhattan venne modellata a Parigi dallo scultore alsaziano Frédéric-Auguste Bartholdi, smontata, caricata su una nave e portata a New York nel 1885 come dono della Francia alla nazione americana. Quel che non dicono, invece, sono i gustosi retroscena che portarono questo colosso di ferro e di rame, alto 46 metri (96 con il piedestallo) e pesante 225 tonnellate, ad approdare a New York come fosse la sua ultima spiaggia. Il brillante saggio di Francesca Lidia Viano, dedicato alla «statua più famosa nel mondo», rappresenta da questo punto di vista un’autentica miniera di sorprendenti informazioni.
La prima e più clamorosa notizia è che la statua non fu affatto pensata per il porto di New York. Frédéric Bartholdi, il suo giovane e intraprendente esecutore, l’aveva ideata già nel 1867 come faro all’imbocco del nuovo canale di Suez. Il faro avrebbe dovuto avere dimensioni colossali, essere a forma di donna, con vesti drappeggiate, una fiaccola in mano e una corona luminosa in testa. Titolo del colosso: «L’Egitto che illumina l’Asia». L’idea c’era, ciò che mancava erano i fondi. Bartholdi tentò da solo di raccimolarli ma andò incontro a un vistoso insuccesso.
Però non si arrese. Appena venne a sapere che c’era in vista il progetto di tagliare anche l’istmo di Panama, pensò brillantemente di riciclare la statua di Suez trasformandola nel faro del futuro canale di Panama. Sulla scia di quest’importante opera pubblica, alcuni ambienti politici e finanziari francesi, molto interessati a fare investimenti in America, presero in seria considerazione il progetto di Bartholdi. Lo scultore non perse un solo minuto: costituì un comitato franco-americano di raccolta fondi riuscendo a coinvolgere nella sottoscrizione politici, banchieri, finanzieri, industriali e massoni francesi e americani.
La statua prese lentamente forma tra il 1871 e il 1884. Fu una gestazione in realtà lunghissima, provocata non tanto da difficoltà tecniche quanto, ancora una volta, dalle incertezze legate alla destinazione finale. Sì, perché a un certo punto l’ipotizzato collocamento a Panama sfumò. Allora, si affacciò l’ipotesi che la statua potesse approdare a Philadelphia; poi, si prospettò la candidatura di Washington, ma anche questa venne revocata. Quando finalmente fu chiaro che la statua sarebbe stata destinata al porto di New York, il colosso (ribattezzato «La Libertà che illumina di mondo») venne smontato nello studio di Parigi, stipato in 214 casse e portato in America a bordo della fregata «Isére».
Il 25 ottobre 1886 tutto fu pronto per l’inaugurazione: una pioggia torrenziale, però, rovinò la festa. I discorsi ufficiali vennero drasticamente accorciati, l’acqua impedì lo sparo dei fuochi d’artificio e molti di quelli che avevano preso in affitto una barca per vedere la cerimonia da vicino furono costretti a rimanere a terra. Di fronte a questo maleaugurante diluvio, non ci meraviglia che i primi giudizi sulla statua fossero tutti negativi: ad esempio, molti nel pubblico notarono, con disappunto, che Miss Liberty indossava un vestito per nulla adatto ai rigori del clima di New York.
la statua della libertà Francesca Lidia Viano Editori Laterza, Bari pagg. 464|€ 28,00